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Home » Una Calabria che vuole rinascere: Giovani Imprenditori al centro del riscatto calabrese

Una Calabria che vuole rinascere: Giovani Imprenditori al centro del riscatto calabrese

Passione e movimento: l'impatto della danza nella crescita dei giovani

Chiara Paone di Chiara Paone
16 Dicembre 2024
in Arte e cultura, Giovani imprenditori, Senza categoria, Tiriolo
0
Una Calabria che vuole rinascere: Giovani Imprenditori al centro del riscatto calabrese
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Lo spopolamento in Calabria rappresenta una delle sfide più gravi e complesse. Negli ultimi decenni, la Regione ha visto un costante declino demografico, alimentato da una combinazione di fattori economici, sociali e culturali. L’emigrazione verso le aree più sviluppate del Paese e all’estero, in cerca di migliori opportunità lavorative, ha impoverito i patrimoni demografici locali.

Questo fenomeno è accompagnato da un invecchiamento della popolazione e dalla desertificazione di interi comuni, in particolare nelle aree montane e interne. L’abbandono delle tradizioni agricole e artigianali ha inoltre minato le fondamenta di un’economia locale già fragile.

Oggi le conseguenze dello spopolamento si riflettono su diversi aspetti della vita collettiva, tra cui la riduzione dei servizi essenziali, la perdita di identità culturale e l’erosione del tessuto sociale. Affrontare lo spopolamento in Calabria richiede interventi mirati e strategie di sviluppo sostenibile che valorizzino le risorse locali e promuovano un rinnovato interesse verso il territorio, puntando soprattutto sui giovani. Per questo motivo, “Storie di Inchiostro – Studio di Copywriting” e “ilReventino” hanno deciso di intervistare alcuni giovani imprenditori che hanno scelto di costruire il loro futuro in Calabria.

 

Oggi – grazie al lavoro di Vittoria Puleo, tirocinante di Storie di Inchiostro – abbiamo intervistato Carmen Fabiano, giovane imprenditrice, fondatrice e presidente dell’Associazione Dilettantistica “La Carmen”, il cui nome si ispira all’opera di Bizet.

Carmen decide di aprire la sua Scuola nel 2017 a Tiriolo, scuola che – oltre ad essere un punto di ritrovo e svago per i giovani ragazzi – offre la possibilità di eseguire un percorso accademico che consente di ricevere il diploma di maestre all’ottavo anno.

 La danza è una disciplina vastissima, non solo perché ne esistono molte forme, ma perché è un’arte del corpo in movimento. Praticare attività fisica fin da bambini, comporta innumerevoli benefici: tiene attivo e impegnato il bambino; aiuta a sviluppare le capacità di socializzazione; riduce il tempo passato davanti alla televisione e al computer; incoraggia la creatività; rafforza l’autostima, la sicurezza e la consapevolezza del proprio corpo, ed educa alla disciplina. Diversi studi, infatti, dimostrano che tutto ciò che il bambino apprende sarà un’esperienza che si rifletterà in età adulta.

La Calabria, pur essendo una regione relativamente piccola, ha un panorama culturale in continua crescita. Diverse sono le scuole e le accademie presenti sia nelle grandi città e sia nei centri minori, con una varietà di stili e livelli. L’imprenditoria legata alla danza è una combinazione tra passione e business, che unisce arte ed educazione. Con un approccio professionale e strategico, una scuola di danza può crescere come attività imprenditoriale e diventare un importante punto di riferimento culturale della comunità. L’unica nota dolente è che pochi sono i fondi destinati all’ambito sportivo. È molto sottovalutato e spesso le associazioni sportive vengono messe da parte o dimenticate completamente. Carmen ha usufruito solamente degli aiuti offerti dalla regione durante il periodo del Covid.

Nel corso dell’intervista, ci spiega quanto sia sottovalutato lo sport, e l’importanza e i benefici che lo stesso è in grado di offrire.

 

Quando e com’è nata l’idea di aprire la tua scuola di danza?
<<Ho iniziato danza a 6 anni, un po’ a caso, e mai avrei immaginato di farne il mio lavoro. Non era il mio obiettivo, ma la mia maestra di allora – dal momento in cui ha scelto di andar via per realizzarsi e mettere su famiglia – mi ha affidato la sua scuola de gestire. Avrei dovuto scegliere se chiudere o se continuare ad essere un punto di ritrovo. Dopo un po’ di anni ho preso la decisione di ripartire da zero, con un mio nome. È stata una scelta molto coraggiosa. Avevo già qualche allieva, ma nel corso del tempo ne sono arrivate di nuove e la scuola è cresciuta sempre di più. Mi ha motivata il fatto di aver visto bambine crescere con me, non le avrei mai abbandonate>>.

