di Giovanni Petronio –
Dal 2009 il tratto ferroviario della linea Catanzaro-Cosenza, compreso tra Soveria Mannelli e Rogliano è stato gradualmente interrotto e poi “sospeso” a causa di alcune frane e smottamenti che hanno impedito e impediscono il transito dei treni. Il tracciato attualmente è così tripartito: Catanzaro-Soveria Mannelli in treno, Soveria Mannelli-Rogliano tramite bus sostitutivo e Rogliano-Cosenza nuovamente in treno. Pur lasciando a desiderare (in particolare quello tra Catanzaro e Soveria), i due tracciati ferroviari aperti svolgono un servizio di primaria importanza sul territorio. Il problema più grande è costituito dal trasbordo su bus tra Soveria e Rogliano; il viaggio, infatti, si presenta come un’odissea interminabile. Si passa per dirupi, declivi, strade scoscese con tante di quelle curve pericolose che due mani non riescono a contarle, una vera e propria montagna russa per intenderci. Il tempo medio di percorrenza si attesta intorno a un’ora e trenta – un’ora e quarantacinque minuti. Il bus sostitutivo non passa sull’A3 ma, per la vecchia-vecchissima statale, inadeguata al moderno traffico e alle esigenze delle comunità che lottano per sopravvivere, tra Scigliano-Carpanzano-Marzi, per poi fermarsi a Rogliano.
Viaggiare col bus sostitutivo è un terno al lotto perché il più delle volte il percorso è garantito (si fa per dire), da mezzi obsoleti e precari, che a volte arrivano in ritardo o che si rompono durante il tragitto. Pare che due, tre volte al mese il guasto meccanico sia in agguato. Chi vi scrive ne è stato alcune volte testimone. In pratica per arrivare da Soveria Mannelli o da Decollatura (non contando l’enorme disagio per paesi come Scigliano, Pedivigliano, Bianchi, ed altri) a Cosenza o all’Unical si impiegano dalle due ore e quaranta alle tre ore, che diventano sei per andare e tornare. Una situazione inaccettabile.
Tutto questo ha portato a un vero e proprio spopolamento non solo demografico ma, anche sociale e culturale delle aree interne, (si proprio quelle di cui i nostri politici quotidianamente parlano), impoverendole ulteriormente di risorse. Vista la situazione i viaggiatori hanno preferito trovare altre soluzioni, forse più costose ma più comode: viaggiare in macchina oppure direttamente trasferirsi a Cosenza. Solo in due modi le comunità “sperdute” tra le montagne si “salvano”, o con le strade o con i treni.
Ma quant’è l’entità di queste frane e smottamenti? Qual è la realtà? Qualcuno si è mai recato in questi luoghi? Chi vi scrive è sempre stato cosciente che non si può raccontare in maniera approfondita qualcosa se non ci si reca sul posto per documentarla di persona.
Qui vi racconto la ricognizione che di recente ho effettuato insieme agli amici Roberto Galati, Francesco Lazzaro e Domenico Palazzo dell’Associazione Ferrovie in Calabria, di cui faccio da poco parte anche io. Un ringraziamento speciale va al caro Pasquale Fabiano, dipendente delle Ferrovie della Calabria, che ci ha guidati nelle zone di Carpanzano. Prima di raccontarvi questa storia, permettetemi un veloce sunto. È dal 2009, come sopra ho ricordato, che la linea è interdetta, ma cosa è successo esattamente?
Nell’inverno 2008-2009 tutta la regione fu investita da una fortissima ondata di maltempo che provocò ingenti danni, le Ferrovie della Calabria, anche per scongiurare qualche tragedia, come avvenne sull’A3 il 26 gennaio, quando a causa di una frana morirono due persone, decise di chiudere a scopo preventivo il tratto Rogliano-Carpanzano. Dopo pochi giorni, il 19 febbraio del 2009, nei pressi della località “Timpone”, tra Parenti e Carpanzano, prima un riabbassamento e poi una vasta frana hanno compromesso il tracciato ferroviario nei pressi del Km 33.
