“Già, la Calabria. Che ne sapeva, lei, di quel finibus terrae? Erano diretti verso l’ultimo lembo della penisola, che sfoggiava un curioso restringimento a metà, disegnato dai golfi simmetrici di Sant’Eufemia e Squillace: il vitino da vespa di una bella donna.”
È la Calabria la bella donna in cui si svolge Il figlio del mare, l’ultimo romanzo di Eliana Iorfida, edito dalla casa editrice calabrese Pellegrini.
Protagonista dell’opera – basata sulla struttura della tragedia greca, con episodi e stasimi – è Bianca, una ragazza sventurata, unica abitante del suo mondo sospeso, contro cui un giorno qualcuno decide di usare violenza, forte della fragilità della giovane e di quella terra fatta di silenzio e destini segnati.
Un romanzo che, partendo dai primi anni Ottanta, ci conduce ai giorni nostri, alla ricerca di una verità dimenticata nel tempo, di parole troppo a lungo coperte dallo sciabordio del mare.
Trama
L’alba sullo Ionio calabrese sorprende Bianca in spiaggia. La ragazzina si è addormentata vergine per risvegliarsi, violata, in uno scenario surreale. È stata un’onda a deporle in grembo la perla di una nuova vita? Quel figlio della marea sarà per tutti Jo, pronunciato all’americana da chi non conosce il vero nome del bambino, lo stesso del mare che sembra averlo generato. Sarà un viaggio di ritorno in Calabria, a trent’anni di distanza da quel mattino, a svelare i segreti di una vita trascorsa lontano, nell’oblio.
Un viaggio nella memoria, che attraversa l’Italia e il dolore di un bambino divenuto adulto troppo in fretta. Un tuffo nel passato, tra le braccia di una terra che sa essere madre e matrigna; dove la vita resiste, chiama nuova vita e combatte, tenace come le ginestre piegate dal grecale. La terra delle origini narrata come archetipo di se stessa, “luogo non-luogo”, spazio geografico e immaginifico. Una storia declinata secondo l’impalcatura della tragedia greca, dove la prosa dei capitoli intreccia la lirica degli interventi corali.
Antonio Pagliuso