Quest’anno, Claudio Ranieri, da allenatore del Leicester, ha compiuto un vero e proprio miracolo sportivo. Uno di quelli che, soprattutto nel calcio moderno, si verificano sempre più di rado. E’ riuscito a vincere la Premier League con una squadra di secondo piano, che non ha fatto investimenti spropositati, che non ha finanziatori miliardari, che non vanta tradizioni particolarmente vincenti e che soprattutto non era mai riuscita a vincere prima d’ora, in tutta la sua storia, il campionato inglese.
Una vittoria che è possibile paragonare a quella della Grecia (ignorata dai favori dei pronostici) o della Danimarca (addirittura ripescata all’ultimo momento), rispettivamente nei Campionati Europei del 2004 e del 1992. Oppure, se vogliamo rimanere nel campionato italiano, a quella della Sampdoria di Boskov del 1991, del Verona di Bagnoli del 1985, o addirittura, andando sempre più in là nel tempo, della Lazio di Maestrelli del 1974 o del Cagliari di Scopigno del 1970.
Ma qual è stata la forza di questa squadra lo si può rintracciare nelle parole che ha pronunciato, qualche tempo fa, Claudio Ranieri, in un’intervista al Corriere della Sera dell’ottimo Mario Sconcerti, rispondendo a una domanda che gli proponeva di individuare un’altra squadra paragonabile al suo Leicester:
<< Una squadra che assomiglia al mio Leicester? Durante la carriera da giocatore ho trovato una squadra così: era il Catanzaro di Gianni di Marzio, quello di Palanca, Silipo e gli altri. Capisco che forse non è un grande esempio, ma era proprio come il Leicester: un gruppo di amici che viveva insieme. >>
In quel Catanzaro, in quel “gruppo di amici”, del quale diventò presto capitano, arrivò nella stagione 1974-75 e vi rimase per ben otto stagioni consecutive, fino al 1982.
Era naturalmente un calcio d’altri tempi, fatto di spirito di improvvisazione e capacità di arrangiarsi, tanto è vero che il Catanzaro, Ranieri compreso, faceva il ritiro estivo non ai piedi delle Alpi o addirittura all’estero, come si usa ora, ma semplicemente alle falde del nostro piccolo monte Reventino e precisamente a Platania.
Ecco come Massimo Palanca, compagno di squadra e grande amico di Ranieri, commenta la scelta della località del ritiro nel libro “Massimo Palanca: Il mio calcio”, di Alberto Pistilli, To Be Group Edizioni, 2009:
<< C’era un albergo [il “Bellavista” N.D.R.], ma non il campo di calcio, o meglio c’era, lo stavano allestendo, non era finito. Era in terra battuta. Passavamo le giornate in un continuo andirivieni fra camera, sedute di allenamento, ristorante. Un andamento piuttosto monotono anche se Di Marzio non ci risparmiava carichi di lavoro alquanto gravosi che tutto potevano precludere fuorché la noia. Gli unici momenti di svago, diversi dalla solita routine quotidiana, li avevamo il sabato e la domenica. Perché quello era un posto prediletto per i pranzi di nozze. I matrimoni in Calabria, non so se oggi la tradizione sia rimasta, a quei tempi, erano una cosa favolosa. Minimo trecento persone e quando si seppe che c’eravamo anche noi scoppiò il putiferio. Tutti ci invitavano, gli sposi volevano farsi fotografare con noi, chi ci chiamava da una parte chi dall’altra. Lo spasso era quello perché durante il resto della settimana, lì, c’eravamo solo noi. Raramente saliva qualche tifoso a vederci, si contavano sulle dita di una mano. >>
Dal ritiro a Platania alla vittoria della Premier League con il Leicester. Sono passati tantissimi anni, ma il carattere, l’umiltà e la bravura di Claudio Ranieri non sembrano essere cambiati più di tanto.
Ecco come lo descrive sempre Massimo Palanca nel libro già citato:
<< Claudio è arrivato a Catanzaro nello stesso anno in cui sono arrivato mio. Non era molto entusiasta. Aveva già sentito il profumo della Roma e Catanzaro gli stava un po’ stretto. Poi piano piano si è ambientato ed è rimasto a Catanzaro più di me: io sette e lui otto anni. Non solo c’è rimasto tanto, ma si è talmente innamorato di Catanzaro – è il caso di dirlo – che lì ha conosciuto anche sua moglie. >>
Ed ecco come Palanca, sempre nello stesso libro, dichiara di averne intuito le doti di allenatore già quando faceva, come si dice in questi casi, l’allenatore in campo:
<< In campo era uno che vedeva le cose meglio degli altri e, anche se non lo sapeva, era già un allenatore. Si interessava di tattiche, era uno di carattere. >>
Chi non ricorda Palanca come il grande goleador di quelle stagioni? Pochi però lo avrebbero immaginato nel ruolo di profeta: Claudio Ranieri è proprio come lui aveva capito che fosse. Così come ha dimostrato vincendo con una piccola squadra. Una squadra, come ha affermato lui stesso, per molti aspetti “simile a quel Catanzaro di Gianni Di Marzio”.