Questo è il bilancio di “Chitarre e Oltre”, il festival organizzato dalla Associazione Animula di Lamezia Terme e che, ancora una volta, ha fatto tappa nella nostra meravigliosa Abbazia di Corazzo.
Sul palco si sono avvicendati artisti di livello internazionale che hanno animato, con le loro note, questa prima metà di luglio. Quello che sta avvenendo a Corazzo è il segno di qualcosa d’importante: l’animazione dei nostri luoghi non è soltanto un semplice “far festa” ma può e deve diventare il volano per la crescita del territorio. Noi non abbiamo la Fiat, le risorse su cui possiamo puntare sono la natura e i beni culturali.
La direzione da seguire allora è quella: valorizzare ciò che abbiamo, che guardiamo ogni giorno ma che forse non vediamo più. È ciò che succede in Abbazia da qualche anno, con le attività del “Progetto Gedeone”, nato dal partenariato fra Comune di Carlopoli, Centro di Salute Mentale del Reventino e Associazione Santi Pietro e Paolo di Lamezia Terme. e apicoltura Miceli. Le visite guidate, le attività di agricoltura sociale, le escursioni, ormai sempre più frequenti, stanno tracciando una strada. Tutte queste cose rivestono un’importanza fondamentale perché, oltre a rappresentare attività importanti dal punto di vista culturale, costituiscono, nel loro insieme, un vero e proprio progetto di sviluppo del territorio. No, non stiamo giocando, come potrebbe pensare qualcuno, non ci divertiamo organizzando passeggiate o spettacoli!
Stiamo lavorando per costruire un’idea diversa di sviluppo locale. Per anni abbiamo inseguito l’idea dello sviluppo industriale, imitando anche su piccola scala, modelli lontani da noi. La conseguenza è stata disseminare l’intero territorio calabrese di impianti industriali dismessi ancor prima di essere aperti, di capannoni chiusi, di attività mai avviate, con il conseguente spreco di risorse economiche importanti. Milioni di euro spesso gettati al vento in opere pubbliche inutili, o nelle mani di pochi che non sono stati capaci di utilizzarli. La direzione da percorrere è un’altra: il turismo culturale non di massa, la valorizzazione delle risorse archeologiche e naturalistiche, la piccola ricettività, la piccola agricoltura, la collaborazione tra Enti Pubblici e Associazioni possono essere una delle chiavi per aprire la porta di un futuro sostenibile anche nelle nostre aree interne. Certo, bisogna costruire anche una mentalità nuova, abbandonare i campanilismi tra le piccole comunità (le associazioni stanno dimostrando che questo è possibile), favorire le unioni tra i Comuni che, a differenza del pensiero corrente, rafforzano l’identità territoriale. Non è l’unica strada, non abbiamo la presunzione di avere la ricetta giusta, è soltanto un’idea, un piccolo sentiero che ci piace tracciare e sul quale provare a seminare un briciolo di speranza. Tantissimo è il lavoro da fare, anche a livello educativo: non possiamo coprirci gli occhi davanti allo scempio dei rifiuti abbandonati sul ciglio delle strade e che testimoniano il disamore per la nostra terra.
Ecco, forse l’espressione più efficace è questa: innamorarsi della propria terra. Sta tutto qui, in questa banale espressione, in questo capitolo di un immaginario “bilancio immateriale” il cuore pulsante del nostro progetto.
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