Sabato giorno 7, durante la “Festa del Fatto” ho avuto occasione di ascoltarLa.
Durante l’intervista sull’Autonomia differenziata ho apprezzato la puntualità e la completezza delle argomentazioni sui diversi aspetti della questione.
– La Riforma appiglio del 2001, sbagliata negli auspici e nel contenuto, pur se con aspetti e intenzioni condivisibili.
– Le conseguenze nefaste per la coesione territoriale, sociale e istituzionale, prevedibili con l’applicazione della legge. Nella considerazione che la formazione di 22 staterelli (20 Regioni più 2 Province già autonome) provocherà lo sfaldamento dello Stato.
– Le incongruenze e lo svuotamento dei Principi costituzionali, valori di uguaglianza, giustizia sociale, solidarietà, universalità dei servizi di cittadinanza, espressi in più parti, ma tutti compresi nell’art. 3, specificamente nel comma 2.
– Le evidenti contraddizioni del progetto governativo che mette in contrasto le ambizioni della Meloni, che vuole il Premierato, con l’operazione leghista già in vigore di “decentrare” potestà legislativa alle Regioni su 23 materie con circa 500 funzioni di estrema importanza e delicatezza, sottratte ai poteri centrali dei Ministeri!
– La strumentalità dei cosiddetti LEP che si sarebbero dovuti stabilire da decenni, ma che ora, in questo contesto, vengono usati come alibi e per tacitare, con beffa, le posizioni critiche all’interno degli stessi Partiti di maggioranza. E via discorrendo.
Da almeno 5 anni, nella Sezione Intercomunale dell’ANPI del Reventino e nella Lega SPI CGIL, faccio iniziative di informazione e di contrasto a questa contro-Riforma con cui si pretende di fatto di “istituzionalizzare” le diseguaglianze.
Le sto scrivendo perché tra le sue argomentazioni ho ascoltato solo un cenno sulle reali nascoste motivazioni con cui la Lega va perseguendo tale forma “secessionista” da oltre 3 decenni: tenersi le ricchezze prodotte nelle Regioni del Nord, considerandole ricchezze proprie. Come fossero frutto della loro operosità e del loro ingegno, in contrapposizione alle insipienze e fannullaggini di altri territori.
L’affermazione di Calderoli “Ognuno si amministra in casa propria” sottintende una tale egoistica concezione delle condizioni economiche del Paese Italia.
Oltre a disconoscere che è l’Italia prima di tutto è anche “casa sua”.
Ecco, io Egregio Professore in ogni incontro contesto questa che per me è un’ingiusta ed egoistica motivazione sociale e territoriale che sta alla base delle loro insistenti trentennali pressioni a “liberarsi dai pesi, dai fardelli” delle Regioni e delle popolazioni meridionali, irrise e insultate, con irripetibili epiteti.
Ebbene, per chi studia lo sviluppo economico della Penisola, dopo la formazione del Regno Unito e, ancor più e peggio, dopo la proclamazione della Repubblica, si accorge di come si sia trattato di uno sviluppo squilibrato, unidirezionale, sempre a vantaggio del Nord e sempre di più impoverendo il Sud in termini economici, politici e sociali.
Qui non si contestano le colpe, le responsabilità delle classi dirigenti meridionali, malaffariste e “ascarizzate”, di salveminiana memoria.
Sempre considerando che le “classi dirigenti del Sud”, impoverendo il tessuto socio-politico sono state piuttosto selezionate a colpi di attentati e fucilate. Domandiamoci quanto ha fatto comodo affidarsi ai boss locali per raccogliere consensi?
Qui neppure si animano velleitarismi nostalgici. Puramente anacronistici per chi volesse utilizzarli, con forme ribelliste e indipendentiste, che pure stanno affiorando.
Si vuole ribadire, testi alla mano, con tanto di tabelle esplicative, come fin dai programmi giolittiani di avvio alla prima industrializzazione italiana del primo quindicennio del ’900, investendo le riserve molto costituite dalle rimesse degli emigrati, vicenda dopo vicenda, con le guerre coloniali e le due mondiali, scelta dopo scelta, il Nord si è avvantaggiato e il Sud impoverito di risorse materiali e umane.
Per quanto triste, si indica l’esempio della vicenda recentemente commemorata: la tragedia di Marcinelle. Il trattato che De Gasperi stipulò con il Belgio per avere a prezzo agevolato 5 quintali di carbone per ogni italiano immigrato minatore, a chi soprattutto è servito, se non all’apparato industriale super concentrato al Nord?
Insomma le ricchezze delle Regioni settentrionali sono frutto, a parte le iniziali condizioni più favorevoli, dei sudori degli emigrati italiani prima partiti da tutte le Regioni, poi soprattutto da quelle meridionali, e dei Caduti di tutte le Regioni, testimoniati dai lunghi elenchi incisi nelle lastre di marmo dei “Monumenti ai Caduti” eretti in ogni remoto luogo della Penisola.
Ho voluto sempre ricordare due momenti storici ai Calderoli, ai Salvini agli Zaia.
Il primo: in Calabria scesero i fratelli Bandiera per unificare la Penisola, finendo fucilati nei pressi di Cosenza. Ora scendono loro con l’impudenza di dichiarare che l’Autonomia differenziata consentirà “opportunità e senso di responsabilità”.
Per Loro non vale constatare che la Sicilia e la Sardegna, con i poteri di Statuti speciali, sono negli ultimi posti di ogni classifica! Quindi l’Autonomia di per sé non è salvifica.
Il secondo: ho voluto ricordare che dopo la leva obbligatoria del 1862, molti soldati meridionali, inviati nelle caserme del Nord, parteciparono alla liberazione del Veneto dall’Impero Austro-ungarico, per continuare l’opera risorgimentale di unificare la Penisola. Alcune divisioni erano comandate da Generali meridionali, già borbonici.
Capisco che nelle argomentazioni, per contrastare la scelleratezza dell’Autonomia differenziata, bisogna usare una comunicazione diretta e di immediata comprensione.
Epperò, scardinare alla base le motivazioni egoistiche dei leghisti (i soldi sono nostri e ce li amministriamo noi), quando sono frutto di politiche e fatiche di tutti, oltre che a rendere giustizia storica sullo squilibrato sviluppo economico unidirezionale in Italia, toglierebbe le facilonerie leghiste e solleciterebbe un’orgogliosa riflessione tra i tanti meridionali che pure sono ancora elettori della Lega e degli altri due partiti “accomparati” FI e FdI. Va considerato che per vincere il Referendum bisogna riuscire a coinvolgere masse di elettori assenti da tempo dai Seggi, e lo si deve fare con sollecitazioni e appelli di carattere nazionale. Non spaccare in due. Non contrapposizione Nord-Sud. Grazie per l’attenzione.
Con Cordialità. Distinti Saluti.
Angelo Falbo
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