L’ultimo articolo pubblicato su ilReventino.it dall’ottimo Giovanni Petronio, intitolato “Ferrovia Soveria Mannelli-Catanzaro, transito sospeso ma a quando la riapertura?”, ha destato, come spesso accade, molto interesse e anche qualche spunto polemico.
L’articolo ricostruisce con meticolosa precisione l’iter che ha portato alla chiusura (si spera solo momentanea) del tratto ferroviario Soveria Mannelli-Catanzaro. Per chi volesse leggerlo o rileggerlo (ne vale la pena) ecco il link: http://ilreventino.com/ferrovia-soveria-mannelli-catanzaro-transito-sospeso-la-riapertura/
Un lettore ha però così commentato sui social:
<< Ma che ci lamentiamo a fare se poi, quando si vota, a turno vincono sempre gli stessi??? I responsabili di questo schifo ci sono e sono in tanti… sì, sono circa due milioni: i calabresi! >>
È vero che i colpevoli siamo noi calabresi – tutti! – compreso il lettore che ha scritto il commento. Ma il concetto ci appare lo stesso troppo semplicistico.
Gran parte di questi due milioni di persone e’ stata mantenuta per lunghi decenni nell’ignoranza, nel bisogno, a volte nell’indigenza. Un’altra parte, sempre più contenuta, costituita da quelli che oggi chiamiamo semplicemente “ricchi” e che una volta erano chiamati con deferenza “signori”, ha migliorato a dismisura le proprie condizioni di vita, anche sfruttando furbescamente le debolezze del sistema, e non ha quindi alcun interesse a innescare processi di cambiamento.
Vi ricordate il romanzo “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, tradotto anche in un mirabile film da Luchino Visconti?
“Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” dice il principe di Salina. È quello che in seguito è stato definito “spirito gattopardesco”: cambiare per non cambiare. Ed è quello che hanno fatto i calabresi più o meno da quando esiste la Repubblica, con una pericolosa accentuazione di questa tendenza nell’ultimo quarto di secolo.
È vero che i calabresi “votano sempre gli stessi”, ma mancano anche le alternative. Perché finora la nostra classe dirigente, sia di destra e sia di sinistra, che ha risposto agli stessi interessi, ha sistematicamente impedito la nascita di una nuova classe dirigente, che sia capace di gestire la “cosa pubblica” da una prospettiva diametralmente opposta rispetto a quella attuale o precedente.
Giovanni Petronio, ad esempio, scrive sporadicamente su ilReventino.it, ma avrebbe già le competenze per fare l’assessore regionale ai trasporti, probabilmente con meno spocchia ma con più “capacità d’ascolto” rispetto a chi ricopre adesso questo ruolo.
È vero che i calabresi hanno molte colpe, ma è anche vero che dai tempi in cui “La croce / sulla croce, / diceva l’arciprete. / E una croce / sulla croce, segnavano le donne.” come scriveva il poeta Franco Costabile (Il canto dei nuovi emigranti), il voto è stato sapientemente indirizzato verso chi poteva dare medio fastidio alla classe dei nuovi “signori”.
Non illudiamoci troppo, dunque! La ferrovia serve ai poveracci, a chi deve viaggiare per studio o per lavoro e non ha a disposizione una scelta agevole in un parco d’auto superaccessoriate, con l’aria condizionata vera e non quella che arriva dai finestrini spalancati del trenino della “Calabro”.
Se non interessa a quei pochi, state pur certi che noi molti possiamo metterci l’anima in pace!
di Raffaele Cardamone