Sul corso non c’è più nessuno. È una frase che mi capita di sentire spesso a Soveria Mannelli. Una constatazione che si fa amara se si pensa al fatto che nasconde dietro di sé tutta una serie di considerazioni di carattere economico e sociale.
I negozi, bar, pasticcerie sono sempre più vuoti e, spesso, i commercianti osservano sconsolati come pur di fronte a un’offerta di beni e servizi sempre più qualificata e varia, pur seguendo pedissequamente le indicazioni di questo o quel manuale di marketing, la curva dei clienti continua a scendere inevitabilmente.
Eppure, mi raccontano i soveritani della mia età (io vivo qui da soli 15 anni), che fino a non molto tempo fa il corso brulicava di gente e molte persone riuscivano a vivere dignitosamente con un esercizio commerciale che, talvolta, dava da mangiare anche a più famiglie contemporaneamente. Ma, allora, dove sono andati a finire tutti?
La risposta a questa domanda non può che essere inevitabilmente articolata.
Innanzitutto la constatazione più semplice e ovvia da fare è: “se ne sono andati”. Soveria Mannelli ha perso dal 2001 al 2016 circa 465 abitanti. La vicina Decollatura ne ha persi 326. I due paesi dunque, distanti l’uno dall’altro pochi chilometri, hanno perso insieme negli ultimi quindici anni 800 abitanti circa.
È come se tra Soveria e Decollatura sia esistito un altro paese delle dimensioni di Malito (768 abitanti) o di Miglierina (767) e negli ultimi quindici anni questo paese sia scomparso. Inghiottito nel nulla. Puff!
Se a quello dei due comuni sommiamo i dati relativi al calo demografico di Bianchi, Colosimi, Carlopoli e Serrastretta (i paesi che storicamente hanno orbitato intorno a Soveria), otteniamo una cifra di circa 1900 abitanti. Una cittadina neanche tanto piccola i cui abitanti hanno sprangato le porte e sono scappati via. In un raggio relativamente piccolo quanto quello preso in considerazione, 1900 persone in meno si vedono… o meglio, non si vedono più, e la loro assenza si fa sentire.
Qualcuno dirà che il problema è il calo delle nascite. Proprio per ovviare a questa obiezione abbiamo considerato un arco temporale piuttosto piccolo, partendo dall’inizio degli anni Duemila, anni in cui oramai le famiglie calabresi non avevano mediamente che uno o due bambini. Ciò vuol dire che, certamente, nel lungo periodo il calo delle nascite ha avuto un peso significativo ma nel breve periodo ciò che pesa di più, oltre alla naturale mortalità, è il flusso migratorio in uscita.
La seconda constatazione che deve essere fatta è che il problema non è relativo a Soveria, Decollatura e agli altri paesi del Reventino ma è un problema di carattere generale che riguarda l’intero Meridione e la Calabria in particolare. Anzi, in Calabria, vi sono diversi territori che sono praticamente già disabitati.
Secondo il report sul futuro demografico pubblicato dall’Istat nello scorso mese di maggio c’è in atto un significativo spostamento di abitanti dalle regioni meridionali verso quelle del Nord. La Calabria in particolare perde (tra morti ed emigrati) cinquemila abitanti ogni anno. CINQUEMILA. Praticamente una città grande quasi il doppio della nostra.
Nei giorni scorsi Manuela Stranges, ricercatrice UniCal di demografia ha pubblicato un saggio sul portale di divulgazione economica “Open Calabria” dove, oltre a confermare quanto dicevamo sopra, avverte che nei prossimi 40-50 anni in Calabria spariranno interi paesi, intere comunità.
Cittadine che oggi appaiono, nonostante tutto, ancora vive, come Bianchi o Colosimi, potrebbero diventare in un tempo relativamente breve città fantasma come Pentedattilo o Roghudi.
Chi conosce queste dinamiche sa che lo spopolamento però in questi casi non avviene in maniera uniforme e graduale. C’è come una sorta di massa critica che ogni paese deve assicurare al di sotto della quale non è più possibile vivere una vita dignitosa e sicura. Quando si scende sotto questa soglia gli abitanti cominciano a spostarsi rapidamente verso altri centri più grandi provvisti dei servizi essenziali.
La Calabria che conosceremo nella seconda metà di questo primo secolo del nuovo millennio sarà dunque una terra abitata soprattutto sulle coste e in prossimità delle grandi città. A meno che le strategie per le aree interne di cui si discute in questi ultimi anni non riescano a invertire il trend e compiere il miracolo tanto atteso.
Una terza e ultima constatazione che deve essere fatta è che sono cambiate enormemente le forme della socialità. Al netto infatti di ogni considerazione relativa allo spopolamento dei territori calabresi si deve comunque considerare che, nonostante tutto, a Soveria abitano ancora 3mila abitanti. Come mai dunque in alcune sere o nelle domeniche pomeriggio le dita di una mano sono più che sufficienti per contare le persone a passeggio su Corso Garibaldi? Su questo specifico aspetto si potrebbero scrivere uno o più saggi. Ci limitiamo qui semplicemente ad alcune rapide osservazioni.
In primo luogo si devono considerare due aspetti fondamentali: uno a livello macro e uno a livello micro. A livello macro la telefonia cellulare e i social network hanno modificato totalmente il modo in cui le persone si scambiano informazioni e socializzano tra di loro mentre la TV on demand ha invece letteralmente stravolto il modo in cui le persone intendono oggi l’intrattenimento audiovisivo.
Quale adolescente oggi avrebbe bisogno di fare una passeggiata sul corso per scambiarsi qualche informazione riservata o di carattere sentimentale come accadeva a noi, costretti a usare il telefono di casa che magari era attaccato a una presa in salotto? E ancora: quali alternative aveva un ragazzo degli anni ’80 agli interminabili varietà televisivi o ai film visti e rivisti che le TV commerciali mandavano in onda in prima serata?
A livello micro invece basti pensare a quanto è cambiata Soveria negli ultimi 30 anni. Negli anni ’80 non esistevano per esempio palestre, oggi ce ne sono ben quattro (tra palestre e scuole di danza); ci sono due circoli tennis e tante altre possibilità di intrattenimento (e di socializzazione, non lo dimentichiamo) per chi ama lo sport.
Ci sono locali sia in zona che fuori che offrono musica dal vivo e nelle città vicine (Lamezia, Catanzaro, Cosenza) sono sorti grandi centri commerciali che soddisfano sia le esigenze di shopping che quelle di intrattenimento grazie alla presenza di cinema multi sala, piste da bowling, fast food… Veri templi dell’intrattenimento e del consumismo che non aspettano altro che di riempirsi di “fedeli”.
Quale appeal può esercitare ancora lo “struscio” sul corso rispetto a tali nuove forme di intrattenimento consumistico e di socializzazione (seppure virtuale)?
Che fare dunque? Non lo so. Non ci sono ricette pronte né soluzioni semplici a portata di mano. Forse il primo passo da compiere è prendere realmente consapevolezza della situazione. Ogni buona diagnosi presuppone sempre un’accurata anamnesi.
di Antonio Cavallaro