Un bell’esempio di integrazione, e di una visione del mondo non a compartimenti stagni ma aperta alla cultura e alla culture plurime, ci viene dalla città di Biella, assieme a una bella notizia per tutta la nostra comunità.
Il poeta soveritano Stefano Rodofili è stato insignito del Primo Premio per la sezione dedicata alla poesia dialettale nella seconda edizione del concorso “Anima e cuore”, ideato da Alessia Zuppichiatti «per dare voce alla creatività con il linguaggio della poesia e della pittura».
Rodofili, che in questa fase della sua vita, come tanti giovani calabresi, si trova a lavorare nel Nord del Paese e precisamente in Piemonte, ha presentato al concorso appunto una poesia dialettale scritta in vernacolo soveritano.

E i giurati, hanno riconosciuto il valore della poesia di Rodofili, realizzando così questo strano connubio culturale, che forse solo l’arte poteva rendere possibile, tra Nord e Sud, tra Alpi e Appennino meridionale, tra Biella e Soveria Mannelli.
La poesia di Rodofili si intitola Nu jurnu cumu n’atru e si è meritata il Premio con la seguente motivazione:
«Nu jurnu cumu n’atru è una poesia che, attraverso un linguaggio semplice e autentico, ci permette di entrare nel quotidiano di una persona comune, con le sue emozioni, i suoi pensieri e le sue piccole riflessioni di ogni giorno. La poesia riesce a catturare l’essenza di un giorno qualunque, con tutte le sue sfumature, dalle piccole gioie alle frustrazioni, dal passare del tempo alle banalità che spesso ci accompagnano.
L’uso del dialetto rende il testo ancora più vicino e realistico, creando un ponte tra le emozioni universali e la cultura locale. La commistione tra dialetto e italiano arricchisce il racconto, rendendolo più vivido e autentico. La descrizione delle azioni quotidiane – come alzarsi, mangiare un buon piatto, osservare il cielo piovoso – ci invita a riflettere sulla semplicità e sulla bellezza di un giorno come tanti, ma anche sulla consapevolezza che ogni giorno porta con sé sfide e pensieri nascosti.

La poesia ci ricorda che anche nei momenti più monotoni o apparentemente insignificanti, c’è una poesia nascosta, un senso profondo che merita di essere riconosciuto e apprezzato.
È un bellissimo esempio di come la poesia possa nascere dalla vita di tutti i giorni, trasformando le piccole scene quotidiane in un’opera di valore».
Ed eccola la poesia, scritta il 7 ottobre 2016, che ha portato un pezzetto di Soveria Mannelli a mille chilometri di distanza, in quel profondo Nord che dimostra a volte di saper apprezzare la cultura e la creatività di un Sud che, con le sue energie più giovani e quasi sempre migliori, contribuisce spesso alla sua crescita a tutti i livelli e dunque anche culturale:
«Nu jurnu cumu n’atru
Te izi du liattu cu la capu ’mbarrata de pensiari,
e piansi: un’aju fattu nente mancu iari.
Chissà oije cu sa bella jurnata me dugnu e fare
’mbece guardi su cialu cu s’acquazzina e te vene de jliestimare.
Mintu a motu stu cerviallu cu nu cafè duce
ma parica sa capu nente produce.
A campana e mianzu jurnu vatte e sona
e me mangiu na salata ca è proprio bona.
Verso e tre minu e pendinu, e nu vecchiariallu parra sulu ’ntra sa chiazza,
pue dicenu ca a gente è nesciuta pazza.
Tri spade, tri coppa, e tri bastuni
e si sbagli jocata è miaju mu va spacchi mattuni.
All’umbruliata e saracinesche se vascianu e ognuno se ’ncasa
e io me jetterra sutta n’arberu de cerasa.
Mo ca è fatta menzanotte e passa me curcu ’ntra su liattu,
e si pensiari ca ce su e un se videnu me vattenu ’ntra u piattu.
Chiudu l’uacchi e pruavu a un ce pensare ca nu jurnu
cumu n’atru domane sa de affrontare».
Con questa sua poesia, Stefano Rodofili è riuscito a descrivere quelli che sono stati probabilmente i prodromi della sua decisione di trasferirsi al Nord per lavorare. Il senso di una vita vuota di impegni, ma nello stesso tempo ricchissima di sensazioni e contatti umani e con la natura che forse oggi costituiscono il maggior rimpianto quando è fuori e determinano la più forte voglia di tornare appena possibile: quella nostalgia che, già nell’etimologia greco-antica, chiarisce il suo senso profondo. Determinando un dolore (algia) sotterraneo e forse dissimulato, ma avendo anche una funzione consolatoria, fondendovi sempre il desiderio di tornare nel luogo in cui si è nati (nóstos).
Raffaele Cardamone

























