“La Storia siamo noi!” Così proclamava qualche anno fa il cantautore e poeta Francesco De Gregori. E Giovanni Petronio ha voluto raccontarla, la Storia con la S maiuscola, soprattutto ricostruendo minuziosamente le storie personali di quelli che sono stati coinvolti nel disastro ferroviario della Fiumarella, un tragico evento più grande di tutti loro e di ogni loro singolo destino.
Lo ha fatto nel libro “I ragazzi della Fiumarella, un disastro ferroviario a colori”, che finalmente colma un’imperdonabile lacuna, una sorta di rimozione collettiva di una tragedia che ha segnato più di tutti i parenti e gli amici delle vittime, per la maggior parte giovanissimi studenti, e poi un’intera popolazione dell’area del Reventino.
Nelle genti di questi nostri paesi di montagna, se non il ricordo diretto, per motivi anagrafici, è infatti ancora vivo il tormento che deriva dai racconti di nonni e genitori cui la Fiumarella ha tolto comunque qualcosa, anche quando non si è trattato di ciò che di più prezioso esiste al mondo: una vita umana.
Lo spiega bene l’autore. La Fiumarella è stato un dramma collettivo, un segno di resa, che non sarà mai riscattato, a quell’arretratezza che ancora attanaglia la Calabria e le sue fragili infrastrutture.
Così, questo recupero di memoria storica, attraverso i ricordi dei singoli, è un’operazione culturale davvero degna di nota, che premia nei risultati l’autore, Giovanni Petronio, e la giovane casa editrice, Link Edizioni, soprattutto nella persona dell’editor Pasquale Allegro, che ha creduto nel suo lavoro e lo ha accompagnato nel darlo alle stampe.
Il libro è stato finora presentato a Decollatura, nell’aula magna di quel Liceo Scientifico “Costanzo” che nacque anni dopo, come tardiva risposta delle Istituzioni alla tragedia degli studenti della Fiumarella, e ora a Soveria Mannelli, stazione di partenza di quel treno maledetto.
Il sindaco Leonardo Sirianni ha avuto parole di lode e incoraggiamento per l’autore: “Sei riuscito a fermare un pezzo di tempo che stava sfuggendo.” E ha ribadito che in questo disastro siamo tutti coinvolti, ricordando: “Mio padre mi raccontava di come, passando su un treno successivo, provò a lanciarsi nella scarpata, ostacolato però dai carabinieri che avevano l’ordine di non far passare nessuno.”
Gesina Cardamone, che ha svolto con garbo e passione il ruolo di moderatrice, ha così presentato l’autore: “Giovanni si è fatto promotore di tante iniziative sulla mobilità e per lo sviluppo del territorio. Sentiva il dovere di scrivere un libro sulla Fiumarella, su cui era sceso un silenzio assordante. Si dice che le storie non esistono finché non c’è qualcuno che le racconti e questo è esattamente ciò che ha voluto fare Giovanni.”
L’editor Pasquale Allegro, autore peraltro della premessa del libro, ha detto dell’autore: “Ho condiviso con lui il messaggio e la passione che ci ha messo nell’esprimerlo, realizzando una ricerca dettagliata e approfondita. Del disastro mi ha colpito l’altissimo numero di ragazzi tra le vittime e ho subito percepito che questo era un libro necessario.” E ha aggiunto: “In questo libro, Giovanni ha voluto raccontare la vita e non la morte.”
Il professore Corrado Plastino, che si era nel recente passato interessato al tragico evento, scrivendo e curando la regia di una rappresentazione teatrale messa in scena coinvolgendo i ragazzi della sua scuola, ha detto rivolgendosi sempre all’autore: “Questo è uno di quei libri di storia che mi piace leggere. Sei riuscito a far rivivere queste persone senza mai scadere nella retorica.” E ha ricordato che suo padre, anche lui insegnante e poi preside, accorse immediatamente da Catanzaro per prestare soccorso; infatti, è quasi certo di averlo riconosciuto in una delle foto d’epoca, in cui si vede un signore distinto allargare le braccia in un gesto di rassegnata disperazione.
L’autore Giovanni Petronio ha iniziato citando Cesare Pavese: “Non si ricordano gli anni ma si ricordano gli attimi.” Definendo la tragedia della Fiumarella la terza guerra mondiale di questo territorio: “Solo che in guerra si è coscienti di dover affrontare la morte, mentre su un treno non dovrebbe essere possibile andare a morire.” Ha ringraziato tutte le persone di cui ha parlato perché: “Attraverso le loro storie mi hanno insegnato moltissimo.” E ha concluso dicendo: “Questa deve essere soprattutto una memoria del futuro. Un insegnamento per il futuro. Ho provato a sacralizzare e socializzare queste storie, perché scripta manent.”
Sì, verba volant, e di parole se ne sono fatte fin troppe e a volte a sproposito, mentre scripta manent. E gli scritti di Giovanni Petronio rimarranno a ricordare a tutti noi quel 23 dicembre 1961, che lui stesso ha definito “una data spartiacque”. C’è un prima, con tanti giovani progetti di vita, e un dopo, con un vuoto rimasto incolmabile.
Il libro è già in vendita nelle due edicole di Decollatura e presso la libreria “L’isola di Arturo” di Soveria Mannelli. La sua diffusione non potrà certo riscattare mezzo secolo di oblio, ma potrà farsi tramite di un ricordo non fine a se stesso, bensì rivolto a un futuro in cui il ripetersi di una simile tragedia sia inimmaginabile.
di Raffaele Cardamone