C’è una teoria sociologica che ben si adatta alla situazione attuale dell’Ospedale del Reventino e che forse può insegnarci qualcosa sui comportamenti da adottare per fronteggiare un problema che ormai da tanti anni assilla la popolazione del nostro territorio. Si tratta della teoria della “profezia che si auto-adempie”.
In pratica, se tante persone o anche una sola, ma comunemente ritenuta autorevole (un “opinion leader”, insomma), affermano qualcosa con sufficiente sicurezza, anche se si tratta di un qualcosa che al momento non esiste nella realtà, con il tempo avrà buone possibilità di verificarsi effettivamente.
E’ un po’ quello che fanno alcuni politici, quando evocano alla vigilia del voto sondaggi che sarebbero a loro molto favorevoli, sfidando anche la legge che impedirebbe di diffonderli nel periodo antecedente al voto: in Italia ne ricordiamo un esempio lampante di cui non c’è bisogno neppure di fare il nome.
Il più delle volte non è vero che i sondaggi sono così favorevoli, ma gli elettori, che tendono a stare dalla parte di chi ha maggiori possibilità di vittoria, ci credono e davvero votano in quella direzione, ed ecco che la profezia puntualmente si auto-adempie: è un giochino che è riuscito molte volte nel ventennio che ci ha preceduto.
E allora chiediamoci da quanto tempo si dice, sempre con maggiore insistenza, che l’Ospedale del Reventino sta chiudendo, quando per il momento è ancora al suo posto e comunque funzionante. E’ vero che è stato fortemente ridimensionato e non è più quello che molti di noi ricordano, ma è anche vero che, pur nelle difficoltà, continua a erogare molti servizi utili per i cittadini.
E’ naturale che non bisogna abbassare la guardia, sul piano della protesta e della proposta, al fine di porre rimedio a un forte depauperamento che comunque c’è stato, per effetto di politiche sbagliate che hanno consentito uno spreco diffuso e intollerabile, per poi penalizzare, quando la situazione è diventata insostenibile, anche quelle strutture sanitarie che avevano sempre dimostrato di saper essere virtuose e produttive.
D’altra parte, l’attenzione sulla questione è molto alta e si sta sviluppando su due fronti: quello dei comitati cittadini (i due comitati per la salvaguardia di questo ospedale e di tutti gli ospedali di montagna calabresi) e quello dei sindaci dei comuni della zona (riuniti appositamente in una sorta di coordinamento locale). Entrambe le organizzazioni, che a volte riescono anche a fiancheggiarsi vicendevolmente e proficuamente, stanno conducendo una battaglia importante.
Cosa possono fare allora i cittadini che hanno a cuore le sorti dell’ospedale? Devono essere coscienti che, solo continuando a utilizzarne i servizi tuttora attivi, potranno garantire la sua esistenza futura. Altrimenti concederemo, a chi forse mira proprio alla sua chiusura, di far adempiere la profezia.
Ma davvero esiste qualcuno che può essere interessato alla chiusura di un ospedale? Si, se ne trarrà beneficio. Cui prodest? Dicevano gli antichi romani. A chi gioverà la definitiva decadenza della sanità pubblica? Ovviamente, alla sanità privata che costruisce i suoi enormi profitti proprio sulle falle della sanità pubblica.
Impediamo dunque di far adempiere questa profezia nefasta, rivolgendoci quanto più possibile alla sanità pubblica e quindi all’Ospedale del Reventino, consapevoli che, con il nostro stesso comportamento, potremo affermare che l’ospedale funziona ancora e non chiuderà mai, provando così anche noi a far adempiere una profezia, ma quella contraria.