La dipendenza da alcol è una patologia molto diffusa per la quale, ad oggi, sono stati ufficialmente approvati pochi farmaci. Questo lascia spazio aperto alla ricerca scientifica, che si sta concentrando sull’efficacia di diverse sostanze, tra cui il CBD.
Principio attivo della cannabis al secondo posto per fama dopo il THC, a differenza di quest’ultimo non provoca effetti psicoattivi.
Ingrediente di prodotti che vanno dagli oli alle cime e che possono essere acquistati legalmente in Italia da qualsiasi cliente maggiorenne sia presso negozi fisici, sia facendo riferimento a e-commerce come il celebre cbweed.com, che si distingue per l’ampia gamma di prodotti disponibili, il cannabidiolo interagisce con i recettori del sistema endocannabinoide, dando luogo a effetti benefici che la scienza si sta impegnando ad approfondire.
Tra questi, rientrerebbe anche il trattamento della dipendenza da alcol. A chiarire le cose in merito, con un lavoro scientifico di rottura, ci ha pensato un team di ricercatori attivi presso l’Università di Heidelberg, in Germania.
Il risultato del loro lavoro è stato pubblicato il 12 dicembre dello scorso anno sulle pagine della rivista Molecular Psychiatry. Come mai questo studio può dirsi rivoluzionario?
Perché, fino ad ora, diversi studi preclinici avevano semplicemente suggerito i benefici anti-craving – termine tecnico che si utilizza per indicare il blocco del desiderio compulsivo di una determinata sostanza – del CBD, senza fornire indicazioni riguardanti gli effetti sull’uomo.
Questo studio tedesco, denominato ICONIC (Investigation of the Effects of Cannabidiol on Cue-Induced Alcohol Craving and Nucleus Accumbens Activation), sembra essere arrivato per cambiare le carte in tavola.
ICONIC: i dettagli dello studio
Lo studio si è basato sui dati di un campione di 28 persone di età compresa tra i 18 e i 60 anni.
Tra i soggetti inclusi, tutti non in cerca di un approccio curativo incentrato sulla gestione del rapporto con l’alcol e reclutati tramite strumenti come le newsletter e i social media, erano presenti persone con una dipendenza da alcol di livello sia lieve, sia grave.
Gli studiosi li hanno divisi in due gruppi: a quello sperimentale hanno somministrato 800 mg di cannabidiolo, l’equivalente di poco più di 9 mg per singolo peso corporeo.
Al gruppo di controllo, invece, è stato somministrato un placebo.
Successivamente, i partecipanti sono stati invitati a sottoporsi a test finalizzati a individuare il loro livello di stress e la risposta a stimoli in grado di innescare il comportamento legato alla dipendenza.
Questi ultimi consistevano in immagini legate al consumo di alcolici o nell’esposizione diretta attraverso il tempo passato in ambienti simili al bancone di un bar.
Tramite questionari mirati, è stata misurata la voglia di assumere bevande alcoliche. Grazie al ricorso alla risonanza magnetica, invece, è stato possibile misurare i livelli di attività cerebrale di tutti i partecipanti.
Al follow up, è stato possibile individuare, nel gruppo sperimentale, una ridotta attivazione bilaterale del NAc (nucleo accumbens), ossia la parte del cervello che regola i sistemi di ricompensa e le risposte di dipendenza.
Interessante è ricordare che la sua attivazione ridotta ha un impatto positivo non soltanto sul minor desiderio di alcol, ma anche sulla prevenzione del rischio di ricadute, fino ad ora un problema consistente per i medici che, esercitando diverse specialità, si occupano di curare chi soffre di alcolismo.
Inoltre, è stato possibile inquadrare una risposta agli stimoli stressogeni caratterizzata da una maggiore autoefficacia.
Numeri alla mano, gli studiosi hanno scoperto che i maggiori effetti sul NAc si concretizzavano nei casi in cui era alta la concentrazione ematica di cannabidiolo.
Da citare è anche il fatto che, con i dati completi del follow up, non sono stati individuati effetti collaterali.
Ciò conferma, non certo per la prima volta in pochi anni, il potenziale del CBD come soluzione terapeutica naturale efficace contro diverse problematiche di salute.