Sempre in quello stesso periodo una frana interessò anche il tratto Piano Lago-Rogliano che fu chiuso anch’esso, a causa di una frana di bassa entità, e ripristinato il 6 aprile del 2009. Tra la primavera e l’autunno dello stesso anno si lavorò per riattivare il tracciato, costruendo un muro di contenimento con relativi gabbioni, come si può vedere dalle foto, tratte dal Savuto.it, e successivamente il tracciato leggermente modificato, (infatti il tratto da dritto che era venne fatto scorrere di più verso l’interno della montagna), venne riaperto il 12 ottobre del 2009. A febbraio del 2010 però ci fu un nuovo abbassamento della sede ferroviaria e fu necessario riprendere il servizio navetta. A marzo del 2010 la linea venne scissa nel modo seguente: Cosenza-Rogliano in treno, poi da Rogliano verso Carpanzano con pullman, (tempo di percorrenza 30 minuti); poi di nuovo in treno da Carpanzano fino a Soveria Mannelli. Successivamente la linea venne chiusa da Rogliano a Soveria Mannelli, in virtù del fatto che nella zona di Celsita, si era verificata un’ulteriore frana.
Ma attualmente la zona interessata in che stato si trova? Con gli amici di Ferrovie della Calabria abbiamo percorso i seguenti tragitti: A) Celsita in direzione Cosenza per 1 km; B) da Celsita a Coraci, direzione Catanzaro; C) da Carpanzano a Parenti; D) da Scigliano verso Celsita per 3 Km. Primo step. Abbiamo iniziato il reportage percorrendo il tratto ferroviario che va da Celsita, che è al km 44, (in direzione Cosenza) per circa 1 Km, dove abbiamo potuto osservare a 250 metri circa dalla stazione un allargamento e abbassamento leggero del tracciato. Poi, 50 metri dopo c’è un’ulteriore, ma, anche qui, minimo abbassamento, in prossimità di un muro in cemento armato. Altri 60-70 metri in avanti c’è un altro leggerissimo abbassamento del tracciato; è un’area dove è avvenuto un disboscamento. Proseguendo per altri 700-950 metri sono presenti sul tracciato numerosi arbusti caduti e in alcuni punti la linea risulta coperta da erbe e rovi ma, comunque in buono stato; il problema è dopo, ma ne parlerò tra poco.
Secondo step. Poi giriamo e andiamo da Celsita, fino alla stazione di Coraci, km 47, (quindi in direzione Catanzaro), dove sono visibili alcune piccole criticità ma, il tracciato ferroviario non appare minimamente compromesso. Il terzo step è quello di ritornare indietro, prendere la macchina a Celsita e andare verso Carpanzano, dove arriviamo alle 16. Grazie al prezioso e amichevole aiuto del nostro amico Pasquale iniziamo il nostro percorso. Dal km 36 (Carpanzano stazione), ci dirigiamo verso la stazione di Parenti al km 31, nel mezzo al km 33 è presente una forte criticità, ma, non così estrema e apocalittica come c’è stata raccontata.
Dobbiamo camminare un bel poco prima di arrivare al km 33; in alcuni punti riscontriamo delle difficoltà, come si può evidenziare dalle foto: molti rovi, alberi caduti e una frana di lieve entità sul tracciato, poco prima di una delle tante gallerie. Quello che da all’occhio è che tutte le gallerie percorse sono in perfetto stato di conservazione, la maggior parte di esse probabilmente furono sistemate durante la chiusura del 2009. Paradossale che alcune gallerie della Soveria-Catanzaro siano centinate e si trovino in uno stato pessimo, mentre quelle del tratto chiuso sono perfette. Da notare anche che da Carpanzano a Parenti le traverse ferroviarie non sono di legno ma in cemento.
Appena arrivati al famoso chilometro la situazione non appare così drammatica come c’è stata sempre raccontata. Non è franata tutta la montagna, è presente un cedimento nella parte inferiore, quella interessata ai lavori del 2009. Non dico ovviamente che sia tutto apposto, dico solo che da anni dirigenti e dipendenti delle Ferrovie della Calabria affermano che c’è una frana immensa che ha travolto tutto, quando in realtà, non è proprio così. Non sembra che il costone della montagna, dalla parte superiore del binario si sia mosso, forse perché si è stabilizzato in questi anni; infatti sono persino cresciuti degli alberi sopra. Il tracciato ferroviario non è venuto giù, (sono stati tagliati i binari), quello che è venuto giù è stato il muro di protezione sottostante, (quello sempre costruito nel 2009), e alcuni gabbioni di cemento, per il resto non sembra, presente neppure un grosso abbassamento del tracciato ferroviario. Che quei gabbioni abbiano appesantito talmente tanto da portare al cedimento il muro di contenimento?