Paradossalmente nel corso del tempo sei stata allieva, assistente, e oggi sei proprietaria di una tua scuola di danza. Com’è cambiato il tuo approccio al mondo della danza?
<<È cambiato molto nel corso del tempo. Sono stata allieva, e proprio in quel momento, mi sono appassionata alla danza. Fin da piccola guardavo e ammiravo la mia maestra, infatti mi è rimasta la voglia di voler trasmettere alle mie ragazze sicurezza e dolcezza. Sono stata poi assistente, crescendo piano piano e continuando a studiare. Ora da maestra, mi rendo conto che sono cambiate le responsabilità che ho, devo essere ogni giorno da stimolo per le mie ragazze>>.

Investire in Calabria è sempre rischioso, soprattutto in un piccolo paesino e in ambito sportivo. Hai usufruito dei fondi che la regione Calabria offre ai giovani imprenditori?
<<No, se non in pieno Covid quando c’è stato il fondo per aiutare le aziende e le associazioni. Strano, perché solitamente, proprio le associazioni sportive, sono messe da parte e poco aiutate>>.

Rispetto agli altri ambiti imprenditoriali, quello inerente allo sport è un po’ sottovalutato. Dal tuo punto di vista è cambiato qualcosa o è veramente sottovalutato come sembra?
<<Purtroppo è davvero sottovalutato come sembra, quando in realtà, lo sport, è indicato per tutte le fasce d’età, ed è l’ambito su cui bisogna investire di più. Nel nostro paese però è cambiata la concezione, non solo per quanto riguarda la danza, ma per lo sport in generale. I genitori sono felici di mandare le proprie figlie a danza. La danza, come qualsiasi altro sport, è disciplina. Insegna ad essere puntuali, ad essere ordinati quando si entra in sala, a rispettare un impegno, ad avere rispetto per il gruppo. In pieno Covid siamo stati il settore più lasciato allo sbaraglio, e mi sono resa conto che ciò che avevo creato poteva svanire da un momento all’altro. Per questo motivo, ho iniziato a studiare, e a crearmi un’alternativa. È triste da ammettere>>.

Cosa si potrebbe fare per valorizzare e incentivare i giovani a investire in ambito sportivo?
<<Avere fiducia e passione. Una passione talmente grande da poterla trasmettere alle ragazze di ogni fascia d’età. Le bambine piccole non hanno il senso del dovere, vengono qui in un’età che è ancora molto prematura per capirlo, quindi i genitori devono essere i primi a crederci e a prendere l’impegno di portare le bambine. Qui, fortunatamente, non abbiamo di questi problemi, ci sono ragazze che spesso vengono un’ora prima della lezione: creano coreografie tra di loro o semplicemente guardano chi è in sala a fare lezione. Bisogna pensare di farlo per i ragazzi, lo sport è un motore. Ragazze e ragazzi hanno bisogno di questo. E poi, quando si vedono i risultati, si capisce di aver investito bene>>.

Quotidianamente ti rapporti con bambine e ragazze, e giorno dopo giorno si crea un forte legame affettivo con ognuna delle tue allieve. Come riesci a mantenere il giusto equilibrio tra la figura professionale e il legame affettivo?
<<Io non sono solo la loro maestra di danza, sono anche una psicologa o rivedono in me una sorella. Conosco le mie allieve, tante volte vedo un visino strano e io faccio di tutto per aiutarle. Mi è capitato di coinvolgere direttamente il genitore e di creare un dialogo che magari in casa a volte manca. Con me le bambine non sono mai in imbarazzo. Ogni allieva è diversa a sé, ci sono allieve che hanno bisogno di una spinta, o alcune hanno un carattere forte da non permettere di entrare nel loro mondo. Sono orgogliosa di essere un punto di riferimento, me lo dicono anche i genitori stessi. Per loro questa è una casa, non solo una scuola dove bisogna rispettare regole rigide. Sanno che c’è una divisone tra il momento del lavoro e lo svago. A volte credo di essere rigida, ma nel momento in cui iniziamo a parlare e a confrontarci capisco di fare bene il mio lavoro>>.

