E’ innegabile che le scoperte recenti, effettuate a Tiriolo e relative alla messa a vista di una sontuosa costruzione la cui destinazione è tutta da scrivere, abbiano riacceso un interesse, a dir il vero mai sopito, circa la storia antica di questo centro della provincia di Catanzaro.
Una storia davvero interessante iniziata nel 1640 con il ritrovamento in territorio di Tiriolo di una tabella bronzea, il “Senatus Consultum de Bacchanalibus”, datato con certezza al 186 a.C., contenente il testo di una disposizione del Senato di Roma con la quale si proibiva la celebrazione di particolari riti legati al culto di Bacco, nei quali si poteva intravvedere “una risorgenza delle antiche caratteristiche di opposizione ai regimi organizzati” (P.G. Guzzo, I Brettii, Ed. Longanesi & C., 1989, pag. 72) da parte delle popolazioni autoctone, quali erano i Brettii.
Il caso ha voluto, come scrive ancora Guzzo, che copia dell’editto sia stata trovata a Tiriolo. Alla fine dell’iscrizione viene ricordato il luogo dell’affissione della tavoletta “in agro Teurano” e da questa espressione si deduce che la sfera di competenza non è ristretta ad una città, ma ad un intero territorio, dal latino ager = territorio (ancora P.G. Guzzo, cit.). Non sappiamo se le agitazioni dei seguaci di Bacco nel territorio “Teurano” fossero già percepite come più pericolose che altrove, ma sembra confermato che all’interno della Calabria attuale, dov’è collocata Tiriolo, le attività produttive più diffuse fossero l’agricoltura e la pastorizia, questo si conosce da alcuni passaggi in Tito Livio, e che queste rappresentassero le principali occupazioni dei Brettii. E sembra pure assai plausibile che la partecipazione di questa popolazione ai riti servisse tra l’altro ad infrangere le regole imposte da vincitori romani.

Ma non solo per questo merita, Tiriolo, la rinnovata attenzione degli specialisti e del grande pubblico. Nel secolo scorso furono realizzate varie scoperte relative a sepolture, di importanza notevole se si fa riferimento ai corredi di armi e di altri oggetti ornamentali in esse rinvenuti. Ancor nel secolo scorso, nel corso degli anni ’70-’80, sono state messe in luce diverse unità abitative, dalla pianta rettangolare, realizzate con l’utilizzo di ciottoli di fiume collegati con regolarità da ricorsi di tegole.
L’edificio messo alla luce nell’ultima campagna di scavi, del 2015, (inaugurazione area archeologica di Gianmartino, 9 aprile 2016), lascia presumere dalle dimensioni una costruzione che rappresenta un “unicum”, dal punto di vista architettonico, se riferito alla cultura materiale dei Brettii. E questa apre una serie di considerazioni sulle abitudini, rispetto a quanto fin qui conosciuto, del popolo autoctono aprendo una finestra inaspettata sulla loro capacità di adattamento al territorio. Potrebbe trattarsi ad esempio di una vera e propria area pubblica intorno alla quale si sarebbe sviluppato un centro assai rilevante nella storia politica del popolo brettio, un vero e proprio caposaldo preromano situato in uno dei punti più importanti dell’intero istmo lametino.


Il Palazzo dei Delfini, così è stato “battezzato” da alcune figure rappresentate sulle superfici portate alla luce, presentava sicuramente delle assai raffinate decorazioni, in apprezzabile stato di conservazione, è riferibile alla cultura dei Brettii ed è databile, in base alle poche informazioni attualmente disponibili, intorno al IV-III secolo a.C. . La sua destinazione non è al momento definibile con assoluta certezza, ma vari particolari, in corso di studio, lasciano ipotizzare un importante ruolo di carattere religioso. Anche queste ultime ipotesi, per ora tali, ma verisimilmente assai vicine al vero e che attendono conferma dai prossimi scavi, dagli studi in corso e da quelli successivi, ribadiscono la rilevanza del centro brettio come una dei più importanti siti preromani della Calabria.
Infine voglio proporre una modesta ipotesi di lavoro. Sicuramente saranno intercorsi rapporti tra Consentia, metropolis tòn Brettiòn, e il centro brettio che noi chiamiamo Tiriolo. Se questo è ritenuto vero, di certo si può pensare che esistesse una via interna di collegamento tra i due centri seguendo il percorso che nel futuro sarebbe stato designato come strada dei Borboni e più tardi, ai nostri giorni, come Strada Statale 19 delle due Calabrie, Citra ed Ultra, che transita da Donnici, da Rogliano, da Marzi, scendendo fino al Savuto da cui risale a Carpanzano arriva ad Agrifoglio, poi Coraci, Soveria Mannelli, S. Pietro Apostolo e finalmente giunge a Tiriolo. Se da Consentia fino a Marzi e poi da qui verso Malito e Altilia per arrivare all’attraversamento del Fiume Savuto sul cosiddetto Ponte di Annibale, o di Sant’Angelo, si è certi si tratti della Via Annia – Popilia, da Marzi in poi, passando da Soveria Mannelli fino a Tiriolo, si può ipotizzare una deviazione a servizio della Calabria più interna. D’altra parte rinvenimenti ceramici sono stati segnalati in più tratti di questo percorso interno, tra cui nelle vicinanze dell’attuale stazione delle Ferrovia della Calabria di Serrastretta – Carlopoli nella prossimità di un ponte, ora in disuso che attraversa il Corace, un fiume assai importante che sfocia nel Mar Jonio e che in questo punto si trova solo ad un chilometro di distanza dal Fiume Amato che sfocia nel Tirreno.
Potrebbe questo “suggerimento” essere preso in considerazione da un ricercatore universitario o anche da un laureando e, proprio perché io ci credo veramente, ho ritenuto di prospettarlo a due archeologi operanti in Calabria: la d.ssa Giovanna Verbicaro che ha diretto gli scavi di Tiriolo in esame ed al dott. Francesco A. Cuteri, entrambi della Sopraintendenza archeologica di Reggio Calabria.
Non resta che continuare a tener desta la nostra attenzione su quel che succede a Tiriolo ed aspettare l’inizio di nuove esplorazioni nell’area di Gianmartino le cui rivelazioni hanno aperto davvero nuovi e significativi orizzonti alla conoscenza dei Brettii e dell’intera Calabria preromana.
Breve bibliografia:
Pier Giovanni GUZZO, I Brettii, Longanesi & C: 1989, pag. 72,73,81,94,95,96,110,114,118,120 che mi corre l’obbligo di ringraziare per i suggerimenti che a suo tempo, nel lontano 1976, mi diede per presentare, presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, la mia ipotesi di ricerca che aveva ad oggetto propri i Brettii e la loro presenza nella Calabria interna.
Silvana LUPPINO, I Lucani a Petelia, ARCHIVIO STORICO PER LA CALABRIA E LA LUCANIA, Anno XXLVII, 1980
Ringraziamenti:
Giovanna VERBICARO e Ricardo STOCCO, per quanto ho ascoltato da loro a Tiriolo e quanto ho letto nelle interviste da loro rilasciate
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