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E c’è chi dà persino patenti di calabresità!

Dalla rubrica: Lettere a Tito n. 428 (Fonte autorizzata: CostaJonicaWeb.it – news Sicilia e Calabria)

Domenico Lanciano di Domenico Lanciano
23 Ottobre 2022
in OPINIONI
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E c’è chi dà persino patenti di calabresità!
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Caro Tito, la riflessione che propongo questa volta merita una lettera a sé stante, per quanto mi sembra importante e significativa per il nostro piccolo mondo calabrese (ma, per esteso, anche per la vita collettiva più in generale)! Torno, quindi, ad una “breve” lettera monografica. E passo sùbito al dunque. In pratica c’è sempre qualcuno che si arròga o addirittura pretende il diritto di dire e giudicare quel che sei e quanto vali e persino di che natura sei. Nel bene e nel male, distribuendo patenti di santo o peccatore, di falso o autentico e così via. A volte sono situazioni gradite per chi viene etichettato, altre volte no.  Per chi giudica, però, va sempre bene poiché pensa di detenere il potere di guidare o determinare persone, cose e situazioni. Dalle più semplici alle più complicate. Persino se puoi essere o non essere, vivere o morire, se puoi essere povero o ricco, stimato o detestato. E’, questo, uno dei tanti sottili e capziosi aspetti delle “dittature di velluto” cui accennavo nella precedente “Lettera n. 426” (paragrafo 9) dell’11 ottobre 2022.  Alcuni ritengono che sia questo il mondo delle regole, senza le quali l’Umanità potrebbe cannibalizzarsi.

Uno degli infiniti esempi è il fatto che la rivista “Time” abbia inserito la Calabria nell’elenco dei 50 posti più belli del mondo da visitare nel corso dell’anno 2022. E noi abbiamo esultato, ovviamente (vedi https://www.rainews.it/tgr/calabria/video/2022/07/cal-calabria-migliori-50-mete-2022-time-a81f7330-c258-48a2-b050-d60c9a4aff1e.html ). Un semplice zuccherino proveniente da quel mondo americano-occidentale che detiene il potere di sottomettere il Sud Italia ancora sono il tallone degli usurpatori dal 1860. Ma c’è anche chi continua a denigrare la Calabria e i calabresi. E c’è chi ti dice, persino, se sei o no “calabrese”. Ti racconto un episodio che mi è capitato recentemente e che supera di un po’ la linea sottilissima dell’accettabilità e dell’irriverenza. Persino del quieto vivere. Ma questi non sono guai (è bene evidenziarlo) … c’è ben altro che preoccupa in Calabria e nel mondo. Questa mia è soltanto una simpatica nota di colore la quale può offrire l’input ad approfondire, come quasi tutte queste “Lettera Tito” che dal 2012 attestano che è l’Amore e l’Armonia che mancano nei rapporti sociali e nei rapporti con la Terra.

1 – IL GRANDE ENZUCCIO

Fin dagli anni giovanili coltivo una sincera e fraterna amicizia con Enzuccio, che è calabrese ma non della nostra provincia di Catanzaro. E’ una persona assai brillante in ogni sua espressione. Un uomo importante e di consolidato successo almeno nazionale. Un vero big. Ha scritto libri sulla nostra regione, tra cui uno sulla “calabresità”. Vive in nord Italia ma con continui viaggi intercontinentali; e, anche da pensionato, conduce una sua propria giostra multimediatica. E’ un grande manager dai tanti meriti sociali. Lo stimo tanto e gli voglio bene come un fratello.

Tra le tantissime sue iniziative c’è pure un avviato Concorso Letterario, con una sezione dialettale calabrese. Nel regolamento non c’è scritto che i concorrenti debbano essere nati su suolo e dentro i confini regionali. D’altra parte, se bisogna scrivere in uno dei tantissimi dialetti calabresi, non dovrebbe essere necessario esibire la carta d’identità … è lo stesso prodotto presentato la carta d’identità. Tutt’al più puoi fargli un esame fonetico dal vivo o in videochiamata per constatare che sappia parlare il dialetto con cui scrive. Una conversazione tra amici, insomma. Non un Giudizio Universale!

