INTRO – Una foto rappresentativa, uno scatto, una sola immagine che sintetizza come con l’arrivo della fine di agosto tutto cambia improvvisamente e si rimane in pochi, così come un uomo si ritrova solo sulla spiaggia di Catanzaro Lido sulla costa ionica della Calabria.
Riproponiamo l’articolo (già pubblicato in fondo riportiamo il link ringraziando per la concessione il sito e l’autore) e la pregnante riflessione – che come dipinge la foto a corredo del pezzo – del bravo Antonio Pagliuso (amico ma anche collaboratore, di tanto in tanto, ci pregia della sua firma sul sito ilReventino.it) che in qualche modo sintetizza la trasformazione e come in circa un mese, ma forse anche meno tempo, la Calabria cambia volto, diventa da dinamica, attiva, vivace, movimentata a seduta, spopolata, indolente, apatica, pigra, lenta, torpida, inoperosa, immobile e statica.
Perchè succede, perchè questa trasformazione, questo cambiamento, questa metamorfosi, vuol dire che è possibile costruire una Calabria diversa e non apparire o mostrare una forza propulsiva solo per circa un mese. (Per la redazione Santino Pascuzzi)
Articolo e foto di Antonio Pagliuso –
Ultime ore e si chiude. Termina il mese della menzogna, della finzione, della contraffazione, dell’inautenticità.
Si chiude coi “borghi” colorati, quelli da riscoprire e da vivere ma soltanto due settimane allʼanno, coi murali fuori contesto, coi cartelli baciarsi qua, con le letterone di plastica allʼingresso dei paesi – che erano assai meglio i cartelli di benvenuto forati dalle pallottole, perlomeno quelli erano tipici e autentici –, coi treni speciali per il mare volti a soddisfare le esigenze dei turisti olandesi coi loro calzini di spugna, coi lidi in musica popolarissima, ah-ah nuovissima e già ah-ah vecchissima, coi ristoranti sempre aperti, con le bandiere blu e con le spiagge lacerate dagli ombrelloni; si chiude coi pagamenti col pos, col divertimento a ogni costo, in diretta e a reti unificate, coi reel fatti bene, col narcisismo kebab-e-aranciata, con la Palestina libera sì però dopo lʼapericena in spiaggia e il selfie dallʼalto tuttʼassieme così non si vedono i difetti ma lʼipocrisia, quella sì, con la vita lenta, certo ma lʼimportante che sia quella degli altri, con le cene al secondo turno così il cameriere non ci caccia via, col coperto pagato per il tovagliolo di carta e il bicchiere di plastica e il tavolino in una nuvola di smog.
Si chiude col “panem et circenses” agostano, con le manifestazioni culturali ripristina verginità sociale, coi calendari di eventi estivi forzati e scopiazzati – giusto per non sentirsi diversi dagli altri, per sentirsi un poʼ civile –, immancabilmente sotto lo slogan “e-state con” oppure “e-state a (inserisci-nome-città-a-caso)”; si chiude con le sagre del tartufo di Pizzo ovunque tranne che a Pizzo, con le fiere del libro e della lettura anche dove non esiste né una libreria né una biblioteca, con gli applausi di cartapesta, coi sorrisi di plastica, con le performances artistiche, con le esperienze immersive-naturalistiche-turistiche, con le “call”, coi calabresi dellʼanno, con la Calabria che si riscatta ma da cosa? e perché attraverso la provincialissima emulazione?, con le opinioni e gli insegnamenti non richiesti riconducibili tutti al sempreverde “potremmo vivere solo di turismo”.
E quindi si chiude, anche per questʼestate, col turismo come unica e ultima speranza di una terra senza speranza ma che, morente, ha la dignità di non prostituirsi nonostante i postriboli aperti 24 ore un poʼ dappertutto, da Castrovillari a Bova Marina, da Amantea a Crotone, quattro punti, quattro chiodi che formano la croce che ci affatica ogni anno.
Si chiude tutto, si assicurano le borse zeppe di conserve, salami, caffè e brasilene e si ritorna a Milano, a Roma, a Brescia, a Vicenza, a Trento, a Torino.
Ed è felicità, ché smessa la maschera, riecco la vera faccia. Finisce agosto, la Calabria è di nuovo libera, anzi resta sola.