Tratto dal libro Storia di Caraffa di Antonio Sciumbata e dalle ricerche storiche condotte da Orazio Cardamone e Domenico Sorrentino, raccontiamo un importante avvenimento, evento storico, avvenuto sulle foci del Fallaco affluente del fiume Corace.
Come riporta una nota pervenuta in redazione il 25 febbraio 1806, i francesi entrarono a Napoli senza ostacolo alcuno, perché il Re Ferdinando se ne era fuggito in Sicilia, dopo aver spogliato il palazzo reale e disarmato i castelli. Il principe ereditario Francesco I col fratello D. Leopoldo, presi gli altri cannoni col resto della truppa lasciata a Napoli, dal padre, fece l’accampamento in Morano nei pressi di Cosenza e formò una fortezza ad Eboli ed un altra presso il Ponte Capistrino, quivi si verificarono due attacchi e perirono molti francesi.
In Morano campo generale, quasi non si sparò un colpo e si fecero prigionieri quei soldati che non fuggirono. I soldati di Francesco I stettero sulla neve quattro giorni, il quinto giorno dell’attacco la neve cadeva a larghe falde e la nebbia era fitta cosicché si videro tutto ad un tratto addosso le truppe francesi, per cui quelli scapparono.
Il principe ereditario era partito dal campo con suo fratello due giorni prima poiché non vedeva arrivare i rinforzi, come gli aveva assicurato Pane di Grano e qualche altro ufficiale; ed anche perché aveva saputo che i francesi avevano oltrepassato il Campestrino, se ne andò in Sicilia, passando da Nicastro, Monteleone e Mileto. Alle popolazioni dei paesi per i quali egli passava, così rispondeva impassibile: “Ignoravamo noi tanta forza in tali imposizioni. Raccomandatevi al Signore e sperate un Dio”.
Passavano scompigliate le sue truppe francesi. Un corpo di ottomila uomini arrivò a Nicastro e un distaccamento si fermò a Maida, passando poi a Monteleone, a Pizzo, fino a Reggio. Dovunque l’esercito francese si accampava, tagliava ulivi ed altri alberi per il fuoco. Conseguentemente ogni tre o quattro giorni passavano colonne di 25, 40 e 100 uomini. La popolazione di Soveria Mannelli, unitamente a quella di altri paesi, formò un corpo di circa 1800 uomini. Questi ammazzavano tutti i francesi che di là passavano; ne uccisero più di 100 spogliandoli. Sennonché, alla fine, non potendo resistere alla forza sempre più crescente dei francesi suonarono le campane ed i tamburi e fuggirono.
I francesi, penetrati a Soveria Mannelli che trovarono deserta, credettero opportuno bruciarla. Il principe Giuseppe Bonaparte venne la metà di aprile passando per Soveria, non trovò che donne, le quali, genuflesse, gli chiesero perdono, ed egli perdonando tutte promise che quanto prima avrebbe provveduto alla riparazione dei danni subiti. Le sue truppe dovevano essere provviste di tutto il necessario rifornendosi dai paesi dai quali passavano. Caraffa, che dipendeva da Nicastro, fu tassata per 10 animali vaccini e per 40 tomoli di grano. Il popolo consegnò inoltre 4 carichi di fieno. Nel mese di giugno, il comandante della piazza di Nicastro, ordinò ai sindaci, parroci, sacerdoti, economi, diaconi, chierici, vescovi e monaci, si recassero a prestare giuramento di fedeltà a Giuseppe Napoleone, Augusto Sovrano. I preti pronunziarono la formula del giuramento davanti al loro vescovo e i secolari avanti il preside. La sera del 13 ottobre i carrafoti dormirono in campagna per paura dei briganti, dopo avere ciascuno trasportato nelle misura possibile il necessario.
La mattina seguente si vedevano girovagare chi da Serra di Spina, chi da Serra d’Amboli, chi da una parte chi dall’altra e così per 15 giorni. La mattina del 16 ottobre una colonna Francese di circa 212 uomini venne attraverso il Fallaco da Settingiano, ma fu respinta dai rivoluzionari di Settingiano, Tiriolo, Marcellinara e San Pietro a Maida riunitasi tutti. Subito dopo i Francesi fecero ritorno in numero maggiore, e dopo un combattimento di 15 ore andarono a Settingiano, quivi vennero loro incontro l’arciprete Brondolilli ed altri con vino e con denaro, forse 200 ducati e così li persuasero a
partirsene.