2 – IL CASO DI ANDREA NILO MARIA

Andrea Nilo Maria è adesso un distinto signore cinquantenne, nato a New York da genitori autenticamente calabresi. D’altra parte Nilo è già, di per sé stesso, un inconfondibile D.O.C. (denominazione di origine controllata), zona di Rossano Calabro dove San Nilo (monaco basiliano) è nato nel 910 dopo Cristo. Andrea rinnova il nome del nonno paterno, Nilo quello materno e Maria completa il trinomio con la Mamma di Gesù. Ha studiato a New York e ad Oxford, laureandosi in Letteratura angloamericana e si è poi specializzato pure in Lingua e letteratura italiana. In casa (così come con parenti ed amici più stretti) ha sempre parlato il dialetto del luogo di provenienza dei propri genitori. I quali raccontavano così tanto della Calabria che Andrea Nilo Maria (d’ora in poi A.N.M.) fin da bambino aspettava con ansia le vacanze per poter volare dai nonni. Con il passare degli anni ha studiato la Letteratura calabrese, sia quella scritta da Antonio Piromalli (1920 – 2003) sia quelle scritte da altri, leggendo in originale numerosi Autori della nostra regione e addentrandosi persino in alcuni volumi di glottologia del celebre Gerhard Rohlfs (1892 – 1986).

A New York, oltre a frequentare l’Istituto Italiano di Cultura ed altre sedi dove ha appreso tutto ciò di cui aveva bisogno per completare la sua fame di Italia e di Calabria, era assiduo presso le varie comunità calabresi, in particolare della provincia cosentina di origine di mamma e papà. Insomma nulla tralasciava per nutrire la sua identità calabrese ed italiana, pur restando statunitense. Ha iniziato addirittura a partecipare a concorsi di poesia e narrativa sia in lingua italiana che in dialetto calabrese, collezionando una infinità di premi e di riconoscimenti. Il suo amore per l’Italia è stato sempre tale e tanto che ha convinto i genitori a tornare al paese natìo, una volta andati in pensione, mentre Lui è riuscito ad ottenere una cattedra universitaria in una regione del centro Italia. Si dichiara l’uomo più felice del mondo, poiché ha realizzato i suoi sogni ma anche quelli dei propri genitori di poter tornare là da dove sono partiti. Felici questi genitori, poiché solitamente molti restano nei luoghi di emigrazione proprio per non sradicare i figli.

3 – NON E’ CALABRESE

Ho conosciuto A.N.M.  parecchi anni fa, in uno dei suoi viaggi in Italia e ne è nata una bella e fruttuosa amicizia culturale. L’anno scorso l’ho sollecitato a partecipare pure al Concorso di poesia organizzato dal mio amico Enzuccio. Il quale, con propria firma, Gli ha respinto la domanda di partecipazione scrivendo chiaro e tondo, nero su bianco. << NON E’ CALABRESE >>. E, per conoscenza, lo ha comunicato pure a me. Al che ho preso il telefono ed ho chiamato il grande Enzuccio (organizzatore e presidente di tale Premio Letterario). Nonostante L’avessi intrattenuto con tanti esempi e altrettante motivazioni … Nonostante mi avesse ringraziato per la bella “lezione” (così mi ha detto, non so quanto ironicamente) … mi ha confermato che ANM non era calabrese, perché nato fuori regione. Anche se tale presupposto non è espresso affatto nel bando di Concorso: bastava aver scritto in uno dei dialetti dei 404 Comuni calabresi. Ci capisci qualcosa?

