Il convegno “Alla sorgente del Reventino” proposto dal Parco Letterario “Michele Pane”, presso il Liceo Scientifico Costanzo di Decollatura, ha sollevato un grande e rinnovato interesse verso le origini della nostra cultura.
Molto probabilmente la maggior parte dei partecipanti non sapeva cosa aspettarsi esattamente dall’incontro con l’esimio linguista John B. Trumper, emerito Professore di Linguistica generale, Fonetica e altri insegnamenti come Dialettologia e Etnolinguistica, nonché ricercatore di origini Gallesi che, approdato in Calabria, non è più andato via.
L’iniziale rispettoso silenzio, in un ascolto attento e curioso, ha lasciato presto spazio a domande, interventi e a una vivace partecipazione dei presenti, rispolverando termini dialettali ormai abbandonati e accostandosi con curiosità alle spiegazioni storiche e tecniche del professore che dell’etimologia ha fatto un’arte, mettendo in luce il percorso storico calabrese, tra dominazioni ed eventi naturali che ne hanno condizionato la cultura e il parlato.
Incuriosisce, probabilmente, che un professore di origini gallesi, possa interessarsi dei dialetti della Calabria, quegli stessi dialetti di quegli stessi calabresi che lo abbassano a varietà linguistica di minore dignità, da figli di una terra devastata dai terremoti e dalle guerre, abituati a pensare che il dialetto tradisca povertà materiale e intellettuale.
Eppure la ricerca etnolinguistica insegue termini arcaici e pronunce ancestrali, tracce di antiche lingue, di antichi codici. Delle origini, insomma. Dietro a un nome si nasconde un mondo, dietro ad ogni parola si cela una storia, e quasi sempre è una storia di associazioni, di somiglianze, di immagini metaforiche, molte riconducibili alla figura umana: e così anche il fiume ha una bocca, una albero ha i piedi, la bottiglia ha un collo e così via.
Il dialetto è cultura, si è sempre saputo, ma a volte ce ne scordiamo. Il dialetto è la lingua del cuore, è l’espressività più immediata, è l’icasticità per eccellenza. Pensiamo al teatro, o alle canzoni popolari, alla poesia: il dialetto ha una forza espressiva senza eguali.
A considerazione di tutto ciò, l’etnolinguistica e l’antropologia, dovrebbero entrare di diritto nelle scuole, opportunamente curate come discipline tese a rafforzare la conoscenza della storia del proprio luogo, della propria regione, per una più appropriata valorizzazione di reperti, per ridare ai luoghi antichi splendori, per tornare ad essere centro culturale d’eccellenza. Così che passato e futuro, possano fare pace.
di Gisella Leuteri