Insegni una disciplina che ti fa stare a contatto con diverse fasce d’età, è un continuo dare e avere. Cosa ti lasciano le tue allieve?
<<Le più piccoline mi permettono di staccare per un po’ dal mondo reale, l’ora del gioco-danza è quell’ora che ti permette di non pensare a nulla. Tutti i problemi, i pensieri e le responsabilità che si hanno a 30 anni rimangono fuori dalla sala. Bisogna dedicarsi completamente. È un momento che mi permette di entrare nella loro infanzia. Ricordo di aver avuto un’infanzia talmente felice, e quando sono con loro cerco di riviverla. Chiacchierare, sapere cosa fanno all’asilo, mi permette di rivivere il periodo più bello della mia vita. Quando sono con le più grandi, invece, mi permetto di dare loro qualche consiglio che probabilmente io non ho avuto, quindi ho io la possibilità di lasciare qualcosa. È un continuo ricambio generazionale, vedi crescere e cambiare bambine che piano piano diventano donne. Ti affezioni, si crea un legame che rimane nel tempo anche se si prendono strade diverse. Questo significa prendersi cura e contribuire alla crescita>>.

Qual è la parte più difficile nel gestire una scuola di danza?
<<La parte burocratica, le comunicazioni, l’organizzazione esterna, preparativi e permessi: mi rubano un po’ di energie perché sono da sola a gestire il tutto. In più, quando sei giovane e decidi di fare una scelta così coraggiosa, relazionarsi con i genitori e riuscire a mantenere e a garantire un livello di professionalità, non è semplice. Nel tempo, però, ci sono riuscita. È stato anche difficile decidere se crescere come scuola o rimanere ad un livello mediocre essendo in un paese. Io ho scelto di crescere, e ciò significa decidere a livello lavorativo, se una ragazza merita di fare un assolo piuttosto che un ballo di gruppo, o fare lo spettacolo di fine anno in un teatro piuttosto che in una piazza. Sono scelte che bisogna prendere. Crescere mantenendo il consenso di tutti è stato difficile>>.

Cosa pensi che la danza possa offrire a chi la pratica, a prescindere dallo svago o dall’aspetto tecnico?
<<La danza ti forma come persona, lo vedo da me stessa. Ero una bambina estremamente timida, crescendo ho imparato a stare sul palco, sia per ballare e sia per ringraziare il pubblico con un microfono in mano. Ti forma a livello di autostima, permette di relazionarsi senza avere timore della propria figura. Dà consapevolezza e sicurezza quando sali sul palco per ballare, o sei sicura, o l’ansia ti divora. È un percorso che decidi di portare a termine di anno in anno, fa capire cosa significa impegnarsi. Bisogna dare il massimo per vedersi migliori giorno dopo giorno. Non si lavora singolarmente, bisogna adeguarsi, rispettare il gruppo. Anche la disciplina, non si dimentica mai, è un’impostazione per la vita>>.

Che consiglio daresti a chi decide di investire nella propria passione e nel proprio territorio, e soprattutto a chi ha paura di non farcela? A te stessa all’inizio della tua avventura imprenditoriale, cosa ti diresti?
<<Io ho aperto la mia attività a 21 anni, sono stata un po’ incosciente per il semplice fatto che a quell’età non pensi che ci possano essere dei rischi, ti senti invincibile. A 30 anni non avrei mai fatto la stessa cosa, sarei stata piena di paure e insicurezze, avrei valutato tutto diversamente. Quindi, a me stessa, non consiglierei nulla ad oggi, se non di mantenere quell’incoscienza che mi ha dato il coraggio di fare questa scelta. Inoltre, vincendo diverse borse di studio, ho avuto la possibilità di decidere se andare fuori regione o rimanere. Il mio obiettivo non era di focalizzare tutto su me stessa, ma è stato fin da subito quello di creare un qualcosa per bambine che come me vogliono, fin da piccole, intraprendere questo percorso con serietà. Pur essendo in un paesino, scegli di offrire qualità e professionalità. Non per forza per studiare bene bisogna uscire fuori dal paese, non è giusto, è limitante. Bisogna avere coraggio e fiducia in sé stessi, altrimenti si fallisce in partenza. Bisogna liberarsi da ogni pregiudizio. Ma fondamentalmente bisogna avere fiducia anche nel territorio: senza i tiriolesi non sarei nulla, non avrei potuto creare la realtà stupenda che ho creato. Credo nella nostra terra e credo si possa apprezzare qualsiasi cosa sia in grado di
crescere grazie alle proprie potenzialità. Non bisogna arrendersi al primo ostacolo, bisogna fare tutto con la giusta passione>>.

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Chiara Paone

Chiara Paone

Giornalista Pubblicista & Copywriter. Divoratrice di storie, in costante ricerca di quelle rimaste inascoltate.

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