Un’altra tappa di questa interessante transumanza storico-culturale è la sosta a Scigliano. Una sorta di migrazione che mi porta a spostarmi in continuazione da un borgo all’altro, se pure attraverso i libri per le consuete ricerche, per raggiungere, proprio come una volta facevano i pastori, con le proprie mandrie durante il periodo primaverile-estivo, i pascoli montuosi dell’altopiano silano allo scopo di conoscerne la storia, la geografia, l’ambiente, comprenderne le tradizioni e le persone. Tutto ciò si direbbe oggi virtualmente, ma spero di poterlo fare anche fisicamente per godere delle bellezze che questa parte della Sila, identificato come territorio del Reventino-Savuto, riesce a dare a coloro che hanno la fortuna di visitarlo.
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È complicato sostenere con convinzione quale sia la genesi di Scigliano. Vi sono alcuni che la riconducono al periodo delle scorrerie musulmane, verosimilmente edificata dai Bruzi che per la loro difesa privilegiavano le montagne come luoghi più sicuri dove far vivere le popolazioni. Ciò potrebbe essere l’inizio della nascita dei numerosi villaggi correntemente chiamati Pretorie, come vedremo in seguito cosi citate anche dal Fiore, e successivamente col nome di Casali, per sottrarsi agli aggressori, mentre altre linee di pensiero storico ne farebbero risalire la sua nascita ai romani. Visto allora che non sono del luogo, come sempre avvierò lo studio cercando che qualcuno mi faccia da cicerone. In questo caso interessante, per iniziare, ho trovato l’articolo a firma dell’archeologo Samuele Anastasio, postato dal blog il Reventino, sul quale in attinenza così viene riportato: “Scigliano è un comune di circa 1500 abitanti in provincia di Cosenza. Un tempo era considerato uno dei più importanti comuni del Regno di Napoli. Il suo nome deriverebbe dal latino Silius con l’aggiunta del suffisso anus (che indica l’assidua presenza in loco di accampamenti romani). Secondo la tradizione il piccolo centro calabrese, fu fondato sul sito dell’antica città di Sturni e crebbe intorno ad un castrum fortificato, commissionato nell’anno 566 dal romano Marco Giulio Sillano e menzionato dallo storico Tito Livio nel “De Bello Macedonico”. Scigliano si trovava anche nelle vicinanze di un porto fluviale situato nei pressi del fiume Savuto che, nella Tabula Peutingeriana (carta che mostrava le vie militari dell’impero romano), veniva chiamato statio di ad fluvium Sabatum”1. Ed è sempre dalla medesima fonte che si possono estrapolare altre informazioni, in particolare quelle riguardanti l’area su cui poggiava il castrum fortificato e sulla stessa fortezza. Notizie che offrono un panorama abbastanza completo per dare corso ad alcuni approfondimenti alla ricerca. Ad esempio viene riportato che “nel 1198 Costanza d’Altavilla, imperatrice e madre di Federico II, fece redigere un importante documento, nel quale ordinava la ricostruzione dei castelli di Nicastro e Scigliano distrutti durante la guerra tra i Normanni e gli Svevi. I ruderi del castello oggi sono appena visibili e i pochi rimasti sono stati completamente avvolti e inglobati dalla fitta vegetazione. Tra le rovine sono stati individuati alcuni resti scheletrici e antiche monete. Il castello, probabilmente, sorgeva sulla collina che sovrasta l’attuale frazione di Diano, dominando la valle del fiume Savuto e il suo sbocco sul mar Tirreno. La fortificazione fu costruita per difendere l’antica Scigliano dagli attacchi dei vicini Bruzi e dalle scorrerie dei Cartaginesi.
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Purtroppo, -scrive ancora Anastasio- la documentazione relativa al castrum sciglianese è scarsa o, più precisamente, assente. Nell’area dove un tempo sorgeva il castello, non sono mai state fatte indagini archeologiche approfondite, per cui oggi bisogna affidarsi alle leggende e alla tradizione orale. I dubbi e gli interrogativi, se si trattasse di un vero e proprio castello o di una sola torre difensiva, rimangono. Alcuni abitanti del posto sono convinti di aver visto un’ampia camera di pietra, con un arco e delle scale oggi completamente scomparse. Scigliano fu città universitaria da intendere come comunità, come ente collettivo di studio, possedeva numerosi terreni che si estendevano fino all’abbazia di Corazzo, è conosciuta come la città delle quaranta chiese. […]”2.
