di Aurelio Fulciniti –
A differenza di altri suoi colleghi, Raffaele Luna non ha appreso l’arte, i segreti e la magia della pittura a scuola o in ambiti accademici. La sua vocazione non nasce dall’istruzione, ma dal talento puro, per il quale è stato coinvolto nell’esercizio e sollecitato fin da bambino. Come tutti i pittori cresciuti lavorando essenzialmente sulle proprie capacità, Raffaele Luna ha intrapreso un lungo percorso di osservazione ed applicazione dello sviluppo artistico che – a suo dire – continua tuttora. Per conoscere la vera natura della sua vis pittorica aveva bisogno di una figura maestra che gli indicasse la strada, di un insegnante, di un autore che lo coinvolgesse emotivamente e del quale – parte non trascurabile – condividesse anche le doti umane in perfetta comunanza, e lo ha trovato nel Maestro Gioacchino Lamanna. Come i grandi del Rinascimento, ma con totale umiltà e rispetto, è stato “a bottega” da Lamanna e ne è seguito un cammino verso il prodursi di un’arte vivace, solare e con in più una tavolozza ricca e per certi versi inaspettata a cui Raffaele ha aggiunto nuove tonalità e altri dettagli, comuni e sorprendenti in divenire, come anche il contrario.
Come nel durevole fluire della tradizione post-impressionista, il colore per Raffaele ha un’importanza fondamentale, affiancata a quella della vivida osservazione dei luoghi. Il celeste tenue ma abbagliante, il rosso acceso e purissimo, l’arancione, il rosa, il verde chiaro e quello più marcato ma non meno caldo, il blu e un grigio inaspettatamente incisivo, si accompagnano alla naturale cura dei dettagli. E andiamo tra le foglie, i fiori, i vasi, i prati, le lenzuola e gli abiti appesi ai davanzali o stesi lungo i vicoli, che nella loro meditativa solarità costituiscono un tratto distintivo dell’opera di Raffaele Luna. E passiamo poi fra i volti, le figure umane, da quelle appena abbozzate delle opere d’insieme a quelle scarne e vissute dei ritratti, nei quali l’artista è acuto, ma che tende a mettere quasi in secondo piano, perché non gli attribuisce la congrua immediatezza e l’aderenza alla realtà degli scorci, dei paesaggi importanti nei boschi o verso il mare, o delle scene campestri.
Una visione pittorica così sensibile ed umana riesce a dare all’alternarsi dei chiaroscuri e dei giochi di luce e ombra tipici dei macchiaioli toscani una capacità di messaggio che porta il sole nei borghi e ce lo fa sentire dritto e addosso, abbagliandoci già da osservatori.
Raffaele Luna crede nell’importanza del disegno, sia come arte pura che come punto basilare della pittura, inizio singolo eppur essenziale di quell’itinerario che porta all’opera terminata e la dona alla visione.
Pur nello stretto realismo, possiamo dire che le opere di Raffaele Luna portano ad una contrastante e gradevole “Metafisica di vicinanza”. Nelle sue opere vediamo i luoghi, ci vengono familiari, ma non li riconosciamo, perché lui con reale alchimia li trasporta in un diverso campo temporale e li tramuta, rendendoceli non solo più concreti e nello stesso modo indefiniti, ma soprattutto più eterei nel tempo e nello spazio. Sta a noi capire dove siamo, dove ci troviamo e che ricordi possiamo avere, immaginando realtà vicine con l’apporto decisivo di uno sguardo privilegiato, quello del pittore.
Aurelio Fulciniti