di Raffaele Arcuri –
Sono convinto che ogni tanto bisogna guardarsi dall’esterno per comprendersi meglio. Succede anche con il paesaggio: la percezione migliore dei luoghi in cui viviamo ce l’abbiamo se guardiamo la nostra terra dall’alto.
Eravamo in tanti domenica, in piazza a Serrastretta, e sentivamo il bisogno di guardarci dall’alto per comprenderci meglio.
E siamo partiti per renderci conto se le montagne, che fanno da cornice a questo piccolo borgo calabrese, fossero dipinte sullo sfondo o esistessero davvero.
Spesso è così, viviamo il paesaggio come qualcosa che non ci appartiene, come un quadro appeso alla parete, statico, circoscritto da una cornice e fuori dalla realtà. Per quanto noi possiamo cercare di interpretarlo, c’è sempre una cornice che ci tiene fuori. Imparare a leggere il territorio è importante perché educa a vivere lo spazio.
I livelli di lettura sono tanti: il primo è quello fotografico, si guardano i luoghi e si imparano i nomi.
Poi, aumentando la “profondità di campo”, si scoprono storia e relazioni. E appena si varca questo confine la sorpresa è grande perché esiste un rapporto di appartenenza fra noi e il paesaggio: in quel quadro ci siamo anche noi.
Esplorare per conoscere e per ritrovarsi, è questo lo scopo dei “Viaggi” di Discovering Reventino, il progetto di mappatura partecipata del territorio, nato ufficialmente da qualche giorno, ma operante sul territorio da diversi anni.
Ha certamente regione Francesco Bevilacqua quando scrive “Non chiamatelo Sport”.
L’esperienza del cammino è più vicina al viaggio e alla spiritualità, e molto lontana dallo sport.
Ogni tanto bisogna guardarsi dall’alto per conoscersi meglio, per salvare il nostro passato e per immaginare un futuro che dipenda in larga parte da noi.
Per questo, camminare nei boschi, se lo fai con le persone giuste, equivale ad entrare in una grande biblioteca.
Mi piace usare la metafora del libro: il territorio è come un bel libro, per conoscerlo devi frequentarlo (aprirlo).
Entrare nella grande biblioteca del nostro territorio ci rende capaci di conoscere le dinamiche culturali e ci consente di governarlo meglio.
E se i nostri politici imparassero a frequentare i boschi…?