A conferma di quanto scritto dall’Anastasio, manifestando le medesime perplessità circa la carenza di una adeguata documentazione di supporto, ecco quanto riferisce Vincenzo Condino nel suo libro sui Castelli della
Provincia di Cosenza: “Il castello di Scigliano – La cittadina di Scigliano, adagiata nell’incantevole scenario dei monti presilani, nel medioevo avrà vissuto le lotte di classe e le furenti battaglie per il dominio del suo territorio. Ciò è avallato dalla presenza del suo castello che, sebbene diroccato e quasi privo di ogni originaria fisionomia architettonica, ci ricorda con le sue vestigia la gloria di un tempo. Di questo maniero, purtroppo, non si conosce nulla. Attraverso pochissimi e incerti documenti storici, pare sia stato costruito intorno al secolo
- Ma chi fu il suo primo castellano? Quali le sue vicende storiche? A tante domande risulta impossibile dare una risposta. Certamente avrà vissuto le lotte fra i dominatori della nostra regione: Bizantini – Normanni – Svevi e fra i feudatari locali del tempo. L’area sulla quale si ergeva, ora è stata soffocata da altri interessi, da necessità che non possono combaciare con quelle del passato”3.
Fatta questa breve premessa che ci riporta veramente indietro nel tempo, procederò nel fare un excursus attraverso le varie pubblicazioni per avere un più vasto panorama di informazioni sulle quali articolare una personale ricostruzione storica di Scigliano. Tra le prime notizie scritte riportanti il nome di Scigliano vi sono quelle di Fra. G. Marafioti, Teologo dell’Ordine de’ Minori Osservanti, risalenti al 1601 dove in un suo breve passaggio sulla descrizione del territorio Turino e altri luoghi compresi alcuni Casali di Cosenza così annotava: “[…] doppo Mendicino occorre una habitazione detta di Donnici, e Tessano, e Dipignano, e Paterno, e Maleto, dove fiorì Carlo giardino huomo nella latina, e greca lingua molto dotto, e delle medesime lingue hà tenuto in Roma pubbliche Scuole; doppo incontra Cresipito, Altilia, Scigliano, Carpanzano, e Rogliano, […]”4.
Bisogna aspettare circa un secolo per avere altre notizie relative a Scigliano. Queste ci provengono dagli scritti, di P. G. Fiore da Cropani, il quale propone una sorta di riepilogo temporale sui vari passaggi che la Citta di Scigliano ebbe a partire dal 1300 sino al secondo decennio dei del 1600, compresa la vicenda che portò alla vendita della Città Regia di Scigliano a Cesare d’Aquino, principe di Castiglione, sulla quale ritorna anche il letterato di Pedivigliano, Flaminio Cimino nel suo poema in vernacolo “Lu riscattu de Sciglianu” del 1636. Ma, ecco in attinenza quando riporta il Fiore: “Fra tutte queste Pretorie, la più celebre è quella di Scigliano, il quale senza ritrovarsi di nome, abbraccia in un solo corpo Diano, Carvisi, Lupia, Serra, Petrisi, Cupani, Villanova, Pedivigliano, Panettiere, e Castagna, e pretende non pur di Bagliva, ò di Terra, ma di Città le prerogative: ora aggregata, ora disgionta dalla sua Metropoli. Ritrovo averne avuto il dominio. D. Goffredo Ferrau, l’anno mille trecento venti n’ottiene l’investitura dal Rè Roberto come Feudo Ereditario della Famiglia. D. Francesco Scaglione Maresciallo sotto il Rè Luigi II à cui succede Simone, nel mille quattrocento quarant’uno. D. Andrea di Gennaro, per concedimento del Rè Federigo, l’anno mille quattrocento novantanove; che poi l’anno mille cinquecento, e diciannove, dal Conte di Marturano lo compra la Città, per reintegrarlo al numero delle sue Pretorie, come seguì; ma poi l’anno 1631 il Vice Rè di Napoli Duca di Alcalà, smembrandolo, lo vendé à Cesare di Aquino, Principe di Castiglione, e ne prendé il possesso li 19 Maggio dell’anno medesimo. Ma corsi alla Corte di Madrid, Gregorio Strangi, e Gio Gregorio Bruni, Gentil’Uomini della medesima Patria, ne ottennero la libertà sotto li 19 Aprile del mille seicento trentadue, sottraendola, non pur dal vassallaggio degli Aquini; mà dalla soggezione della medesima Città di Cosenza”5.
È proprio intorno alla metà del XVII secolo che l’orrendo terremoto del 1638, si abbatté sull’intera Calabria, distruggendo la città di Scigliano. Questo evento vorrei che non si dimenticasse. Le tristi condizioni in cui la gente venne a trovarsi spinsero a lasciare il proprio luogo di origine per raggiungere altri luoghi più sicuri. Un evento sul quale mi sono molto ripetuto, ma le mie origini mandatoriccesi mi portano ormai da sempre a vivere questa storia come una storia di comunione e di fratellanza. Non a caso molti abitanti di Scigliano in quel momento si spostarono a Savelli e Mandatoriccio, peraltro abbastanza lontani, dove ancora oggi si registra una grande somiglianza nella lingua dialettale e anche in numerose tradizioni.
