
Avete mai visto le streghe? Noi no, ma possiamo raccontarvi e farvi immaginare cosa fossero le “Magàre” e le loro magarìe. Più precisamente il fascino che hanno avuto in passato e che è rimasto ancora vivo grazie a dei visionari che hanno voluto rispolverare (è proprio il caso di dirlo visti i luoghi che leggenda vuole frequentati da queste strane donne) quello che era un vero e proprio culto.
Dove? Ma naturalmente, a Pittarella; piccola frazione di Pedivigliano carinissimo borgo del Savuto. Eh si perché è proprio in questa piccola località che sorge sulla valle di uno dei fiumi più cari ai Romani, che le Magàre abitavano e soprattutto, operavano. Con le loro pozioni, gli strani e sinistri oggetti, i simboli caratteristici e i riti propiziatori praticati in luoghi, come si accennava, appunto nascosti, avvolti dal mistero con grandi pentoloni, tante ragnatele e libri di formule, appunto, molto polverosi.

Leggende a parte, nel piccolo centro del basso cosentino c’è un ragazzo di 40 anni – come cantava Mario Venuti qualche anno fa – Andrea Barbiero, che con le sue visioni a lunga gittata e la sua tenacia e resilienza, ha creato un posto, Magarìa, dove si racconta la storia di Pittarella. E questo particolarissimo percorso di ri-scoperta Andrea lo ha compiuto insieme ad un personaggio unico di questi luoghi, Ovvero l’ultimo artista scultore della Valle del Savuto, Nicola Di Domenico che ha lasciato traccia della sua bravura e la sua creatività in vari borghi del cosentino.
SEGNI E SIMBOLI
Ma addentriamoci in questo affascinante e magico viaggio a ritroso in una realtà dove il tempo sembra essere trascorso meno velocemente.

Andrea ha cercato di rispettare quello che ha trovato al momento di rilevare la struttura nella quale sorge Magarìa che è un’oasi di creatività e innovazione proprio nel rispetto della liturgia degli speakeasy e dell’immenso mondo della mixology. E la creatività è di casa a cominciare dal logo, ovvero il quarto di luna e le due stelle, simboli emersi e recuperati durante la sistemazione degli ambienti. Sono stati trovati sulla soglia di ingresso e hanno subito colpito Barberio che li ha voluti fortemente per rappresentare il marchio ufficiale del brand Magarìa, realizzato dal bravissimo grafico Andrea Caligiuri. Successivamente, anche l’artista Massimo Sirelli (nella foto in evidenza con Andrea Barbiero), in una estemporanea visita da Andrea, ha voluto donare al locale una creazione davvero easy con lo stesso tema, simbolo del locale.
OCCHIO, MALOCCHIO…
Magàre uguale misture, intrugli, pozioni. E così Magarìa, sempre per non tradire il suo know how, è sostanzialmente questo: cocktail, miscugli, miscelazioni di spirits di alto profilo ed erbe del territorio che, incorniciati in accattivanti story telling dedicate a queste figure così misteriose e affascinanti, fanno di questo posto un unicum. Pittarella, del resto, è il luogo per antonomasia delle magàre; “proprio dove nascono e dove svolgevano la loro attività – ci dice Andrea – e che quando diventavano un po’, diciamo, “ingombranti”, venivano esiliate nella vicina Villanova, altra frazione di Pedivigliano”. Fra l’altro, segnaliamo che di questo fenomeno così diffuso in tempi passati, si è occupata anche l’emittente calabrese Video Calabria nella prima puntata del programma Strane Storie.

IL GIARDINO INCANTATO O MEGLIO…«SPIRIT GARDEN»

Saranno pure leggende, per dirla alla paesana «fhattariaddri», ovvero storie inventate, ma fino a che punto? Su certe cose la gente del luogo non ci scherza, anzi. Ed è così che Barbiero riesce a creare dei veri e propri tour staccando il biglietto all’ingresso dello Spirit Garden, un giardino meravigliosamente addobbato da coloratissimi agrumi e argentei ulivi, che ha nel nome tutta la sua potenza. Un nome trivalente se pensiamo che lo “spirit” può essere inteso come distillato per drink o essere immateriale o ancora un racconto divertente, spiritoso appunto. E questa straordinaria versatilità non poteva che fondersi con l’eterea Valle del Savuto, scenario ideale per dei percorsi di fantasia che sembrano materializzarsi davanti agli occhi dei visitatori, letteralmente rapiti dalla malìa del luogo e dalla voce di Andrea, visionario architetto di castelli in aria, dalle cui torri è possibile vedere ciò che non si vede da nessun’altra parte e che apparentemente non esiste.
UN POSTO NEL CUORE DEL BORGO ANTICO
Quando si arriva a Pittarella non si nota nulla, non c’è niente che faccia presagire l’esistenza di Magarìa. Perché? Non un cartello, non la benché minima indicazione; unico indizio: da qualche parte nel Savuto. È presto detto. Anzi a raccontarcelo è proprio Andrea. “Il nostro luogo deve restare avvolto nel mistero, ma non per creare chissà quale suspence, semplicemente perché prima di arrivare da noi, il visitatore deve conoscere ed entrare in contatto diretto con Pittarella. “Costretto” a chiedersi – e ora? Che faccio? dove vado? Gli si apre il cuore quando comincerà a vedere qualche anziano seduto davanti al portone di casa lungo le strade in pietra del centro storico, unica stella polare, unica possibilità di raggiungere l’agognata meta. Così – spiega ancora Barbiero – avrà vissuto anch’egli, se pur per poco, questi luoghi; avrà avuto il tempo per ammirarli, per gustarli meglio e non con il solito mordi e fuggi. Perché ne vale la pena”.
PRIMO PASSO

