Soveria Mannelli, Decollatura, Carlopoli, Panettieri, Bianchi, Colosimi, Serrastretta sono paesi montani. Posti tra il gruppo del Reventino e la Sila Piccola sono piccoli stabilimenti che raggiungono al massimo 3000 abitanti e sono posti tra i 750M di altezza e i 950M.
Il clima è fresco in ogni stagione, estati tiepide, calde di giorno ma sempre gradevoli di notte, d’inverno fa abbastanza freddo a causa dell’altitudine e della posizione lontana dall’influsso mitigatore del mare. La neve non è frequentissima ma si vede ogni inverno, l’estate è abbastanza secca, ma nel complesso il clima è umido e piovoso grazie alle frequenti perturbazioni in arrivo sia dal Tirreno. Grazie a queste caratteristiche climatiche, alle montagne non troppo scoscese che li circondano, il verde la fa da padrone. I sottoboschi poi sono ricchissimi di specie fungine, e la flora e la fauna abbonda (tra volpi, cinghiali, ricci, tassi, ecc.).
Insomma, sono tipici paesi appenninici, seppur di un appennino molto meridionale quale quello Calabro, di cui condividono tutte le difficoltà innanzitutto demografiche. La popolazione infatti è in forte declino, a causa della cronica assenza di posti di lavoro, che dopo il boom degli anni ’70 e ’80 è andata sempre scemando con la crisi dell’interventismo statale che tagliando i servizi pubblici ha decurtato quella che era una delle maggiori fonti di reddito e di lavoro nella zona. Ad esempio, l’ospedale di Soveria Mannelli è stato sempre di più ridimensionato, con conseguente emorragia sia di lavoratori ospedalieri che di quelli legati all’indotto. Solo la centrale dei carabinieri assicura ora l’afflusso di nuovi redditi e lavoratori. Con conseguenti matrimoni e quindi relativo ripopolamento delle scuole, anch’esse in crisi data la penuria di nuovi piccoli allievi.
Ma ciò nonostante tra Soveria e Decollatura sono presenti ancora un Istituto Tecnico Industriale, un Liceo Scientifico, e un Istituto professionale per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. Fattore importante e di indubbia utilità dato che le scuole più vicine distano almeno 30-40 minuti dal circondario. Discorso simile si potrebbe fare per l’ospedale, che seppur ridotto rimane un presidio indispensabile per le popolazioni locali. Naturalmente sono presenti anche piccole e medie imprese, agricole e manifatturiere, ed esercizi commerciali. Il che rende questo piccolo angolo di Calabria una realtà abbastanza vivibile e per certi versi autonoma rispetto al contesto, anche se recenti fatti di sangue hanno gettato una luce sinistra su paesi che erano abituati a una relativa calma, esenti da qualsiasi fatto di cronaca nera.
Un capitolo particolare per questo breve excursus lo meritano i giovani e la loro condizione. Purtroppo, data la penuria dei posti di lavoro e di occasioni, che chiamerei esistenziali ed esperienziali, richiamati anche dalle sempre vive sirene del successo e da quelle per l’ignoto, molti di loro abbandonano i paesi nativi. Questo è un fenomeno, oltre che antropologicamente molto pericoloso, perché rischia di svuotare definitivamente i paesi decretandone la morte demografica, triste, da un punto di vista etico e morale. È triste innanzitutto perché è una dinamica propria dei paesi poveri e in declino, è triste perché nonostante se ne abbia consapevolezza non si riesce a fare niente per eliminarlo.
Un giovane dovrebbe avere la possibilità di nascere in un luogo se non ricco, almeno vitale, che gli dia gli strumenti per poter decidere autonomamente se restare o partire. Se ciò non avviene è chiaro che la responsabilità va annoverata sia alle decisioni politiche di livello macro e micro, ma anche al grado di cooperazione e di investimento sul futuro che le generazioni precedenti hanno fatto. Quindi se da un lato si è basato lo sviluppo troppo su modelli di tipo assistenzialistico, dall’altro la mancanza di servizi, specie di trasporto, determinata da scelte politiche sbagliate, ha determinato gravi perdite, e un ritardo direi quasi insanabile con il resto del Paese Italia.
Ciò nonostante ci sono stati tentativi sia imprenditoriali che associazionisti per rivitalizzare il territorio, ma appaiono ancora troppo deboli e isolati. Forse perché l’obbiettivo numero uno sarebbe quello di creare sapere e di condividerlo. Creare cooperazione, creare apertura e rapporti basati sulla fiducia e il rispetto, laddove forse regna troppo l’individualismo. Dinamica questa che, se nel breve periodo può a qualcuno portare giovamento, ma nel lungo periodo impoverendo il territorio, non farà che ripercuotersi anche verso chi all’inizio ne ha tratto giovamento. Per queste ragioni il sapere e la cultura dovrebbero essere messi al centro non solo dell’agenda politica ma dell’agire concreto di tutti. Nella speranza che non sia oramai troppo tardi, affidiamoci alla cooperazione tra le generazioni, all’ottimismo attivo, all’operatività, al pragmatismo illuminato e solidale. E forse qualcosa accadrà. Di certo ci avremo provato.
di Davide De Grazia