A seguire il Fiore nelle informazioni su Scigliano fu l’Abbate Pacichelli agli inizi del 1700 parlando di una Scigliano poggiata sopra alcune deliziose Colline e costituita dall’insieme sette Regioni, o come meglio altri hanno definito Quartieri. A riguardo scrive Pacichelli “Benché non si trovasse memoria della sua origine né presso gli Antichi, né presso i Moderni Scrittori, è però da credere, ch’ella non sia più antica del ’900 fondata forse da quei Brezzii, che scampati dalle scorrerie de’ Saracini, ch’avean distrutta l’antica Brezzia, si diedero à popolare, come vuole Giacomo Greco, Berardino Martirano, ed atri rapportati da Gregorio di Laude, un gran numero di Villaggi ne’ luoghi più ritirati alle Montagne, ch’Ughelli chiamò Nobili, e Ricchi: Grandi e Popolati Tomaso Coste, i quali poi ridotti in venti, o ventidue Pretorie, come vogliono alcuni, chiamate à dì nostri i Casali di Cosenza, la più celebre trà quelle, come ascrive il P. Fiore fosse stata Scigliano.[…] – Allo stato attuale scriveva ancora il Pacichelli, – Scigliano vive dunque oggi sotto il real demanio col suo proprio Governatore , che indipendente da altri in ciascun anno per lo più di nazione Spagnuolo vi si manda da Vicerè del Regno per l’amministrazione della giustizia, abbracciando dal Fiume Savuto, che la bagna da Occidente, e da Tramontana sino alle falde della gran Selva Brezziana, detta la Sila, che le sovrasta da Oriente, un Popolo d’intorno à dieci mila anime, compresovi il maggior numero di quelle, ch’abitano la Città. Ebbe ne’ tempi andati nella sommità d’un colle, che la domina dalla parte di Tramontana un forte, e ben munito Castello, di cui non appaion oggi se non le rovine, né s’hà memoria del tempo in cui fu fabbricato”6.
Dalle informazioni del Fiore e del Pacichelli affiora come Scigliano fu da sempre un Terra molto ambita. Non vi è dubbio che la serenità del luogo e la copiosità delle su terre in quei secoli per molti fu un richiamo allo scopo di ottenerne la proprietà tanto che Scigliano nel tempo fu spesso disgregata nei suoi originari Casali, che in seguito ad ulteriori provvedimenti furono nuovamente riuniti al territorio di origine. Tutto ciò fa percepire una Scigliano posseduta ora da un feudatario ora da un altro senza nessuna linea di continuità. La cosa che non stupisce, inoltre, è che tali provvedimenti di affidamento venivano fatti ovviamente dal Re di turno per concessione a chi aveva compiuto maggiori favori secondo un rapporto di sudditanza alla Corona. La convinzione è sostenuta da quanto fu compiuto e cioè che sotto i Durazzeschi nel 1320 questa venne affidata da Re Roberto a Goffredo Firrao, successivamente con l’arrivo degli Angioini, Luigi II la concesse al suo Maresciallo, Francesco Scaglione, con gli Aragonesi di Re Federico finì nei possedimenti del suo Capitano, Andrea di Gennaro, al quale qualche tempo prima Re Ferdinando aveva già affidato con titolo di Conte, la Città di Martorano. Va inoltre sottolineato come Scigliano abbia mantenuto nel tempo sempre una propria fedeltà al sovrano del momento, onde evitare la prepotenza del barone feudatario di turno. Una città che per ben tre volte con orgoglio riuscì a ricomprare la propria alienazione ricollocandosi sotto la sovranità reale.
Tutto ciò è riscontrabile anche dalle pagine estrapolate dalle memorie storiche di Francesco Accattatis commentate successivamente dall’Abate Rosario Gualtieri. (continua)
di Franco Emilio Carlino
Bibliografia
1 Samuele ANASTASIO, Scigliano e il suo castello in https://ilreventino.it/scigliano-suo-castello/.
2 Ibidem.
3 Vincenzo CONDINO, I Castelli della Provincia di Cosenza, Luigi Pellegrini Editore, Cosenza, 1996, p. 143.
4 G. MARAFIOTI, Croniche et antichità di Calabria, Libro Quarto, Cap. XIII, ad Istanza degli Uniti, Padova, MDCI, p. 253.
5 P. G. FIORE da Cropani, Della Calabria Illustrata Opera varia Istorica, Predicatore Cappuccino da Cropani, Parte II, Capitolo I, Libro I, Tomo I, per li Soci Dom. Ant. Parrino, e Luigi Mutij Napoli MDCXCI, pp. 110, 111.
6 Abate Gio. Battista PACICHELLI, Del Regno di Napoli in Prospettiva diviso in dodeci provincie, Parte II, Stamperia di Domenico Antonio Parrino, Napoli 1703, pp. 28, 29.