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Home » Il mistero di Terina

Il mistero di Terina

Armando Orlando di Armando Orlando
7 Novembre 2017
in CULTURA&SPETTACOLI
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Il mistero di Terina
1.7k
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Si è sempre parlato di Terina ubicata a Nocera Terinese, sul Piano detto appunto della Tirena.

Terina, antica città della Magna Grecia, ricca di vicende storiche, di leggende, di racconti mitici, citata da scrittori di ogni tempo e di ogni luogo. Come Licofrone nella sua “Alexandra”, per esempio, il poeta greco nato intorno al 320 avanti Cristo e vissuto ad Alessandria, la capitale dell’Egitto ellenistico fondata da Alessandro Magno.

Essa vanta una fondazione mitologica che ci riporta al tempo degli Ausoni e degli Enotri, popolazioni italiche che abitano la Calabria prima dell’arrivo dei Greci. Una teoria elaborata da Stefano di Bisanzio nel VI secolo e seguita da Orazio Lupis, insegnante di storia e poi rettore del Real Collegio di Catanzaro nel 1808. Sul centro primordiale di nascita ausonica o enotria giungono i Greci, e poi subentra la colonizzazione da parte di Crotone.

«Il pianoro […] era abitato nel corso del VI secolo a.C. in pianta stabile. Si trattava, molto probabilmente, di un insediamento di capanne in argilla e legno; in loco venivano fabbricati vasi di tipo greco a pareti sottili e con argilla ben depurata, il che fa supporre la presenza di figuli greci o almeno una classe artigiana fortemente “acculturata”, fenomeno questo di ben altro rilievo rispetto a fenomeni di semplici importazioni di materiale greco in ambito indigeno», scrive Nazzarena Valenza Mele.

Dell’esistenza di «una fase arcaica ascrivibile per ora alla seconda metà del VI sec.» parla la Soprintendente Elena Lattanzi nel comunicato finale redatto a conclusione della campagna di scavi del 1982 sul Piano della Tirena. Nello stesso comunicato si scrive, inoltre, che ricognizioni e scavo «hanno perciò confermato l’esistenza di un abitato fortificato, databile nella sua fase principale alla metà del IV secolo a.C.»   

Riepiloghiamo. Il primo insediamento urbano sul Piano di Tirena risale al 550-500 prima di Cristo, mentre intorno al 350 a.C. è attestata «la presenza di un abitato urbanisticamente regolare». Ulteriori indagini e ricerche confermano presenze ellenistiche e romane ed evidenziano l’esistenza di edifici, attività artigianali e cinte murarie. Altri scavi apportano elementi innovativi riguardo ad un abitato brettio che si orienta su un asse stradale e che denota un’organizzazione urbanistica regolare, mentre l’aver individuato un’area inte­ressata dal crollo di un tetto ha consentito di verificare varie fasi di occupazione del territorio.

Il Piano è un’altura vicina al mare, che si erge nella bassa valle del fiume Savuto tra le province di Catanzaro e Cosenza; lambito ai lati da due fiumi (Savuto e Grande), è collegato verso l’interno e verso l’abitato di Nocera da una breve sella di terreno e dalla collinetta di Portavecchia.

Ed è proprio in quella località – a Portavecchia – che gli ultimi lavori di ampliamento dell’autostrada consentono di effettuare una delle più importanti scoperte archeologiche della Calabria degli ultimi tempi; notizia riportata in prima pagina su «il Quotidiano» dell’1 novembre 2009: un centinaio di tombe che mettono in luce una necropoli di età greca.

«Il ritrovamento è importante perché potrebbe costituire il tassello mancante che permetterebbe di porre la parola fine sull’esatta ubicazione dell’antica città greca di Terina, la quale per secoli è stata ubicata a Nocera Terinese, sul Piano detto di Tirena», scrive «Calabria Ora» il 30 novembre 2009. E «Gazzetta del Sud» del 4 dicembre 2009 titola: Antica Terina, tutti i reperti archiviati in gran fretta. Ma una volta che sarà costruita l’A3 nessuno saprà se nel sito c’è dell’altro.

