Pietro Cardamone “La sconvolgente storia di un aviere della seconda guerra mondiale” è il titolo del libro di Francesco Antonio Cefalì, edito da Gigliotti Grafiche. Insieme all’autore ne discutono: Adamo Castagnaro, vicario Diocesi di Lamezia Terme; Anna Rosa Macrì, giornalista e Filippo Cardamone, autore della prefazione e nipote dell’aviere. Modera la discussione Franco Gallo, giornalista. La presentazione è programmata per sabato 29 aprile alle ore 18 presso la “Casa Nazareth” di Villa Rosa in località Acquavona di Platania.
Una storia triste e cruda quella di Pietro Cardamone di Soveria mannelli raccontata da Cefalì la cui prefazione è stata curata da Filippo Cardamone nipote dell’aviere. Pietro Cardamone nacque il 5 settembre del 1921 a Soveria Mannelli e all’età di 17 anni (1938) si arruola volontario in aviazione. Nel maggio del ’41 arriva al centro di affluenza di Grottaglie e dopo alcuni spostamenti giunge all’aeroporto di Capua e assegnato all’aeronautica della Libia (1940), l’esercito italiano al comando del maresciallo Rodolfo Graziani combatteva la “guerra nel deserto” a fianco dei tedeschi.
In questo contesto duro e tragico, all’età di anni 20, Pietro Cardamone inizia il servizio di leva in Libia, dove già si trovava suo fratello Francesco, preso poi prigioniero dagli inglesi. Da questo momento Pietro viene trasferito a diversi reparti e le dure condizione di vita non sono certo a lui favorevoli al punto che i tragici avvenimenti vissuti in Libia lasciano profonde ferite nella psiche del giovane, che da allora inizia a dare segnali preoccupanti di squilibrio mentale, mentre prima di partire per la Libia, era un ragazzo normale.
Rientrato dalla convalescenza nel dicembre del 1941, Pietro incomincia a mostrare inquietudine e diventa protagonista di diversi atti delinquenziali. Denunciato e condannato più volte per vari reati, tra i quali anche diserzione e tentato omicidio di un Brigadiere dei Carabiniere.
Nel 1950 per la prima volta viene ricoverato nell’ospedale psichiatrico. La sua vita sembra segnata e rientrato nel paese natio (Soveria Mannelli) non si redime e continua a violare la legge fino a commettere un triplice omicidio, che gli frutterà una condanna a 22 anni di manicomio criminale. Un uomo, Cardamone debole e già segnato dalla guerra, il manicomio non può che distruggere completamente l’aviere (morto nel 2005 a 84 anni).
La storia umana ed esistenziale di Pietro, induce l’autore a scandagliare ed occuparsi anche della atrocità della guerra, di cui Pietro ha vissuto e in particolare della campagna di Libia, soffermandosi sulle sofferenze e le condizione di vita dei soldati. Infine, lo scrittore, per dare una chiara visuale della realtà del momento, ha affrontato con lucidità e documenti certi la difficile vita nei manicomi criminali, dove per l’appunto Pietro Cardamone è stato rinchiuso per 22 anni. <<Un libro, una storia triste – scrive il nipote Filippo – che appartiene alla mia famiglia, tenuta celata, di cui sono venuto a conoscenza solo all’età di 20 anni. A nome dei miei familiari, per la condotta di mio zio, non posso altro che chiedere perdono ai familiari delle vittime, per un uomo che forse a seguito della guerra, aveva qualche problema psichico. Attraverso la storia di mio zio – conclude Filippo Cardamone – il libro vuole anche essere una riflessione profonda sull’assurdità e lo strazio della guerra che ha sconvolto le vite umane e influenzato il cammino delle esistenze di coloro che la subirono>>.