Abbiamo dovuto assistere a scene sudamericane. Con tutto il rispetto per quelle popolazioni. Quattrocento uomini in assetto di “stato d’assedio” per una operazione ad “alto impatto”. Posti di blocco, pattuglie con mitra spianati, strade, vicoli e piazze con presidi armati, assalto alle porte per entrare, forzando quelle interne, rovistando dappertutto, scassando con martelli pneumatici. Alla fine della prova di forza, di militarizzazione di un intero quartiere, il bottino è stato scarso. Forse perché i gruppi malavitosi avevano intuito o avevano avuto soffiate. Hanno lasciato in tempo le dimore facendo scomparire quanto poteva risultare compromettente: partite di droga, riserve di armi, elenchi di clienti, spacciatori e documenti contabili.
E’ stato più evidente l’aspetto repressivo, dimostrativo, scenico, che l’efficacia reale dell’operazione, che sappiamo poi seguita da altri interventi più opportunamente tenuti sotto silenzio.
Siamo convinti che tali operazioni alla “fine” ci vogliono.
Ma, proprio perché “alla fine”, siamo certi che non si è fatto il necessario ”prima”.
In chiare parole. Siamo convinti che tali operazioni rappresentino il fallimento della Repubblica parlamentare. Rappresentino il tradimento della sua Costituzione. Rappresentino altresì la diserzione della democrazia, con la rinuncia dei cittadini alla partecipazione alla “cosa pubblica”. Con l’avvilente scenario di un buon 50percento di elettori che progressivamente rifiutano il diritto al voto. Distacco gravissimo tra Stato e cittadini, di cui si parla solo nei salotti televisivi. E solo in termini di cronaca sui risultati elettorali. Mentre gongolano in cuor loro quei 5 o 6 capi partito che si sono arrogati il diritto di chi deve a scalare essere l’eletto, formando gli elenchi di candidati, che, con sempre meno votanti richiedono sempre meno sforzi!
Gli ignari elettori non votanti, irresponsabilmente, hanno loro agevolato il compito.
Torniamo a Caivano. Quello a cui abbiamo assistito, il Presidente del Consiglio l’ha chiamato “intervento di bonifica”. Va ripetendo la brutta e abusata frase del “ci metto la faccia” Che se la vedi quando urla, e le capita spesso, ti impaurisce.
Invece d metterci scelte politico-economico-culturali appropriate. Di investimenti.
Alle vicende di crudele cronaca per lo stupro delle due ragazzine da parte di un branco di minorenni e maggiorenni lo Stato ha risposto con un intervento repressivo a cui sta seguendo il varo di un Decreto, denominato appunto “Decreto Caivano”.
Le scene hanno suscitato un dibattito con entusiastici consensi. Ma anche tante critiche indirizzate ad una modalità fondamentalmente di esclusiva repressione. Dove lo Stato ci “mette la faccia” dura dell’ordine pubblico e se ne va. Senza affrontare la questione sociale, del perdurante degrado, delle povertà economiche, culturali, relazionali, foriere di comportamenti malavitosi, connotati da ferocia, crudeltà e angherie, di dominio di gruppi su interi quartieri. Con boss dominatori e molti sopraffatti. Da alcuni decenni.
Si capisce che l’arrivo spettacolare di quattrocento divise con mitra spianati dentro i vicoli, i condomini e i palazzoni, nel mentre le volanti a sirene spiegate circondano gli isolati, seguiti da elicotteri volteggianti in cielo, può essere accolto con favore, con animo rassicurato, rispetto alle intimidazioni, alle violenze subite, viste, ascoltate.
Nei salotti televisivi, governanti, politici, giornalisti, opinionisti, intrattenitori. pronti a dire che lo Stato “non c’è stato” Prima non se n’erano accorti!. Quali inchieste?
Ha abbandonato periferie e “popolani”. Tutti pronti ad invocare la mano dura. Contro. Ognuno a sparare misure. Un Ministro addirittura urla, a collo gonfio, l’abbassamento dell’età di carcerazione a partire dai ragazzi di 12 anni.
