La coltivazione dell’olivo in Calabria interessa oggi oltre 180.000 ettari ripartiti tra 138.000 aziende, con un’ampiezza media di 1,3 ha, sinonimo di un elevato grado di frammentazione strutturale, comune all’olivicoltura nazionale.
Il 48,5% della superficie appartiene ad aziende inferiori ai 5 ha della SAU (superficie agricola utilizzata) complessiva, pari all’84% del totale e nel 74,2% di queste l’olivo è coltivato su meno di 2 ha. In Calabria il 70% delle aziende agricole è interessato da questa coltura e il 75% della superficie olivetata ricade in aziende che sono classificate a olivicoltura specializzata, con livelli più bassi in provincia di Cosenza (84%) e più elevati in quelle di Catanzaro, Vibo Valentia e Crotone (96%).
Riguardo alla collocazione altimetrica, solo l’8% degli impianti olivicoli ricade in zone di pianura, mentre la gran parte è localizzata in collina (75,8%) e parte in montagna (16,2%).
Ma il settore dell’olivicoltura rappresenta, per la Calabria, grande importanza non solo dal punto di vista economico, essendo la seconda regione in termini di produttività, ma anche come patrimonio varietale da tutelare e valorizzare. Sono oltre 30, infatti, le cultivar autoctone presenti, di cui le più diffuse sono: Carolea, Tondina, Roggianella, Cassanese, Moresca, Grossa di Gerace, Ottobratica, Dolce di Rossano e Sinopolese. Sono diffuse, inoltre, pregiate varietà alloctone quali Frantoio, Leccino, Coratina e Nocellara del Belice. Le DOP riconosciute sono 3, cioè:
Lametia, in provincia di Catanzaro
Bruzio, con 4 specifiche geografiche, Sibaritide, Fascia Prepollinica, Valle del Crati, Colline Joniche Presilane, tutte in provincia di Cosenza
Alto Crotonese
C’è da dire, che in questo momento l’olio calabrese sta subendo una notevole crisi di mercato, dovuta sia ad una mancata politica di marketing utile ad identificare la grande qualità dell’olio calabro. E sia ad una concorrenza, basata sui minori costi di produzione, da parte di paesi come Marcocco, Tunisia, Spagna, Grecia.
Per intenderci, l’olio che troviamo nei supermercati, il cosiddetto olio da “scaffale”, in gran parte proviene proprio da questi paesi, che rispetto a qualità, non ha nulla a che vedere con quello prodotto in Calabria.
Noi, invitiamo a mangiare sano, quindi, a consumare olio calabrese ed ignorare quello venduto a pochi euro la bottiglia.
Sotto video trasmissione Turismo Verde – Le fasi di produzione dell’olio d’oliva.