Il deserto sanitario toglie servizi essenziali a migliaia di utenti e scatena polemiche in undici paesi della presila catanzarese: da Sersale a Petronà, passando per Zagarise e Belcastro. E altri comuni ancora.
Come se non bastassero già paesi senza medico di famiglia, le guardie mediche chiuse e le autolettighe demedicalizzate, ora è la volta di interi territori lasciati senza postazione di servizio pronto intervento 118.
Succede nel distretto sanitario di Sersale dove, nell’ultimo mese, un giorno si e un giorno no, si registrano, come oggi, decisioni a dir poco opinabili. A volte viene spostato l’autista, altre volte l’infermiere, mai il medico perché non c’è.
Tradotto: l’ambulanza a Sersale c’è, ma è parcheggiata perché mancano gli operatori precettati su altre sedi come a Taverna o a Falerna. Esemplifichiamo.
E se sta male un cittadino anziano di Sersale? L’ambulanza deve arrivare da Sellia Marina oppure da Catanzaro lido per raggiungere realtà lontane dal nosocomio più vicino almeno 60 chilometri.
Altra anomalia: l’infermiere opera nell’ambulanza senza dottore , ma il medico non può lavorare senza infermiere.
Del pesante disservizio sono stati resi edotti tutti i sindaci dei paesi interessati nella speranza di una presa di posizione netta e inequivocabile della politica locale.
Dopo la pandemia, si è parlato di valorizzare e potenziare la medicina territoriale: in queste latitudini il coronavirus non ha insegnato nulla.
Enzo bubbo