Solo per averlo pensato, e poi urlato, meriterebbe di essere dimissionato all’istante.
Sempre lui, Salvini, all’erta da tempo a fare il primo della classe. A schiamazzi.
Scenari di mobilitazioni repressive seguite da argomentazioni governative reazionarie.
Ripetiamo E’ chiaro che l’intervento di ripristino di regole di convivenza e di contrasto duro alle malversazioni deve esserci. Va fatto con il dovuto silenzio, non a spettacolarizzazione. Neppure annunciandolo, tanto che poi nelle dimore non si trova nessuno tranne qualche semplice sprovveduto.
Soprattutto, bisogna prendere atto dello stato delle cose, per poter indicare e applicare misure e rimedi appropriati. Che richiedono tempo, ma bisogna avviarle subito.
Bisogna finalmente capire che quando la Repubblica tradisce la sua Costituzione e, invece di eguaglianza, giustizia sociale, si accrescono le diseguaglianze, i disagi e le sofferenze. di conseguenza aumentano il degrado e le devianze.
Bisogna finalmente comprendere che quando la Democrazia viene svuotata e si diserta l’esercizio della partecipazione, avanza sia il distacco che l’insofferenza, le quali, da una parte indeboliscono le Istituzioni e dall’altra accrescono le paure e la richiesta d’ordine, Un ordine inteso nel suo aspetto repressivo. Senza riflessione sulle cause.
Senza richiesta di rimedi di promozione umana e sociale, di civiltà.
C’è solo un astratto richiamo alla funzione della Famiglia e della Scuola, Senza l’accompagnamento di giusti e adeguati interventi/investimenti.
Ebbene, nello stesso Decreto, a quanto si legge e salvo l’approvazione in corso di emendamenti incisivi, non sono presenti misure sistemiche, strutturali, valide per consentire ai cittadini di quell’area speranze di rapidi mutamenti positivi.
Azione che dovrà valere per tutte le intere aree in condizioni di degrado economico-sociale-culturale presenti nella Penisola. E non solo nelle aree a maggior degrado.
Ebbene, se gli urlatori di oggi avessero avuto il tempo, la sensibilità, la curiosità o il semplice buon senso di verificare in questi anni in che condizione sono vissute le Famiglie e la Scuola a Caivano “Parco Verde”, oggi non saremmo al bassissimo livello di degrado e ai comportamenti animaleschi di abbrutimento dei corpi e delle coscienze provocati da ragazzi, giovani su innocenti e indifese ragazzine.
Vulnerandone corpo e animo.
La “Scuola Parco Verde di Caivano” coraggiosamente aveva fotografato e denunciato la realtà di cui Governanti nazionali, regionali e Autorità scolastiche non hanno voluto prendere atto in tempo. O hanno fatto finta di non vedere, di non sentire, di non sapere.
Eppure la Scuola, nel suo documento di presentazione, di “identità” ha scritto tutto quanto crudamente si viveva e cosa sarebbe occorso.
Abbiate la pazienza di leggere quanto hanno scritto il Dirigente scolastico e i Docenti nel documento fondamentale della loro Scuola: Ecco:
La sede centrale dell’Istituto Comprensivo 3 “Parco Verde”, si trova all’interno di una realtà urbana, quella del “Parco Verde”, priva di una sua identità culturale riconoscibile. Il quartiere, infatti, ha visto la sua nascita in seguito al trasferimento di cittadini napoletani le cui abitazioni erano state rese inagibili dal nel 1980 dal terremoto.
Questo trasferimento “forzato”, ha contribuito al maturare di un sentimento di disaffezione per questo luogo che nasce alla periferia di Caivano assumendo più i connotati del “ghetto” che quelli di una naturale conurbazione.
Con queste premesse, l’insediamento si è rivelato, nel corso degli anni, un’area ad alta concentrazione di microcriminalità, spaccio, prostituzione ed altre attività delinquenziali.
