Non fai in tempo a porre la domanda che già ottieni la risposta. Ci sono interviste che si scrivono da sole tant’è l’irrefrenabile voglia di raccontare che si cela dietro le parole dell’interlocutore.
Le esternazioni di Domenico Pascuzzi, calciatore dell’u.s. Catanzaro e talento del calcio calabrese, ora in prestito al Roccella Jonica, svelano le aspirazioni di un giovane sognatore e ruotano tutte intorno a un oggetto: il pallone.
Cosa rappresenta per te il calcio?
«Per me il calcio è un gioco, un divertimento, è una passione che mi accompagna fin da piccolino. Con gli anni il calcio è cambiato per me, quando ero piccolo giocavo per divertirmi con tutti i miei compagni nelle viuzze, in piazza e davanti casa, man mano che son cresciuto al divertimento si sono aggiunti altri fattori che l’ambiente in cui mi sono immerso, ha ricercato. Il calcio per me è un mix di passione, lavoro e ambizione, si così lo definirei».
Che tipo di giocatore sei?
«Mi posso definire un giocatore molto duttile, con gli anni ho imparato a fare molti ruoli dal centrocampo all’attacco, quest’anno ho giocato anche da quinto di centrocampo, mi trovo bene nella parte interna al campo, mi trovo bene nel ruolo di intermedio. Sono un giocatore che ama giocare palla a terra e fraseggiare, ho imparato molte cose tatticamente, i movimenti da fare in mezzo al campo che ti aiutano molto in partita e questo grazie soprattutto ai mister che ho incontrato. Sono molto contento del tipo di giocatore che sono, se sono arrivato fin qui lo devo agli allenatori che ho incontrato, lo devo al Catanzaro calcio, ma so che ancora devo migliorare molto».
C’è un calciatore a cui ti ispiri?
«Il mio idolo è sempre stato Alessandro del Piero. La sua tecnica, la sua personalità in mezzo al campo, i suoi tiri a giro sotto l’incrocio, il gol al Mondiale, gesti tecnici che mi hanno fatto innamorare di lui fin da subito. Ma se devo scegliere un giocatore che gioca nel mio stesso ruolo e che mi ha lasciato sempre a bocca aperta per come trattava la palla e per come si muoveva in campo è Iniesta».
Hai vestito la maglia numero 10 della Berretti Catanzaro e, da poco, anche la maglia del Roccella in serie D? Quali ricordi?
«Penso a come ero e come sono ora come giocatore. Penso che ogni anno si migliori in qualcosa, anche quando le cose non vanno proprio come vorresti, migliori non solo fisicamente e calcisticamente, ma anche mentalmente, che secondo me è il fattore più rilevante nel calcio.
La Berretti a Catanzaro è stato un nuovo percorso per me nelle giovanili, ha rappresentato per me un step di crescita fisico-mentale che penso sia normale per l’età che avevo, soprattutto l’ultimo anno con mister Francesco Galati sono maturato un sacco sia in campo che fuori: lo ringrazio. Abbiamo fatto un bellissimo campionato quell’anno, a me e ad alcuni dei miei compagni, ci hanno mandati in prestito, e io ho scelto Roccella: per me è stata la prima esperienza “nei grandi”, la differenza c’è tra le giovanili e la categoria e si vede, ma allenarsi e giocare, 21 presenze, con gente di esperienza mi ha solo giovato, mi ha fatto crescere ancora di più, ho incontrato un bel gruppo costituito da gente molto forte e da gente umana soprattutto e questo ha contribuito alla mia crescita soprattutto personale».
Si parla con insistenza di due squadre molto forti interessate alle tue prestazioni?
«Mi fa piacere che ci siano squadre che abbiano fatto il mio nome, ma ora non mi interessa, anche perché oggi sono di proprietà del Catanzaro».
Com’è il Catanzaro calcio sotto la gestione del presidente Floriano Noto?
«So che il presidente Noto è un grande imprenditore, è un professionista e, per quello che sta facendo, si vede che ha passione e ci tiene alla squadra e alla Città. Da quando è arrivato tre anni fa e sin da subito si respirava un’aria diversa. Il Catanzaro, dalle giovanili fino alla prima squadra, ha sempre avuto allenatori molto preparati e motivati. Spero di far parte di questo splendido progetto. Sono sicuro che il Catanzaro, presto o tardi, raggiungerà la serie B, magari attraverso i play off di luglio».
Quale maglia indosserai l’anno prossimo?
«Bella domanda. Purtroppo, con la pandemia si sono fermati tutti i settori nel mondo, e quindi anche il calcio, si é dovuto fermare a causa del Covid-19, è tutto fermo non ci sono notizie, io continuo ad allenarmi e quando arriverà il momento di una firma, sarai il primo a saperlo».
Il calcio si può conciliare con lo studio?
«Certo che si può conciliare. Io penso che basta avere la forza di volontà in tutte le cose che si vuole fare, io per esempio ho deciso di iscrivermi in Economia all’Università telematica UniNettuno che mi permette di seguire le lezioni la sera, essendo registrate, facendo così riesco a coniugare le due cose e per ora sta andando bene, devo completare il primo anno. Penso che nella vita non si sa mai a cosa si va incontro veramente, non si può sapere cosa potrà succedere domani, quindi bisogna cercare di avere più piani nel proprio percorso di vita e arrivare a un punto senza avere alcun rimpianto».
Quando sogna non solo un bravo calciatore, ma anche un bravo ragazzo, sogna un’intera comunità: Petronà chiude gli occhi e immagina di vedere presto Domenico Pascuzzi tra i professionisti.
di Enzo Bubbo