Magarìa, però, è solo il primo passo di un percorso che porta molto più lontano. “Pittarella deve essere prima di tutto scoperta – spiega Barberio-. È d’obbligo, come si accennava, entrare a contatto con la sua meravigliosa e impagabile umanità fatta di persone anziane, che, forse proprio per il fatto che il tempo è trascorso un po’ più lentamente, arrivano spesso a tagliare il traguardo dei “100” e che sono un’enciclopedia viva da consultare sfogliandone l’anima attraverso i loro racconti, gli aneddoti, la vita passata a curare e custodire questi luoghi meravigliosi. Da qui, la tappa quasi obbligata, di creare un albergo diffuso per riqualificare il borgo con le sue antiche dimore, il suo prezioso “civatu” (le pietruzze con cui, pazientemente, venivano costruite un tempo le abitazioni ndr) e ridare vita alla memoria storica di una frazione che riprende vita e si rianima di un nuovo soffio, di una moderna antichità fatta di persone non ingombranti, ma partecipi e di una «restanza» per dirla con le parole dell’antropologo Vito Teti, non zavorra, bensì lucciola che delicatamente si posa su questi luoghi e li riaccende, li fa ardere di nuova fiamma”.
Insomma Pittarella è, rifacendosi al suo nome, l’impasto che lievita e, piano piano, cresce e si trasforma in quel meraviglioso e fragrante prodotto che ci nutre dalla notte dei tempi. Ma questa è un’altra storia che, sicuramente, vi racconteremo…


Avete mai visto le streghe? Noi no, ma possiamo raccontarvi e farvi immaginare cosa fossero le “Magàre” e le loro magarìe. Più precisamente il fascino che hanno avuto in passato e che è rimasto ancora vivo grazie a dei visionari che hanno voluto rispolverare (è proprio il caso di dirlo visti i luoghi che leggenda vuole frequentati da queste strane donne) quello che era un vero e proprio culto.
Dove? Ma naturalmente, a Pittarella; piccola frazione di Pedivigliano carinissimo borgo del Savuto. Eh si perché è proprio in questa piccola località che sorge sulla valle di uno dei fiumi più cari ai Romani, che le Magàre abitavano e soprattutto, operavano. Con le loro pozioni, gli strani e sinistri oggetti, i simboli caratteristici e i riti propiziatori praticati in luoghi, come si accennava, appunto nascosti, avvolti dal mistero con grandi pentoloni, tante ragnatele e libri di formule, appunto, molto polverosi.

Leggende a parte, nel piccolo centro del basso cosentino c’è un ragazzo di 40 anni – come cantava Mario Venuti qualche anno fa – Andrea Barbiero, che con le sue visioni a lunga gittata e la sua tenacia e resilienza, ha creato un posto, Magarìa, dove si racconta la storia di Pittarella. E questo particolarissimo percorso di ri-scoperta Andrea lo ha compiuto insieme ad un personaggio unico di questi luoghi, Ovvero l’ultimo artista scultore della Valle del Savuto, Nicola Di Domenico che ha lasciato traccia della sua bravura e la sua creatività in vari borghi del cosentino.
SEGNI E SIMBOLI
Ma addentriamoci in questo affascinante e magico viaggio a ritroso in una realtà dove il tempo sembra essere trascorso meno velocemente.