Parole profetiche, quelle della Gazzetta. Sempre nel 2009, la Soprintendenza promette un incontro pubblico alla conclusione dei lavori, «quando il quadro interpretativo dei dati raccolti potrà essere il più possibile attendibile, utile a una corretta ricostruzione delle dinamiche insediative e storiche del territorio». Passano otto anni, e non trapelano notizie circa il contenuto delle tombe. Nulla sulle prospezioni geofisiche di tipo archeologico, nulla sui sondaggi stratigrafici, nulla sulla raccolta dei dati «che consentiranno una migliore conoscenza storica del territorio e una puntuale ricostruzione del paesaggio antico, nelle sue più diverse sfaccettature dalle tipologie insediative alle aree necropolari, dallo sfruttamento del territorio alla circolazione e agli scambi commerciali».

Un mistero, insomma. Un mistero che alimenta sospetti e non giova alla ricerca della verità storica. Un silenzio che preoccupa e confonde gli studiosi della materia, interessati anche alle vicende di un’altra città antica, Temesa, la città italica citata da Omero nell’Odissea.

Parlare di Temesa all’interno di una riflessione su Terina non è casuale, perché – come ha annotato Giuliana D. Massaro dell’Università di Perugia – le due città sono avvicinate da motivi storici e perché spesso l’ubicazione dell’una in determinati siti esclude quella dell’altra.

Una città – Temesa – che presenta uno straordinaria mobilità dell’abitato, che gli “accademici” così descrivono: 1) nella fase protostorica e alto-arcaica l’insediamento urbano, strutturato in capanne ricavate nell’arenaria, si trova a Serra d’Aiello; 2) nel VI secolo a.C. il baricentro si sposta verso il mare e a partire dal 550 a.C. la Temesa che sta sulla dorsale di Serra d’Aiello (quella omerica) si sviluppa attorno a Imbelli con insediamenti di piccole dimensioni, e occupa il territorio in modo sparso sotto il controllo di Sibari; 3) nel 510 a.C. Sibari è distrutta e Temesa passa sotto il controllo di Crotone, che trasforma gli insediamenti sparsi in città organizzata dal punto di vista politico e istituzionale con sede a Campora S. Giovanni; 4) intorno al 470 a.C. crolla il tempio di Imbelli, Temesa cade sotto il dominio di Locri, e mentre il suo territorio è abbandonato Crotone colonizza Terina; 5) la fase ellenistica e romana vede gli insediamenti che fanno capo a Temesa parcellizzati tra i fiumi Oliva e Torbido, con un centro urbano egemone organizzato sul Piano di Tirena, che intorno al 360 a.C. diventa l’abitato italico della Temesa caduta nelle mani dei Brettii, per diventare poi sede della Tempsa romana.

A questo punto sorgono le prime domande: «Qual è la città che si è sviluppata sul Piano di Nocera? Temesa oppure Terina?». E inoltre: «Se il Piano è abitato fin dal VI secolo a.C., nello stesso periodo in cui Temesa non è ancora “scesa” a Campora e si articola in piccoli insediamenti sparsi attorno a Imbelli e sotto il controllo di Sibari, a quale città appartengono gli abitanti stessi del Piano nel VI secolo?».

Per quanto riguarda la collocazione di Terina sul Piano, c’è una letteratura antica che arriva fino a François Lenormant, l’archeologo che giunge in Calabria nel 1881 e a Nocera si ferma poche ore, ospite della famiglia Ventura. Egli non visita il Piano, ma lo osserva da lontano, da Campodorato, e successivamente, nei suoi scritti, si sofferma – è vero – sull’ubicazione di Terina a S. Eufemia Lamezia, però precisa «non credo che senza far degli scavi si possa mai perve­nire ad una certezza assoluta». E poi, riferendosi a S. Eufemia, dice che «fra le località antiche che si conoscono, questa è quella che possiede in maggior grado le condizioni necessarie per essere identificata per Terina; ma non si saprebbe andare oltre ad una semplice probabilità…».

Quindi, Terina a S. Eufemia è per Lenormant «una semplice probabilità». E anche se si chiama in soccorso Paolo Orsi, non si possono dimenticare le parole dell’archeologo trentino, quando scrive: «A tirar la somma, io sono di avviso che molte e gravi ragioni mili­tino a favore di Terina-S. Eufemia V., sebbene molto ancora si debba attendere per averne la prova definitiva».