Formalmente potrebbe pure avere ragione, però nella sostanza ha sicuramente torto. Inoltre, è grave non soltanto l’aver respinto la partecipazione al concorso, ma soprattutto il fatto di essersi arrogato il diritto di affermare (come un timbro, un marchio) << NON E’ CALABRESE >>. Mi meraviglio dell’intelligenza del mio grande amico Enzuccio. Al limite, per non escludere, avrebbe potuto fare una sezione del suo Concorso letterario riservata a coloro i quali abbiano vicine o lontane origini calabresi. D’altra parte, interessa o no l’arte della scrittura e tutti quegli altri valori che portino alla lieta aggregazione di calabresi vicini e lontani?… E’ mia opinione che Enzuccio, con tale gesto, abbia smentito paradossalmente sé stesso e tutta una vita professionale che da sempre ha ruotato attorno alla Calabria.

4 – ESCLUDERE E’ SEMPRE ANTIPATICO E CONTROPRODUCENTE

La vita ci insegna in abbondanza che (a volte o spesso) conviene essere diplomatici, flessibili e cercare di non escludere a priori o per principio preso, dimostrandosi irremovibili (atteggiamenti tipici del passato). Escludere dalla partecipazione è sempre antipatico oltre che controproducente socialmente e spesso psicologicamente negativo. Facciamo tanto per l’inclusione, la collaborazione e l’unione … poi ci troviamo con simili atteggiamenti, espressi proprio da coloro i quali si mostravano all’avanguardia del progresso! Davanti ai miei occhi è come se Enzuccio avesse rinnegato tutto ciò che ha fatto nella sua professione, nel suo essere scrittore ed animatore socio-culturale di alto livello. Non ti nego, caro Tito, che non mi aspettavo un’uscita del genere da Lui! … Una delusione e un grande dolore, credimi. Pure perché assieme a A.N.M. mi sono sentito escluso pure io. Infatti, solitamente, per rispetto dei fraterni amici (con cui hai condiviso decenni di ideali e di collaborazioni), si cerca il modo, una soluzione non un muro. Pur restando inflessibile.

5 – CHE PARAMETRI USI ?

Specialmente quando si parla di persone, in particolare di arte, abbiamo un concetto “universale” di appartenenza al mondo e all’Umanità intera. Comunque sia, è lecito considerare un’appartenenza, pure per comodità di collocazione e di studio. E’ quindi risaputo, ad esempio, che il grande poeta Giuseppe Ungaretti (1888 – 1970) sia nato in Egitto da genitori toscani della provincia di Lucca. Eppure nonostante sia nato all’estero è considerato uno dei maggiori poeti italiani del 20° secolo ed ha un posto di riguardo nella Letteratura italiana.

Così Giorgio de Chirico (1888 – 1978), il grande pittore, è nato fuori dai confini nazionali, a Volo in Grecia. Il padre palermitano e la madre genovese, ma nati entrambi a Costantinopoli. Quindi de Chirico dovrebbe essere considerato addirittura oriundo italiano di seconda generazione. Eppure, nonostante tale nascita estera, è considerato italianissimo a tutti gli effetti ed affetti. Come il fratello Andrea Alberto che, pure lui artista, ha assunto lo pseudonimo di Alberto Savinio e come tale l’ho studiato all’Università di Roma nella cattedra letteraria di un illustre calabrese, Walter Pedullà nato a Siderno (RC) nel 1930 e già Presidente RAI.

Ho citato due notissimi esempi di persone nate all’estero da genitori italiani e italiani considerati a tutti gli effetti e da sùbito. Ma potrei citarne a migliaia. Inoltre, con le nuove leggi, tutti gli italiani (nati all’estero o figli e derivati italiani) possono godere della doppia cittadinanza e del passaporto italiano-europeo. E se una persona è considerata italiana, anche se nata all’estero, non pensi che possa essere considerata pure originaria della regione genitoriale ? … specialmente se, come il nostro amico A.N.M., è magari ancora più coscientemente calabrese di uno nato genericamente in Calabria (Ius soli. Ius culturae. Ius scholae. Ecc.).

