Una lettera ideale, dopo vent’anni dalla sua scomparsa, alla memoria della giovane ragazza di Decollatura andata via troppo presto, da un coetaneo o coetanea (non ha importanza) pensando a Rachele Molinaro, scritta da chi l’ha conosciuta e vissuto con lei un piccolo pezzo di vita che con partecipazione pubblichiamo come redazione de ilReventino.it per omaggiare il suo ricordo in occasione della ricorrenza dell’anniversario.
«L’ironia del destino vuole che io sia ancora a pensare a te. Nella mia mente flash ripetuti… Ho ancora in testa e nel cuore la canzone di Raf che cantavamo, da spensierati adolescenti, seduti sul muretto del bar a San Bernardo, nella nostra bella e semplice piazzetta. Da molti anni quella canzone la identifico ancora con te, è come se appartenesse a quel periodo così speciale delle nostre vite. Ci divertivamo a trascorrere i nostri pomeriggi estivi davanti al jukebox, te lo ricordi?
Avevamo 15 anni, sembra ieri e invece sono trascorsi vent’anni da quando cara Rachele non sei più con noi. Vent’anni sono un interminabile schiocco di dita, sono tutte quelle cose che avremmo potuto e dovuto fare e non abbiamo fatto. Vent’anni è una vita intera! Di certo non c’è stato un solo giorno in cui tu non sei stata con me, con noi tutti, con i tuoi amici e compagni di classe. Hai continuato in modo invisibile, ma non per questo meno presente ad accompagnare i nostri percorsi e sicuramente a illuminare il mio. Hai pianto e gioito con noi, lo sappiamo. Ne siamo sicuri.
I ricordi del tempo passato scorrono sublimi e ci accarezzano, non vanno via, basta poco e riemergono in tutta la loro indimenticata bellezza. Le lacrime scendono giù ed è giusto così… Come dimenticare il tuo essere sempre disponibile verso tutti e con tutti, indistintamente. Non riuscivi proprio a pensare a te stessa, gli altri erano la tua priorità… Il tuo carattere trasmetteva autorevolezza e caparbietà, quella che tu non hai mai perso neppure quando le forze sono venute meno. Hai continuato a studiare, a crederci. Un esempio per ognuno. Non c’è bisogno di sforzarsi per ricordare quella settimana di primavera in cui tornasti per una settimana nel tuo amato banco del liceo; speravamo di tenerti ancora un altro poco con noi, ci auguravamo che a settembre ci saresti stata, ma non fu così.
Ricordo l’ultima volta in cui ci siamo incontrati… Eravamo sulle scale delle scuole medie, tu eri serena, però, si vedeva mille miglia che non stavi bene, abbiam parlato un poco, poi mi salutasti con un bacio sulla guancia. Rimasi colpito da quel bacio, considerando che nei mesi precedenti avevamo avuto l’indicazione di non salutarti con l’affetto che meritavi. Dopo molti anni compresi che quello fu il tuo modo per salutarmi, per salutarci. L’infinito sai cos’è? … L’irraggiungibile, fine o meta che, rincorrerai per tutta la tua vita, mai ovunque tu sarai, ovunque io sarò, non smetteremo mai…»
Un suo compagno/a di scuola.