La Valle del Reventino-Savuto, una delle aree più affascinanti e caratteristiche della Calabria, è da sempre crocevia di culture, tradizioni e linguaggi. Con i suoi borghi, incastonati tra le montagne, testimoni di secoli di storia che si riflettono anche nella lingua parlata dalla popolazione residente.
I dialetti del Reventino-Savuto appartengono alla famiglia dei dialetti calabresi, con caratteristiche proprie che li distinguono dagli altri dialetti della regione. Sebbene condividano alcune somiglianze con i dialetti dell’area cosentina, il dialetto di questi paesi montani ha sviluppato nel corso dei secoli peculiarità fonetiche, morfologiche e lessicali che li rendono particolarmente affascinanti.
Parlato in paesi come Carlopoli, Decollatura, Sersale, Cicala, Parenti, Rogliano, Carpanzano, Motta S. Lucia, e altri centri del Reventino e del Savuto, il dialetto locale risalta peculiarità fonetiche e lessicali che contraddistinguono i singoli paesi di appartenenza e le proprie aree di influenza. Caso emblematico quello di Scigliano, o di quel che rimane dell’antico Sillanum. Chi ha superato gli “anta” ricorda ancora le profonde differenze fonetiche tra le tre frazioni principali, Lupia, Calvisi e Diano, distanti tra di loro poche centinaia di metri ma sorprendentemente con la pronuncia di alcune consonanti profondamente diversa, identificativa del luogo di appartenenza.
La ricchezza linguistica del Reventino-Savuto è il risultato di un lungo processo di stratificazione culturale, che ha visto l’influenza di diverse popolazioni nel corso dei secoli, tra cui Greci, Romani, Bizantini, Normanni e perfino arabi. Questi influssi hanno contribuito a creare una lingua ricca di termini specifici legati alla vita quotidiana, al lavoro agricolo, alle tradizioni popolari e alle credenze religiose.

Alla luce di questo il dialetto non è soltanto uno strumento per comunicare, ma è un vero e proprio contenitore di memorie storiche, usanze e tradizioni che definiscono e localizzano geograficamente l’identità di questi luoghi. Tuttavia, come in molte altre zone rurali d’Italia, anche qui i dialetti locali sono in via di estinzione. Un patrimonio culturale unico che si sarebbe dovuto tutelare e conservare. Una componente essenziale dell’identità e della cultura delle comunità autoctone che letteralmente sta scomparendo sotto i nostri occhi.
Le cause del dissolvimento dialettale sono molteplici. L’origine va ricercata nel secolo scorso, il XX secolo. L’emigrazione che portò la contaminazione del dialetto in quei nuclei familiari che ebbero la fortuna di ritornare.
L’istruzione con l’imposizione dell’italiano, emarginando il dialetto a lingua “errata” in nome di una unità nazionale da consolidare.
Lo stravolgimento culturale nel modo di comunicare, di conservare ai posteri. Adesso non più orale. Le tradizioni orali oggi, con la globalizzazione, sono state sostituite da forme più impattanti, ricche di immagini e suoni. Coniate in una lingua asettica, quasi universale e poliglotta, che mette a rischio anche l’italiano e dai contenuti che volgono all’essenziale, senza la dovizia di quei particolari che un tempo il colorito lessico dialettale era in grado di trasmettere.
La scomparsa delle pratiche tradizionali legate all’agricoltura e alla vita rurale ha ridotto l’uso quotidiano del dialetto, un tempo strettamente legato a queste attività. Strumenti di un passato artigianale andati perduti, pratiche contadine sostituite dalla meccanizzazione e dalla tecnologia, attività civiche non più necessarie e ormai desuete scompaiono portandosi dietro un lessico non più utilizzato.

La scomparsa dei dialetti ha implicazioni culturali e sociali. Si può parlare della perdita di un elemento fondamentale dell’identità locale, di una parte significativa della storia e della memoria collettiva delle comunità del Reventino-Savuto. Infatti il dialetto racconta la vita quotidiana, le tradizioni, le leggende e le usanze di un territorio. Molti termini dialettali spesso non hanno equivalenti esatti in italiano, e custodiscono significati e sfumature che vanno al di là della semplice traduzione. Molto del lessico del dialetto del Reventino-Savuto è legato alla natura circostante, alla famiglia, al lavoro agricolo e artigiano un tempo praticato in loco. Narra di un legame profondo con il territorio, spesso identificandosi in aree specifiche marcatamente localizzate e circoscritte.
Le nuove generazioni, sono le più esposte, aperte alla contaminazione per via della maggiore predisposizione a viaggiare, al web che globalizza l’intero mondo in uno schermo.
Le persone che parlano la stessa lingua, anche se in una variante locale, si sentono più vicine tra loro. La perdita del dialetto può portare a una disconnessione dalle proprie radici, trasformandole in un concetto vuoto privo di contenuti distintivi che non vanno oltre la mera posizione geografica. A riprova di ciò la difficoltà delle nuove generazioni, oggi non più in grado di comprendere o parlare la lingua dei loro nonni.

Le amministrazioni locali, le associazioni culturali, le scuole dovrebbero farsi carico di ciò. La lingua dialettale è uno degli aspetti più profondi della cultura e dell’identità di un popolo, e la sua scomparsa rappresenta una perdita irreparabile. Sarebbe necessario sensibilizzare le nuove generazioni sull’importanza del dialetto, organizzando eventi e iniziative culturali. L’uso del dialetto nei contesti pubblici, nei media locali, nelle attività culturali, può contribuire a mantenerlo vivo. Quando sono proprio le istituzioni a promuoverlo ne legittimano l’esistenza e l’utilizzo.

Non esiste solo il “napoletano”, il “lombardo”generico, il “siciliano” generico, il “calabrese” generico da utilizzare esclusivamente per dare colore in determinati contesti, ma esiste un patrimonio identitario e culturale che sta andando irrimediabilmente perduto.