Molto interessante l’opinione di Antonio Cavallaro sul dopo i tempi del codiv-19: Non si tornerà come prima. Pubblicato su “ilReventino” qualche giorno fa.
Molto utile a ragionare sul “dopo”, analizzando il “prima” e il “durante”.
Penso che non si debba proprio tornare come prima, non per resilienza, ritrovarsi in fondo con gli stessi sistemi comportamentali.
Ma per moderna resistenza storica, trovandosi impegnati a superare positivamente tutte quelle sfasature di un sistema, individualista, di incultura solidale, di accumulazioni sfrenate e di diseguaglianze crescenti, di assenza di capacità previdente e di intervento adeguato a fronteggiare i pericoli vecchi e nuovi.
La resilienza, è un termine, che si adopera in varie discipline: in Ingegneria, in Informatica, in Ecologia e Biologia, in Psicologia. In tutte la si intende comunque come una qualità dei materiali, degli elementi e delle persone di capaci di sapersi “adattare” fronteggiando forze nemiche, usure del tempo e per l’uso, e traumi, tornando alla posizione iniziale
La resistenza in elettricità ha a che fare con i circuiti elettrici, con la sua capacità di assorbire fluttuazione di flussi. La Resistenza (con la consonante iniziale in maiuscolo) che ci interessa è quella che ha segnato uno dei più significativi e felici momenti della nostra Storia: quel generoso e coraggioso movimento di italiani, antifascisti da sempre e partigiani dall’8 Settembre 43 che, facendo la scelta giusta contribuirono con determinazione al riscatto della Patria, liberandoLa dal pericoloso, criminale giogo dell’asse politico-militare nazifascista.
Spesso sentiamo dire che siamo in guerra. Non è opportuno rendere automaticamente assimilate le due condizioni. Ma cogliendo il senso della lotta contro un nemico, ci può stare. Allora: le generazioni del post ‘45 e successive abbiamo trovato condizioni politico istituzionali di un Repubblica democratica parlamentare entro un quadro di valori, di principi e di un assetto istituzionale amministrativo prefigurato nella Carta costituzionale.
Un periodo, 8 Settembre – 25 Aprile ‘45 col dopoguerra, con valori ai quali si è riferito il Presidente Mattarella.
Credo di aver capito cosa scrive Antonio, sollecitando a una riflessione che aiuti a prefigurare il “dopo”. Perché quel “dopo” con l’impoverimento accumulato e con la persistente paura di contagi di un nemico di cui per molto tempo non si vedrà il “cadavere”, non potrà spensieratamente farci ritrovare a “come prima”. Non è una pausa come in rappresentazione teatro tra un tempo e l’altro. Nel dopo ci sarà la rappresentazione di un’altra opera, con un diverso canovaccio, una diversa sceneggiatura e una diversa musica: tutto più oscuro e impoverito.
E gli attori protagonisti cambieranno, almeno nei comportamenti?
Antonio ha ragione. Se saremo resilienti.
Ecco, è qui che dobbiamo divenire resistenti:
Come prima non dovrà essere, non perché ci siamo impoveriti e in continue paure. Ma perché nel frattempo dobbiamo imparare che come siamo stati finora non andava bene. Ha ragione Papa Francesco: “Abbiamo creduto di stare in salute in una società malata”. E sappiamo cosa intende: egoismi, diseguaglianze, ricchezze ingenti di pochi e gravi povertà di molti, dimenticanza e solitudine dei deboli, frenesie e frastuoni futili dei forti.
Consideriamo di ragionare solo nel settore della Sanità, che è quello è alla prova in questi giorni . Con un ragionamento estensibile a ogni settore.
Partiamo da qualche domanda stando attenti che comunque dopo una crisi “mai ci si ritrova a vivere come prima”: si affacciano storicamente tre opzioni.
- Una prima nasce dallo spirito di adattamento, al ritorno del pre-esistente.