Altra considerazione. Il nostro amico A.N.M. è a tutti gli effetti ed affetti cittadino italiano. Perché, allora, non considerarlo anche calabrese, pure dal momento che dimostra di essere in tutto e per tutto e pienamente dentro la cultura, la vocazione e l’orgoglio calabrese?… Inoltre, se adottiamo questo divisivo parametro di Enzuccio, una persona nata appena quaranta metri oltre confine, in Basilicata, da genitori calabresi non può essere considerata calabrese. Abbiamo lottato tanto per abolire muri e confini e adesso ci ritroviamo con tutti questi impedimenti. Mi sembra se non assurdo, almeno inopportuno. Negativo.

6 – IL METRO AZZURRO DELLO SPORT NELLA ITALIANITA’

Durante le più recenti Olimpiadi sia estive che invernali, durante e dopo il triste caso (ancora rumoroso) di razzismo sulla pallavolista della Nazionale Paola Enogu ( https://tg24.sky.it/sport/2022/10/16/caso-egonu ) la stampa italiana ha evidenziato quanto sono gli atleti azzurri che, per un  motivo o per l’altro, godono della nostra cittadinanza, pur essendo nati in altri Stati oppure perché, pur essendo nati in Italia, hanno genitori esteri. E’ emersa, tra tanto altro, la considerazione che la cosiddetta “cittadinanza sportiva” è un interesse nazionale e che, quindi, deve avere una corsia preferenziale. Alla faccia della giustizia sociale!…

Siamo perciò a diversi pesi e differenti misure? Oppure potrebbero essere considerati problemi di lana caprina?… Ma resta grave la disparità con eguali situazioni che ancora non hanno ottenuto la cittadinanza italiana. Forse ancora la nostra società nazionale ed istituzionale non ha chiare le idee in questo settore e tende ad escludere quando invece sarebbe giusto e suo interesse includere. E in fretta. Senza tergiversare.

7 – ITALIANI ALL’ESTERO QUASI DIMENTICATI

Caro Tito, il diniego e la imperturbabile presa di posizione del grande Enzuccio riguardo il nostro corregionale e connazionale A.N.M. mi riporta alla mente il fatto che gli Italiani all’estero siano quasi del tutto dimenticati dalla Madre-Patria. A volte persino discriminati. Se fossimo una Nazione veramente unita e solidale, avremmo più attenzione e dialogo con gli Italiani emigrati i quali con grande sofferenza sono stati costretti a lasciare quanto di più caro avessero ed hanno lavorato duro per affermarsi in un Paese estero e tante volte addirittura ostile. Nessuna attenzione poi per i loro discendenti. Non cerchiamo di coltivare adeguatamente tali relazioni nemmeno in vista di possibili vantaggi socio-economici e turistici (si parla tanto di “turismo di ritorno” o delle radici ma senza alcun entusiasmo né culturale né amministrativo).

Nemmeno attivando l’orgoglio nazionale o regionale ci interessa sapere come e quanto gli Italiani all’estero si facciano onore e quanto contano nelle loro nuove società di appartenenza. Né ci interessa sapere come e quanto possano essere utili alla loro regione di partenza per eventuali ed auspicabili investimenti e scambi commerciali. Eppure il nostro Sud, in particolare, avrebbe assai bisogno di loro. Ti ho già riferito di vari esempi di italiani residenti all’estero che hanno trovato le porte chiuse nei loro paesi natii cui intendevano riversare risorse economiche e tecnologiche di ragguardevole importanza. Ah, Italia autolesionista! …

Sono quasi cinquant’anni che periodicamente scrivo alle Istituzioni nazionali e regionali, ai grandi così come i piccoli giornali locali per sollecitarli ad avere almeno una pagina sugli Italiani all’estero. Niente da fare. Non sono stato ascoltato nemmeno quando (dal 1991 al 2006) c’è addirittura stato un apposito e variamente detto “Ministero per gli italiani nel mondo”. Né ho avuto alcuna considerazione dalla Regione Calabria quando c’era un Assessorato dedicato e anche una rivista mensile per l’emigrazione. Una cosa sicuramente bella ed utile, ma la cultura per l’emigrazione non ha travalicato le sedi istituzionali (quasi sempre a caccia di vantaggi elettorali e non di vero dialogo e progresso). Sui giornali italiani non c’è ancora traccia di italiani all’estero. E intanto ci gonfiamo di vano orgoglio nazionale!…

