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Home » Parlamentari e Costituzione: l’Autonomia differenziata, una legge scritta male

Parlamentari e Costituzione: l’Autonomia differenziata, una legge scritta male

Angelo Falbo di Angelo Falbo
20 Novembre 2024
in OPINIONI
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Parlamentari e Costituzione: l’Autonomia differenziata, una legge scritta male

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Dopo la sentenza della Consulta sull’Autonomia differenziata si capisce che i candidati al Parlamento dovrebbero seguire un corso di formazione e superare una prova sul contenuto e sull’articolazione della Costituzione.

Ci vuole un corso di formazione sui Principi e sull’Articolazione della Costituzione, seguito da una prova psico-attitudinale prima di accedere a funzioni parlamentari e amministrativo-istituzionali?

I Governi destroidi lo hanno sempre proposto per i Giudici, ogni volta che non hanno condiviso una loro sentenza.

Visto cosa sta succedendo con l’Autonomia differenziata per Chi governa si avverte indispensabile e urgente. Per il Ministro della Giustizia, compreso.

Ricordiamo che un Sindaco neo eletto fino agli anni 70 doveva dimostrare di sapere leggere e scrivere.

.

Il dibattito sull’Autonomia differenziata sta divenendo un esercizio di interpretazioni e dichiarazioni che si inseguono contrapposte. Con il rischio di sottovalutare l’importanza istituzionale, territoriale e sociale della materia.

Il dibattito nel Paese e in Parlamento aveva messo in rilievo i rischi e gli aspetti di incostituzionalità della Legge n 86, detta Legge Calderoli.

Una Legge carica di spinte e motivazioni egoistiche sociali nordiste espresse dal sintetico slogan di Calderoli: “Ognuno si amministra a casa sua”.

Intendendo che le ricchezze del Nord appartengono alle popolazioni di quei territori e devono essere amministrate dai loro rappresentanti.

Penso invece che appartengano ai sacrifici di tutti gli Italiani.

E’ uno slogan tanto falso quanto ingiusto. Urlato soprattutto dai leghisti, nel silenzio dei soci moderati, forzisti e dei “fratellastri” d’Italia.

Una Legge ancor di più carica di conseguenze negative. Perché improntata alla istituzionalizzazione delle diseguaglianze già presenti, aggravandole, e alla formazione di 22 staterelli, con lo sfascio dell’unitarietà dello Stato. Nel paradossale compiacimento dei cosiddetti “Patrioti”. Evidentemente “falsi”.

Di tutto abbiamo bisogno in Italia tranne che aumentare le differenziazioni e aggravare le già presenti e laceranti diseguaglianze.

I richiami delle opposizioni e i tantissimi giudizi negativi e di criticità evidenziate da una miriade di studiosi e costituzionalisti non bastarono.

Il Governo impose al Parlamento di approvare la Legge di corsa, verso le 7 di un mattino, dopo una nottata di molti argomentati interventi ai quali la maggioranza, “precettata”, rimase cieca e sorda.

A dimostrazione dell’interna condizione ricattatoria, con cui questo “governicchio”, che ha avuto il più piccolo consenso elettorale della Storia repubblicana, sta cercando di sovvertire il quadro costituzionale. Volendo anche col il Premierato (FdI) il potere esecutivo – legislativo, concentrato in una persona. Volendo la separazione delle carriere dei Giudici (FI), con l’assoggettamento del Pubblico Ministero, nelle nomine e nelle indicazioni dei reati da perseguire. Magari, mai quelli di “lorsignori”!

.

Cinque Regioni presentarono ricorso. Un Comitato sorto con l’iniziativa di tutti i partiti dell’opposizione, di CGIL e UIL e di diecine di Associazioni nazionali, avviarono la raccolta di firme per indire un referendum abrogativo: ANPI, Libera, Legambiente…

Sono state raccolte un milione e trecentomila firme, depositate presso la Cassazione per la valutazione del quesito e della validità delle firme.

Nel nostro territorio ne sono state raccolte oltre 1.200.

Pare che la Cassazione si pronuncerà verso Gennaio.

Intanto si è pronunciata la Corte Costituzionale, “la Consulta”. Si è espressa sui ricorsi proposti dalle Regioni.

Da quanto è stato comunicato, in attesa del deposito della sentenza, la Legge sull’Autonomia differenziata, ha ricevuto 7 rilievi di incostituzionalità, tra gli undici articoli di cui è composta,

Sono 7 rilievi di fondamentale valore perché interessano sia l’impianto organizzativo, sia le finalità e sia le conseguenze, assai negative, che sarebbero state prodotte da una sua eventuale applicazione.

Quindi, fatto salvo il principio costituzionale dell’autonomia, art 5, come scritto da molti, è stata resa inapplicabile.

Nei commenti dei governativi si opina che bisognerà rimediare ritornando in Parlamento per “semplici modifiche”. Sottovalutando i rilievi. Aggiungendo che il Referendum è superato. Ne sarebbero ben contenti, a dimostrazione della bassa qualità democratica dei loro intenti!