- Una seconda, regressiva, “ribellisticamente” avventurosa, fomentata, prende una strada politico-socio-economica-istituzionale reazionaria
- Una terza impegna a superare le carenze del “prima” e spinge a costruire assetti sociali più giusti, più uniti, solidali sul piano umano e socio-economico, più democraticamente avanzati sul piano politico istituzionali.
Domandiamoci:
Nel mondo, potremo continuare con un’Organizzazione Mondiale della Sanità che, per quanto composta da scienziati di altissimo valore, è costretta a inseguire i casi perché… non ci sono le condizioni di essere supportati da una ricerca all’altezza? E perché ognuno vuole fare gelosamente da sé e per sé, nel mentre i virus girano liberamente scavalcando confini, recinzioni varie, beffando ordinanze e divieti ?
Possiamo ritrovarci ancora con Chi vuole l’“immunità di gregge” e Chi, forte dei suoi dollari, vuole in esclusiva il “probabile vaccino vincente”?
Possiamo o no convincerci e convincere Chi mandiamo a governarci che è più indispensabile per Tutti i popoli investire per il Lavoro, per l’Istruzione, per la Ricerca pacifica, per l’Equilibrio ambientale e non per gareggiare negli armamenti?
Possiamo convincerci che le esasperate diseguaglianze tra Persone, tra Popoli e tra Territori devono essere progressivamente “contenute” invece di rincorrere i contenimenti mirati solo contro virus?
Nella nostra Italia sono valide le stesse domande, naturalmente con specificazioni.
Siamo ancora convinti che ci vogliono più autonomie differenziate o che a partire dalla Sanità bisogna ripensare all’assetto amministrativo-istituzionale rafforzando il Centro/Governo per renderlo capace di valorizzare le diversità, ma con un tale grado di intervento direttivo da non consentire che di fronte a casi come i contagi virus ogni Presidente di Regione (pure ogni Sindaco!) faccia come crede, al punto che non si sa chi doveva e deve emanare disposizioni, comprare siringhe, tamponi, mascherine, guanti e attrezzature ecc.?
Possiamo ancora tenerci una Sanità incentrata sull’ospedalizzazione, che punti solo alle eccellenze delle cure da ricovero, e non prima su quelle di interventi preventivi territoriali? Leggiamoci la lettera dei “medici di famiglia” della provincia di Bergamo.
Possiamo tenerci una Sanità con impoverimento di servizi, di presidi pubblici e con duplicazioni di privati (sempre in cerca di denari pubblici!) orientati al profitto?
Possiamo poi gareggiare sul terreno retributivo con esorbitanti retribuzioni agli apparati politico-amministrativo-dirigenziali? Possiamo accettare che medici e paramedici non abbiano mascherine? Che non ci siano attrezzature?
Quanti soldi spesi per corsi di formazione sulla sicurezza! E poi?
Possiamo andare avanti con sistemi che non consentono di fabbricare materiali a basso valore aggiunto quando essi sono però indispensabili per difendersi e tutelarsi?
Sapendo che gli indici di invecchiamento saranno l’unica statistica in crescita, possiamo continuare a pensare che le problematiche di vita degli anziani vanno affidate a sistemi da “case di riposo”, nelle quali, salvo le buone professionalità e gli spiriti di reale volontariato, si vivono giornate di impoverimento totale di relazioni umane e sociali, perché crescente è l’affarismo aziendalistico per il profitto?
È civile una società che sulla malattia e sulla vecchiaia consente arricchimenti?
Queste domande, incentrate sul ciò che è stato il “prima” e ciò che dovrà essere il “dopo”, vanno estese in tutti i settori lavorativi e della vita associata.
Compresi gli apparati politico-istituzionali.
Ecco, il “dopo” non dovrà essere come il “prima”. Ma migliorato.
Lo “spirito resistente” ci può, ci deve guidare, vittoriosi.
Fra poche settimane sarà il 25 Aprile.
Riconnettiamoci con i valori portanti della Liberazione.
Con la Costituzione in mano “ce la faremo”! Con davanti, specialmente, l’art. 3.
Son certo che Antonio, che va ringraziato per il suo intervento di sollecitazione, può condividere.
di Angelo Falbo