Intanto nel panorama calabrese e nazionale amiamo autocompiacerci con una marea di Premi. Che ovviamente benvengano, ancora meglio se venissero inseriti in una strategia ed in un contesto di valorizzazione anche istituzionale ed in una visione lungimirante e inclusiva generale. Mentre invece adesso sono isolate ed autoreferenziali vetrine “padronali” o settoriali di luoghi, persone-Alfa ed associazioni varie. Lo spontaneismo è bello ed autentico, però sarebbe meglio dare maggior valore a tali iniziative con tutto un retroterra organizzativo che preveda altre utili iniziative collaterali. Ad esempio, chi continua la “Letteratura Calabrese” di Antonio Piromalli? … Questo ed altri aspetti istituzionali che possano rimanere nel tempo non sono curati … cose che dovrebbero fare anche le Università, le quali hanno poca attinenza con il territorio vero ed autentico. Insomma, credimi caro Tito, la Calabria è in gran parte tutta da rifare pure nel sistema delle gratificazioni sociali. Altro che mettere il timbro << NON E’ CALABRESE >> !!!…

8 – C’E’ CHI HA PATITO IL CARCERE PER LE ORIGINI

Gavino Ledda (Siligo di Sassari 1938) è il famoso scrittore sardo del romanzo-film “Padre Padrone” e di altre argute Opere letterarie. Nei primi anni ottanta è andato in carcere perché ha rivendicato la nascita a Siligo del figlio che però, per motivi tecnici-sanitari, era nato in un ospedale di altro Comune. La motivazione: ogni persona dovrebbe avere la facoltà di nascere nel proprio paese ed anche se, sebbene per giustificabili motivi, deve nascere altrove, gli si dia almeno il diritto di inserire nell’anagrafe e nella carta di identità il nome del Comune di origine familiare e culturale. Ma la legge attuale non lo permette; la lotta ed il carcere di Gavino Ledda sono stati inutili. Così, stanno scomparendo dalle anagrafi e dalle carte di identità delle persone i nomi dei piccoli Comuni a favore delle città dove ci sono cliniche ed ospedali. Ma il cuore della gente resta altrove, però non lo può manifestare nei documenti. Un crimine culturale.

Nel contesto della mia iniziativa “Badolato paese in vendita” ne abbiamo parlato da Radio Rai Cosenza nel pomeriggio dell’8 dicembre 1986, avendo in collegamento dalla Sardegna proprio Gavino Ledda. Resto del parere che questa del luogo di nascita è una situazione psicologicamente, socialmente e culturalmente molto delicata. Sono ancora e sempre più convinto che sia un altro furto, un vero e proprio esproprio questa imposizione della iscrizione di una nascita nel Comune-tecnico e non nel Comune-familiare. E’ uno dei tanti momenti di quella più ampia disgregazione imposta da uno Stato che non riconosce i sentimenti e i diritti legittimi e naturali dei suoi cittadini.

Se sono di Badolato, perché devo risultare di essere nato a Catanzaro solo perché Catanzaro ha un ospedale e Badolato no? … Allora i reparti di ostetricia dovrebbero essere “zona franca” e chi nasce in quel reparto “neutrale” deve poter portare nei documenti il nome del Comune di residenza familiare e vocazionale! … Dopo Rai Cosenza del 1986 tale lotta è proseguita per qualche anno pure con l’utilissimo appoggio del dottore Pantaleone Procopio, medico ospedaliero, che poi è stato sindaco di Montauro (CZ).