Andrea ha cercato di rispettare quello che ha trovato al momento di rilevare la struttura nella quale sorge Magarìa che è un’oasi di creatività e innovazione proprio nel rispetto della liturgia degli speakeasy e dell’immenso mondo della mixology. E la creatività è di casa a cominciare dal logo, ovvero il quarto di luna e le due stelle, simboli emersi e recuperati durante la sistemazione degli ambienti. Sono stati trovati sulla soglia di ingresso e hanno subito colpito Barberio che li ha voluti fortemente per rappresentare il marchio ufficiale del brand Magarìa, realizzato dal bravissimo grafico Andrea Caligiuri. Successivamente, anche l’artista Massimo Sirelli (nella foto in evidenza con Andrea Barbiero), in una estemporanea visita da Andrea, ha voluto donare al locale una creazione davvero easy con lo stesso tema, simbolo del locale.
OCCHIO, MALOCCHIO…
Magàre uguale misture, intrugli, pozioni. E così Magarìa, sempre per non tradire il suo know how, è sostanzialmente questo: cocktail, miscugli, miscelazioni di spirits di alto profilo ed erbe del territorio che, incorniciati in accattivanti story telling dedicate a queste figure così misteriose e affascinanti, fanno di questo posto un unicum. Pittarella, del resto, è il luogo per antonomasia delle magàre; “proprio dove nascono e dove svolgevano la loro attività – ci dice Andrea – e che quando diventavano un po’, diciamo, “ingombranti”, venivano esiliate nella vicina Villanova, altra frazione di Pedivigliano”. Fra l’altro, segnaliamo che di questo fenomeno così diffuso in tempi passati, si è occupata anche l’emittente calabrese Video Calabria nella prima puntata del programma Strane Storie.

IL GIARDINO INCANTATO O MEGLIO…«SPIRIT GARDEN»

Saranno pure leggende, per dirla alla paesana «fhattariaddri», ovvero storie inventate, ma fino a che punto? Su certe cose la gente del luogo non ci scherza, anzi. Ed è così che Barbiero riesce a creare dei veri e propri tour staccando il biglietto all’ingresso dello Spirit Garden, un giardino meravigliosamente addobbato da coloratissimi agrumi e argentei ulivi, che ha nel nome tutta la sua potenza. Un nome trivalente se pensiamo che lo “spirit” può essere inteso come distillato per drink o essere immateriale o ancora un racconto divertente, spiritoso appunto. E questa straordinaria versatilità non poteva che fondersi con l’eterea Valle del Savuto, scenario ideale per dei percorsi di fantasia che sembrano materializzarsi davanti agli occhi dei visitatori, letteralmente rapiti dalla malìa del luogo e dalla voce di Andrea, visionario architetto di castelli in aria, dalle cui torri è possibile vedere ciò che non si vede da nessun’altra parte e che apparentemente non esiste.
UN POSTO NEL CUORE DEL BORGO ANTICO
Quando si arriva a Pittarella non si nota nulla, non c’è niente che faccia presagire l’esistenza di Magarìa. Perché? Non un cartello, non la benché minima indicazione; unico indizio: da qualche parte nel Savuto. È presto detto. Anzi a raccontarcelo è proprio Andrea. “Il nostro luogo deve restare avvolto nel mistero, ma non per creare chissà quale suspence, semplicemente perché prima di arrivare da noi, il visitatore deve conoscere ed entrare in contatto diretto con Pittarella. “Costretto” a chiedersi – e ora? Che faccio? dove vado? Gli si apre il cuore quando comincerà a vedere qualche anziano seduto davanti al portone di casa lungo le strade in pietra del centro storico, unica stella polare, unica possibilità di raggiungere l’agognata meta. Così – spiega ancora Barbiero – avrà vissuto anch’egli, se pur per poco, questi luoghi; avrà avuto il tempo per ammirarli, per gustarli meglio e non con il solito mordi e fuggi. Perché ne vale la pena”.
PRIMO PASSO

Magarìa, però, è solo il primo passo di un percorso che porta molto più lontano. “Pittarella deve essere prima di tutto scoperta – spiega Barberio-. È d’obbligo, come si accennava, entrare a contatto con la sua meravigliosa e impagabile umanità fatta di persone anziane, che, forse proprio per il fatto che il tempo è trascorso un po’ più lentamente, arrivano spesso a tagliare il traguardo dei “100” e che sono un’enciclopedia viva da consultare sfogliandone l’anima attraverso i loro racconti, gli aneddoti, la vita passata a curare e custodire questi luoghi meravigliosi. Da qui, la tappa quasi obbligata, di creare un albergo diffuso per riqualificare il borgo con le sue antiche dimore, il suo prezioso “civatu” (le pietruzze con cui, pazientemente, venivano costruite un tempo le abitazioni ndr) e ridare vita alla memoria storica di una frazione che riprende vita e si rianima di un nuovo soffio, di una moderna antichità fatta di persone non ingombranti, ma partecipi e di una «restanza» per dirla con le parole dell’antropologo Vito Teti, non zavorra, bensì lucciola che delicatamente si posa su questi luoghi e li riaccende, li fa ardere di nuova fiamma”.
Insomma Pittarella è, rifacendosi al suo nome, l’impasto che lievita e, piano piano, cresce e si trasforma in quel meraviglioso e fragrante prodotto che ci nutre dalla notte dei tempi. Ma questa è un’altra storia che, sicuramente, vi racconteremo…