Nelle opposizioni, dopo gli entusiasmi perché la Legge di fatto è stata fermata, si aggiunge che il referendum “resta” in piedi, in quanto si deve arrivare all’abolizione totale. Con qualche timore.

Per me, già il Presidente Mattarella avrebbe potuto fermare la Legge esercitando il diritto di rinvio alle Camere. Egli ci ha spiegato che non intende esercitare tale facoltà neppure quando non condivide un testo o considera inopportuna una legge approvata dal Parlamento. Penso sia sbagliato. Perché la Democrazia si è indebolita e continua ad indebolirsi in quanto non si fa rispettare la Costituzione, che non solo non viene attuata, ma viene snaturata. In molti suoi “principi”.

Come quando si fa passare la proposta della Flat tax, mentre in Costituzione è prevista la fiscalità progressiva. In più si incoraggiano gli evasori con una infinità di condoni a scapito dei contribuenti onesti. A sicuro scapito di pensionati e lavoratori dipendenti, Tassati alla fonte. Mentre i furbi, risultando nullatenenti o con scarsi redditi, si godono tutti i diritti, sempre a scapito dei contribuenti onesti. “Rubando” così più volte.

Come quando invece di avviare azioni diplomatiche nei conflitti sfociati in guerre, in qualche forma partecipandovi, viene aggirato l’art. 11.

Come quando il Parlamento viene svuotato con Decreti e voti di fiducia a raffica. Palesemente senza alcuna urgenza!

Come quando i governanti vantano gli alti numeri di occupati o la crescita del PIL tacendo che i dati che davvero crescono sono quelli dei lavoratori precari impoveriti, gli ammalati che non si possono curare e le povertà assolute che lambiscono il ceto medio.

Tacendo sui Giovani italiani professionisti che emigrano e noi gli immigrati li “deportiamo” in Albania. Disumanamente e al prezzo di quasi un miliardo!

.

Alla faccia dei Principi costituzionali di una Repubblica fondata sul lavoro, sulla promozione e tutela della dignità, della salute, della eguaglianza, dell’accoglienza, della giustizia e della solidarietà sociale.

Che la Legge Calderoli presentasse aspetti incostituzionali lo capivano tutti i cittadini di solo buon senso. Quindi sarebbe stato giusto rispedirla alle Camere, non perché non condivisa, non perché pensata inopportuna, ma perché si ravvisavano “motivi di incostituzionalità”.

Poi magari la maggioranza, con la protervia di cui si alimenta e per il suo interno ricatto, l’avrebbe riapprovata ugualmente. Il Presidente a quel punto è obbligato a “promulgarla” comunque, consentendone la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale e l’entrata in vigore.

Ora però dobbiamo ragionare sul presente e per il futuro.

Personalmente ritengo che il testo, carico di ben sette profili di incostituzionali andava bocciato completamente.

Senza alcun invito al Parlamento. Come sembrerebbe.

Allora si che non ci sarebbe stato alcun senso di svolgere il Referendum.

I Giudici della Corte avrebbero dovuto cogliere gli intenti separatisti insiti nelle norme e rese evidenti nella “Bozza di Intesa” presentata dalla Regione Veneto. Avrebbero dovuto e potuto farlo perché nel primo comma dell’art 11 della Legge, Calderoli aveva previsto che le Regioni, che avevano già svolto un cammino procedurale avanzato, sarebbero dovute ripartire da lì. Quindi, quella bozza si sarebbe considerata per avere esplicito l’esempio verso quale precipizio portavano quelle norme.

Per esempio, si sarebbe potuta valutare la nefasta finalità di svuotare il sistema pubblico nazionale dell’Istruzione, la Scuola. Dapprima regionalizzata. E poi a carico dei Comuni. Con un ritorno all’indietro di 165 anni. Si sarebbe tornati alla Legge Casati, approvata per il Piemonte nel 1859. E dopo il 1861 estesa a tutta la Penisola del Regno d’Italia.

.

In un Regno costato tre Guerre di Indipendenza, frutto dell’epopea del Primo Risorgimento… dai fratelli Bandiera, ai Mazzini, ai Cavour, ai Garibaldi, ai Pisacane, ai D’Azeglio, ai Balbo, ai martiri di Belfiore, ad Amatore Sciesa… ai Pellico… ai Menotti…

Allora, nel 1861 rappresentò, con tutti i limiti, una conquista la prospettiva dell’istruzione popolare, altrimenti destinata solo a ceti nobiliari.

Nel 2024 nella Repubblica, con una invidiabile Carta costituzionale di Principi dal valore universale, conquistati con la Lotta partigiana di Liberazione del Secondo Risorgimento, sarebbe stato un processo regressivo. Molto regressivo.

