Una giornata particolare quella all’Università Mediterranea di Reggio Calabria, nella quale é stato proiettato l’ultimo lavoro di Eugenio Attanasio il documentario Figli del Minotauro/Storie di uomini e animali. Presentato già al Festival Internazionale del cinema di Salerno, premiato a Catania e proittato alla Sapienza a Roma, il documentario racconta la transumanza della famiglia Mancuso, il viaggio di trasferimento della mandria di podoliche dalle campagne di Marcedusa ai boschi della Sila, nella realtà e nella metafora di cammino insieme degli uomini e degli animali verso un futuro ecologico, ha riscosso unanimi consensi confermando il grosso lavoro che la Cineteca della Calabria offre alla cultura internazionale. Come riporta una nota stampa pervenuta in redazione, ad organizzare il tutto, il professore Gianni Agosteo, direttore del dipartimento di Agraria, che ha presentato la manifestazione, alla quale hanno partecipato il Magnifico rettore prof. Giuseppe Zimbalatti, il professore Matteo Bognanno e il presidente dell’Associazione regionale Allevatori Michele Colucci.
A margine dell’evento, dopo la proiezione, Il responsabile della comunicazione, giornalista professionista Luigi Stanizzi, ha ricordato ai docenti universitari e agli studenti che il lavoro di Attanasio si ispira a uno dei più grandi documentaristi al mondo, il maestro Vittorio De Seta, di cui lo stesso regista Eugenio Attanasio è stato allievo prediletto ed erede culturale. Numerosi gli interventi dei docenti e degli studenti presenti che hanno apprezzato il film documentario, che cerca di creare una nuova mitologia del presente in cui gli allevatori transumanti diventano gli eredi di una cultura millenaria, che in Calabria parte dalla Grotta del Romito di Papasidero.
Nel cast figurano Mattia Isaac Renda, Francesco Stanizzi, Gianluca Cortese, Salvatore Gullì, Alessandra Macchioni, Franco Primiero; i costumi sono di Stefania Frustaci. I campanacci disegnano un paesaggio sonoro del pascolo e della transumanza, che contraddistingue la pratica di un’agricoltura ancora sostenibile, così a contrasto con l’idea di allevamento industriale nelle stalle. Eppure, gli allevatori di oggi sono persone calate perfettamente nella contemporaneità, usando mezzi e strumenti tecnologici moderni, senza perdere i richiami e le consuetudini ancestrali che hanno legato gli uomini e gli animali. Così dal culto del toro, particolarmente attivo nel Mediterraneo si arriva a generare la figura mitica del Minotauro, sintesi dell’uomo, del divino e dell’animale, del quale i mandriani calabresi magicamente discendono. Una riflessione sulla storia, sull’arte, sull’allevamento non industriale, sul rapporto dell’uomo con la natura e con il territorio, senza incorrere nelle trappole dei luoghi comuni.
Tre ore piene tra proiezione e interventi di contenuti culturali di pregio, che hanno interessato ed emozionato le tante persone che vi hanno assistito. Esposti per l’occasione, davanti al tavolo dei relatori, rari campanacci ed attrezzi dell’antica civiltà contadina messi a disposizione dalla collezione privata del prof. Gianni Agosteo.