di Sergio Cerra –
Qualsiasi cosa è quello che non è. L’autore del libro dal titolo “Senso e nulla”, Antonio Maria Pulerà docente e scrittore originario di Decollatura, si interroga sul senso del senso, ovvero sul fondamento della realtà, della vita.
La ricerca del senso e la sua impossibilità
Sono due le coordinate entro cui collocare un discorso sul senso: il come si costituisce il senso e i il perché. Il come spiega le modalità particolari, il significato. Il perché si interroga sul momento originario del senso, in questo modo la risposta del perché si trova nel come. Ci si trova sempre in un mondo nuovo, mai identico a sé stesso, che viene sempre ricreato proprio nel darsi dei sensi altri. Dare un senso a qualcosa è sempre un tradurre e ridurre qualcosa di un altro mondo al nostro mondo. Il senso è la necessità degli uomini di stabilire, di fissare il reale, l’essere. La ricerca e l’esistenza ipotetica del senso implica la necessità costitutiva del nulla, del divenire incessante, della contingenza ineliminabile. Tutto ciò che ha fatto l’uomo nella storia è stato quello di costituire dei sensi, nella speranza di uscire dalla contingenza, di fermare il divenire e trovare pace con se stesso, gli altri e il mondo. La civiltà umana in tutte le sue manifestazioni è una ricerca continua di senso. Tutto si svolge secondo una struttura dialettica che contrappone due realtà: senso e contingenza, necessità e possibilità. Analizzando il tentativo di costituire il senso si cade però nell’impossibilità di tale costituzione assoluta, poiché si ripiomba in quel nulla temporale che è la realtà dell’uomo. Il tentativo di dare senso a partire dal nulla è destinato a fallire?
Il mondo sensato della vita quotidiana
Eppure nella vita quotidiana tutti viviamo in un nostro universo di senso, una struttura identitaria che ognuno si costituisce per poter sopravvivere, collocata entro una realtà societaria che la sovra-determina. Tutto non è altro che il senso che gli diamo, tutto è traduzione e/o interpretazione. Ogni umano si costituisce, falsamente, una gabbia solipsistica dove vive.
Il senso, sul piano metafisico, non è il significato
Il senso è un’apertura generale delle possibilità di realizzare una realtà di significati stabili. Il senso è l’essere di Parmenide, la cosa in sé kantiana, ecc… Una filosofia del significato riconduce invece l’essere agli enti distinti, differenti tra loro, come in Platone con le idee. La ricerca metafisica del senso, a differenza del significato, si rivolge verso una fondazione definita e assoluta da cui tutto il resto deriva. Il senso, ad un altro livello, invece determina la società: in tale contesto è l’orizzonte dei possibili significati che una determinata società offre a tutti gli individui. Anche chi pretende di portare avanti una genuina posizione metafisica non si accorge di come la realtà che lo circonda lo determina. È la società che determina il senso metafisico e non viceversa.
Senso e desiderio sul piano sociale
Sul piano sociale, il senso può essere tradotto come la volontà di valere che ogni individuo manifesta nei confronti degli altri individui e della società stessa.
L’uomo non è altro che un nulla costitutivo che tenta di acquisire dei sensi temporanei e un valore sociale per gli altri, illudendosi di poter raggiungere una qualche stabilità che si rivela ovviamente illusoria… e porta l’individuo a ricadere nella contingenza assoluta di cui è fatto. L’individuo crede di attuare il proprio specifico desiderio. In verità si trova inserito in un sistema culturale e sociale che lo sovra-determina. L’individuo è sempre soggetto agli altri, e il suo desiderio è il desiderio dell’Altro: il senso individuale è il senso dell’Altro. Il senso può essere definito anche come “mancanza a essere”. Infatti l’individuo desidera sempre qualcosa, e di conseguenza è mancante di qualcosa, perché se fosse in qualche modo auto-costituito troverebbe in sé almeno una sorta di soddisfazione piena. Ed è proprio il simbolico derivante dall’Altro ciò che desidera l’individuo: non è l’anima prigioniera del corpo, ma il corpo prigioniero dell’anima. Il soggetto crede di desiderare ciò che desidera sul piano immaginario, ma in realtà nel momento in cui cerca di portarlo all’esterno attua il simbolico imposto dall’Altro, dagli altri, cioè dai desideri simbolici di ogni altro individuo, che vanno a costituire la società stessa, e determinano ciò che l’individuo desidera, ciò che l’individuo crede di volere e di attuare.
Solo un individuo senza storia, senza passato, senza precedenti rapporti con gli altri, senza carattere, un individuo di fatto inesistente potrebbe fondare una ragione assoluta e rivolgersi agli altri in modo assolutamente razionale senza alcuna influenza esterna. È il desiderio dell’Altro, come desiderio di uscire dalla contingenza che viene espresso dal soggetto. Nessuna ricerca di valere per gli altri ha però una meta reale, è votata allo scacco sempre e in ogni caso, è una ricerca senza senso: Il senso come assenza di senso, il senso come nulla. L’unico modo in cui l’individuo potrebbe sentirsi realizzato sarebbe nella coincidenza tra desiderio immaginario e simbolico, individuale e sociale.
Oltre la metafisica
Nel corso del tempo la filosofia ha tentato sempre di ricercare una verità nascosta entro cui l’uomo indagava le proprie “origini”: questa posizione è ancora sostenibile? Esiste una realtà spirituale oltre quella materiale? La società crea i suoi orizzonti di senso, che sono estranei a qualsiasi pensiero filosofico, seppur la filosofia ne faccia parte. La filosofia è il risultato di un senso comune, e può pensare quindi “dei” contenuti, e non “i” contenuti. Non esiste un pensiero entro cui l’individuo può cogliere l’assoluto.
Qualsiasi senso metafisico che la filosofia ha prodotto è il risultato del senso profondo che una determinata società dava, creando confusione tra realtà sociale e individuale, tra storia e metafisica. Per poter riacquistare un senso la filosofia deve quindi invertire la direzione di indagine, non ricercando un logos soggettivo che predetermina la società, ma un pensiero collettivo che determina l’individuo: è attraverso i legami che gli individui instaurano con la creazione di strutture convenzionali e sociali che si autodeterminano determinando la società e il senso.
L’uomo è costituito quindi da contingenza, cioè incertezza, nulla. L’uomo ogni giorno si domanda sui sensi e li costituisce, cercando un apparente stabilità. Ma nessuno si interroga sul “senso”, perché significherebbe rendersi completamente trasparenti a se stessi, accettare il proprio nulla costitutivo. Il soggetto vive nella necessità assoluta, determinata dalla contingenza di costituire sensi. Ma paradossalmente, se l’uomo capisce e accetta il suo essere contingenza, questo nulla che lo costituisce trova la pienezza del suo essere, il suo senso: questo è ciò che afferma ad esempio Eckhart. L’uomo può quindi trovare uno spiraglio di senso e possibilità metafisica attuabile nella ricerca della collettività e del senso comune, cercando di rendersi trasparente a se stesso e partendo dal nulla costitutivo che origina il senso assoluto, rendendo forse trasparente la società tutta e attuandosi, trovando una possibile stabilità e una sorta di felicità. Sarà questa la giusta strada?