Quindi. La Corte Costituzionale sembrerebbe aver rinviato il testo alle Camere. Invece di abolirlo, Chi ci sarà alle Camere? Una maggioranza che continuerà a ricattarsi con una Lega che vorrà fare presto e rifare adeguamenti di facciata tenendo in piedi l’impianto separatista, come vogliono Zaia. Fontana e Cirio. Altrimenti i leghisti “non se ne farebbero niente”, se non saranno garantiti i propositi iniziali.

Assisteremo a baruffe. Sui tempi e sui contenuti. Su cui dovremo continuare a vigilare se non sarà concesso lo svolgimento del Referendum.

La Corte di Cassazione, per quanto ne comprendiamo dovrebbe attenersi a stabilire se le firme sono valide e nel numero richiesto. E fin qui non ci sarebbe problema. Ma, deve valutare anche la chiarezza e rispondenza del quesito di abrogazione.

Se si ferma qui, come potrebbe, consentirà lo svolgimento. E dovrebbe consentirlo, proprio perché il testo oggetto di Referendum, come dicono Fontana e Zaia fino a prova contraria è “legge vigente”!

Se invece il testo verrà considerato disapplicato in tutto o solo nei sette punti obbiettati, allora potrebbe essere negato il Referendum.

Allora ci vorrà una seconda mobilitazione con nuova raccolta firme.

Comunque sia, la Corte Costituzionale una indicazione ce l’ha data.

Le maggioranze autoritarie, destroidi, tendono a sovvertire gli ordinamenti costituzionali per avere “mani libere”. E, nelle alleanze costruite con interni ricatti reciproci, i pericoli si moltiplicano. Perché gli ignavi, i trasformisti, i negligenti e i furbastri trovano un fertile brodo di coltura. Pensando di riuscire comunque ad aver ragione, qualsiasi comportamento adottino.

Come le curiose interviste e posizioni dei due Presidenti Occhiuto e Mancuso o quelle della Presidente ANCI Calabria Rosaria Succurro. e loro sostenitori.

Il Presidente Occhiuto nelle interviste ora si vanta di avere avuto ragione a chiedere ai soci di maggioranza di fermarsi. Ma perché da Vice Segretario di F.I. non l’ha fermata mentre la Legge era in approvazione? Se davvero, dopo aver dato anch’Egli il via libera alla Legge in sede di Conferenza Stato-Regioni, si fosse ravveduto, perché non ha richiamato il fratello Mario? Questi in Senato ha osannato le grandi magnifiche opportunità che quel testo sull’Autonomia differenziata avrebbe offerto alla Calabria. Perché Lui Egli e Mancuso hanno impedito per mesi che il Consiglio regionale calabrese discutesse su quel testo? Perché non ha avvertito la Succurro, impegnata a tener buoni buoni i Sindaci, quando stava facendo sottoscrivere un inutile documento che chiedeva il finanziamento dei LEP, mentre la Legge già approvata in Senato e presentata immodificabile alla Camera, in tutte le norme prevedeva una entrata in vigore ” a costo zero”?

Cari nostri “Onorevoli”, i calabresi non hanno bisogno di comportamenti ingannevoli, di furbizie e di continui raggiri. Restando sicuri di poter alimentare i meccanismi clientelari. Tali atteggiamenti si sono resi evidenti durante i tanti mesi di tergiversazioni. Ora con il ritornello “vedere soldi comprare cammello”. Ora con dichiarazioni del tipo “la legge non offre opportunità né al Sud e né al Nord”. Per poi non aderire nel presentare ricorso. Per poi, ancor peggio, impedire al Consiglio regionale di discuterne in tempo.

Non c’è stato alcun ravvedimento. Nessuna consapevole presa d’atto del grave errore di aver voluto approvare, come maggioranza, una Legge ingiusta, pericolosa e sbagliata. Si avverte nelle interviste che i dubbi nascono solo dalla paura di perdere dei consensi, “facendo compattare le opposizioni”. Tutte schierate per l’abolizione.

A dimostrazione che la “classe dirigente” che vuole questa legge non è all’altezza. Manca di visione del futuro della Patria, a cui si appellano. Tradendola.

Ormai c’è una sentenza. Bisognerà seguire l’andamento di cosa vogliono fare. Sapendo fin d’ora che la soluzione più giusta resta quella di far ritirare definitivamente quel testo. Perché non è emendabile. Perché per come è stato voluto, per come impostato e imposto, per il fine che i leghisti vogliono comunque perseguire, cioè un separatismo mascherato, non potrà mai corrispondere a quei rilievi di incostituzionalità, di cui abbiamo appreso.

Dovremo vigilare, invitando i nostri Presidenti regionali, e tutti coloro al seguito, a non tentare più di turlupinare i Cittadini calabresi.

Angelo Falbo

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Angelo Falbo

Angelo Falbo

Preside in pensione. Laurea in Materie letterarie presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore. Intellettuale e scrittore. Vive a Carlopoli. È il responsabile della Lega SPI-CGIL del Reventino.

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