Durante i lavori del 2009, come sopra ho detto, il binario è stato leggermente modificato e incurvato verso l’interno, più vicino al costone per intenderci, che al muro. Non sembrano presenti micropali. Subito dopo ci siamo mossi in direzione Parenti ammirando un paesaggio mozzafiato, un vero capolavoro, che vi racconterò la prossima volta.
Il quarto step è stato quello che da Scigliano ci ha portato verso Celsita; anche in questo caso le gallerie sono in perfetto stato di conservazione, le traverse di legno sono in più punti infracidite, dopo circa 300-400 metri è possibile notare in alcuni punti un leggero abbassamento del tracciato e soprattutto un abbassamento del pietrisco, certamente il selvaggio disboscamento presente (che è ancora in atto), è stato determinante.
Proseguendo oltrepassiamo il km 43 per circa 200-250 metri e ci troviamo difronte ad una situazione assai critica: una vastissima frana ha portato giù tutto, compromettendo seriamente il tracciato ferroviario, come le fotografie evidenziano. Rimaniamo desolati e attoniti, ipotizzando che il problema più urgente da risolvere non è a Carpanzano, dove un tracciato ancora c’è, ma, tra Celsita e Scigliano, dove il tracciato si è sbriciolato. La frana certamente inizia già in prossimità della statale 19, comportando uno scivolamento a valle dell’intero costone. La frana ha portato allo sgombero anche di alcune abitazione in prossimità della strada.
Le fotografie parlano da sole, ogni commento risulterebbe di troppo.
Quello che è chiaro che in primis il disinteresse dall’alto, unito a un depauperamento delle risorse finanziarie, insieme al disboscamento selvaggio (anche questo perpetrato e continuato), che deve essere immediatamente fermato, unito poi all’eliminazione di quei famosi cantonieri che fino a qualche anno fa vigilavano sulla tratta, hanno avuto queste nefande conseguenze. Dalle varie foto sono visibili i micropali, utilizzati perché, essendo molto più piccoli dei pali normali e di solito anche piuttosto resistenti, servono a consolidare delle fondazioni e a sostenere le strutture soprastanti. Sono anche utilizzati appunto anche per il consolidamento di terreni come in questo caso. Viene leggittimo chiedersi se la colpa di tutto questo sia solo imputabile alla natura.
E adesso cosa fare, come si potrebbe intervenire?
A) Prima di tutto bisogna monitorare le zone che presentano questi smottamenti per valutare gli eventuali movimenti franosi, con un sistema in grado di misurare ogni movimento del dissesto. Programmare interventi per la messa in sicurezza delle aree e delle infrastrutture coinvolte. Esiste ad esempio l’impianto Sar che è un sistema di “monitoraggio continuo o periodico dei movimenti franosi e di fronti instabili in aree minerarie, fenomeni di subsidenza e cedimenti in aree urbane a seguito di opere di ingegneria. Le sue caratteristiche tecniche la rendono inoltre adatta anche al monitoraggio delle strutture, sia in regime statico (spostamenti e deformazioni lente di grandi strutture quali dighe) che dinamico (vibrazioni di ponti, grattacieli, torri, turbine eoliche, ecc)”[1]. Quindi, “lo strumento, posizionato sul versante opposto rispetto a quello in frana, consente di monitorare la porzione inferiore e il piede della frana”[2]. In sostanza ci vogliono buone macchine, ma ci vogliono anche ottime menti e preparazione geologica e ingiegneristica.
B) Ritengo possibile, insieme agli amici dell’Associazione Ferrovie in Calabria che qualcosa nell’immediato potrebbe essere fatto. Riaprire il tratto ferroviario fino a Scigliano, sistemando il costone e appunto monitorandolo; non dovrebbe poi essere così complicato e dispendioso. Da Scigliano poi collegare col bus fino a Colosimi, (20 minuti circa) e poi da Colosimi riaprire il tratto ferroviario fino a Soveria Mannelli, anche in questo caso controllando il ponte di Vaccarizzo.
C) La riapertura e poi il ripristino di tracciato Catanzaro-Cosenza, non costruendo una linea ex novo ma, pensando seriamente di costruire delle varianti, in grado di dimezzare, o quasi, la percorrenza e rendendo competitivo il tracciato, anche con una buona politica di marketing, che non mi pare esista. Finisco dicendo che il ripristino non è solo un dovere civile che deve essere realizzato, perché questi territori non possono morire e non devono morire ma, anche, un atto di responsabilità morale.
[1] http://www.microgeo.it/Interferometria/interferometria.php
[2] http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/monitoraggio_frana.wp