E invece con baldanza un quotidiano calabrese – «il Domani» – l’8 agosto 2006 scrive: «Per quanto riguarda il sito archeologico di Terina, esso è ubicato a Sant’Eufemia Vetere, tra Lamezia ovest e Lamezia sud ed è qui che è stata rinvenuta la città greca…».

«Rinvenuta la città greca? Quando? Come? Da chi?», scrive un anno dopo Adriano Macchione, il quale prosegue: «Che Terina sorgesse nel Lametino è asserzione di studiosi moderni, tra l’altro non suffragata da nessuna prova […] Tutti i grandi scrittori, geografi e storici del passato, fino al 1882, anno della pubblicazione dell’opera di Lenormant, ritennero Terina ubicata sul Piano di Tirena».

È dunque vero? Il sito di Terina è stato “spostato” nella piana di Sant’Eufemia Lamezia solo di recente (per motivi che ignoriamo) e le numerose e significative testimonianze archeologiche restituite dal Piano di Nocera sono da attribuire alla città di Temesa?

Non sono interrogativi di poco conto. Sono interrogativi che attendono risposte. A quale città appartiene la necropoli di età greca scoperta nel 2009 in località di Portavecchia a Nocera e attribuita al IV o V secolo avanti Cristo? Se i ritrovamenti riportano a Temesa, perché non si dice? Perché non è ancora avvenuto l’incontro tra Soprintendenza e cittadinanza per presentare i reperti trovati nelle tombe e illustrarne il significato? E non finisce qui. Che fine ha fatto il cinturone con medaglione prelevato nel 2008 da una tomba con lo scheletro senza cranio scoperta in località Timpa delle Vigne? E dove sono andati a finire gli oggetti prelevati nelle numerose tombe scoperte e indagate in località Fabiano, sulla strada che da Portavecchia arriva a San Mango d’Aquino?

Possibile che non si trovi uno scrittore titolato, un professore di storia curioso, un accademico coraggioso disposto a pensare che le tombe di Portavecchia potrebbero portare un barlume di luce (e forse accendere i riflettori) sulla discussione riguardante l’ubicazione della città di Terina?  

Come vedete, il mistero su Terina attraversa i secoli e giunge fino a noi. Sì, fino a noi. Su «il Lametino» del 18 Luglio 2017 leggiamo: «A nemmeno un anno dalla grande inaugurazione, gli scavi di Terina, in località Iardini Renda a Sant’Eufemia Vetere, giacciono nel più completo abbandono. 3.500 metri quadrati ricoperti da erbacce, cancello sbarrato e nessuna possibilità di effettuare delle visite guidate».

Pochi giorni dopo, il 4 agosto 2017, Manlio Lilli, su «il Fatto Quotidiano», riprende l’articolo di Alessandra Renda e dice: «Gli scavi dei quali parla sono quelli presso Sant’Eufemia Vetere, territorio di Lamezia Terme, nel sito della città antica di Terina, fondata nel V sec. a.C. A guardare dall’esterno si fa fatica a riconoscere il progettato parco archeologico. Se non fosse per il cartello “scavi archeologici (Terina)” che spunta dalla vegetazione, lungo la recinzione e, soprattutto, per quell’altro sul cancello d’ingresso che informa sulle azioni realizzate e sul tipo d’intervento. Si può leggere “Parco archeologico di Terina, scavo, restauro e valorizzazione. Azioni per la tutela, la messa a sistema, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale della Calabria costituito dalle Aree e dalle Fortificazioni Militari, dalle aree e dalle strutture di archeologia”. Si tratta di uno degli interventi del Programma Operativo Regione Calabria FESR 2007/2013, finanziato con un milione di euro nel maggio 2012…».

E tutto è compiuto. I soldi sono arrivati, il Parco Archeologico è stato realizzato, gli Euro sono stati spesi (tra l’altro, 15mila euro sono andati per la “Realizzazione di un sistema informativo per la promozione e la fruizione del patrimonio archeologico del parco archeologico”), l’intera area è ora invasa da sterpaglie… e le oltre cento tombe venute alla luce in località Portavecchia di Nocera Terinese attendono ancora di essere spiegate.

di Armando Orlando

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