Inoltre, è pur vero che gli Italiani all’estero possono vedere selezionati programmi televisivi nostri nazionali. Spesso in differita o preconfezionati. E’ vero che la Rai, l’ente televisivo pubblico, si fa portatore (seppure minimo e igienizzato) di ciò che si fa in Italia presso gli italiani nei cinque continenti. Però non fa programmi inversi. Noi vorremmo sapere cosa fanno gli italiani all’estero! La televisione può e deve essere un “filo rosso” di unione ideale e pratica con i nostri concittadini che vivono all’estero, anche momentaneamente. Cosa fanno i nostri giovani che studiano e lavorano all’estero, ad esempio. Tempo fa c’è stato un isolato tentativo dalla California su Rai News 24, ma sembravano più spot pubblicitari “ad personam” piuttosto che veri e propri programmi sulle comunità italiane all’estero. Anche qui è tutto da rifare!!! … E se gli italiani all’estero non possono avere spazio nei canali generalisti, si faccia un canale a loro dedicato … ce ne sono tanti di cartoni animati e di intrattenimento, si può pure fare un canale utile all’unità nazionale!…

9 – LA PATENTE DI CALABRESITA’

La cosa che mi è dispiaciuta di più nella perentoria frase di Enzuccio <<NON E’ CALABRESE >> nei confronti di A.N.M. è proprio la voglia di dare la più assoluta “patente di calabresità” basata soltanto ed esclusivamente sulla nascita. E questo senza voler sapere se uno si sente o no << calabrese >>. Certo il luogo di nascita è un buon punto di partenza nell’identità di una persona; ma non basta, poiché ci sono tanti altri valori identitari che legano una persona ad un luogo. Inoltre, quando tutto manca, ci son luoghi di elezione per cui, ad esempio, uno a cui piace assai Roma si sente romano, anche se è nato nel resto di Italia e persino all’estero. Oltre la nascita, è la cultura, sono i sentimenti più profondi e convinti che danno una identità, l’essere qualcosa o qualcuno. Ungaretti e de Chirico (e con Loro tantissimi altri) lo dimostrano.

10 – SALUTISSIMI

Caro Tito, come hai potuto notare, la “calabrestà” … l’essere e il sentirsi calabrese … non può essere liquidato con un’arbitraria attribuzione di pseudo-patente. E’ cosa ben più vasta e profonda. Comunque, farebbe meglio il mio grande amico Enzuccio, a tagliare la testa al toro e fare una sezione del Concorso letterario riservato a coloro che sono o si sentano calabresi ma risultano nati fuori dai confini regionali. Arricchirebbe le sue sempre belle iniziative e si renderebbe più utile alla immensa Comunità calabrese, sparsa in tutto il mondo. Enzuccio diventerebbe un luminoso faro di riferimento e non un “patentologo”.

Su tale argomento vorrei proprio sapere cosa pensano gli stessi calabresi, sia quelli veraci che quelli che si sentono calabresi ma sono nati fuori dalla Calabria. Possono scrivere a te ([email protected]) oppure direttamente a me ([email protected]). Riporteremo i pareri in altra lettera. Intanto passo ai ringraziamenti e ai saluti, in attesa della prossima “Lettera n. 429”. Tanta felicità e Armonia a tutti!!!…

Domenico Lanciano

ITER-City, martedì 18 ottobre 2022 ore 05.32 – Da ben 55 anni (cioè dal settembre 1967) il mio motto di Wita è “Fecondare in questo infinito il metro del mio deserto”.  Le foto sono state prese dal web.

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È nato nel casello ferroviario di Cardàra, una contrada rurale di Badolato di Calabria, il 4 marzo 1950. Figlio di operai e di contadini, si ritiene contadino e coltivatore diretto del pensiero e della parola che prevalentemente esprime tramite “Lettere” alla maniera degli emigrati. È convinto che la “lettera” è alla portata di tutti e che non comporta ambizioni o particolari stili letterari né giornalistici ma semplicemente l’umile atto del comunicare e di far circolare gli affetti e le idee. Nel 1986 ha lanciato la vicenda di “Badolato paese in vendita” per contrastare lo spopolamento e la morte del borgo antico, prototipo e simbolo di decine di migliaia di borghi in disfacimento in tutta Europa e di milioni di comunità desertificate dalla globalizzazione in tutto il mondo, dove le città scoppiano e i paesi muoiono e invocano equilibrio. Ostracizzato a motivo di questo suo lungimirante attivismo, dal primo novembre 1988 vive in esilio in Molise.

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