In una così devastata realtà territoriale la presenza degli organi istituzionali è quanto mai difficile, e spesso, essi risultano inadeguati nel proporre alternative valide ai processi di affiliazione alle cosche malavitose locali. Gli esempi che quotidianamente vivono i nostri alunni sono quelli ispirati ai “controvalori” della prepotenza e del sopruso. I comportamenti che gli insegnanti riscontrano a Scuola richiamano, anche nel linguaggio, quello mutuato nella realtà violenta di destabilizzante che i bambini vivono in famiglia. Sin dalla età in cui essi entrano nel mondo della scuola mostrano di aver interiorizzato atteggiamenti di sopraffazione per i quali in famiglia, spesso, ricevono gratificazioni—
Altro che affidarsi alla famiglia!
E’ una fotografia impietosa nella cui realtà le istituzioni annaspano. La Scuola è inascoltata o vista ostilmente. Anche troppo spesso ha contro le stesse famiglie. Una realtà che le cronache di questi giorni hanno indicato con circa il 50per cento di ragazzi che non arrivano neppure alla Licenza della Secondaria di Primo grado (ex Media).
Perché? E Chi deve /doveva vigilare ? Dov’è /dov’era?
Le cause sono le povertà e i profondi disagi sociali, accompagnati a sensi di frustrazioni e convincimenti sulla inutilità della frequenza scolastica, a fronte di vite vissute negli eterni espedienti, dell’arrangiarsi. Vivendolo, larraggiamento, anche nelle forme più deplorevoli e riprovevoli, da parte di ragazzi e ragazze, sull’esempio dei tanti giovani maschi e femmine, caduti nelle trappole dei meccanismi d’ambiente.
Venendo premiati, “gratificati” dai familiari, parenti amici. Evidentemente per le loro ruberie, malversazioni e devianze sopraffattrici portate a buon termine.
Chi doveva vigilare non l’ha fatto in tempo. Eppure non sono mancati gli appelli di Parroci e coraggiosi “Maestri di strada”
Ora arrivano, i Ministri, con la scorciatoia di sempre: le misure repressive
Si pensa di sconfiggere l’evasione scolastica con la minaccia di carcerazione dei genitori o dei tutori: due anni se manca l’iscrizione a Scuola, o un anno se c’è l’iscrizione, ma non la piena frequenza.
Ma, ne hanno Genitori tanti di questi ragazzi?
E sono in condizioni di affrontare le spese? O le pene?
E si pensa di rafforzare la funzione della Scuola con l’arrivo temporaneo di qualche docente assegnato in più. Con quale spirito, con quali prospettive, con quali funzioni?
Non è che si vuole mandare una ventina di “tutors”? O la consueta ispezione?
Personalmente sono da sempre a favore dell’obbligo scolastico anche coatto. Lo considero un principio conquistato. Ma nelle realtà come quella descritta ci vuole molto di più. E a monte.
Ci vuole sistemicamente una Scuola a tempo pieno con servizio mensa e trasporto fino ad un biennio superiore, obbligatorio. A quando il biennio unico? Da sperimentare in tutto il Mezzogiorno? Con sostegno diretto per l’acquisto di tutto l’occorrente. Magari per ISEE familiare inferiore ai 15.mila euro.
Considerando il reddito medio della zona si vedrà che il sostegno diventerà a tappeto!
In effetti, alla base, assieme ai comportamenti violenti e/o depravati bisogna sradicare le povertà, Creare prospettive. Far toccare con mano come la Scuola sia risorsa fondamentale, funzionale alla promozione di sé e della collettività. Non bisogna affidarsi astrattamente alle Famiglie, che sono in gran numero disgregate, ed esse stesse causa di disagi e sofferenze, Tra l’altro con minacce di multe e pene.
Bisogna rafforzare la Scuola garantendo in essa quante più ore possibili di attività formative, sul piano didattico, formativo, relazionale e affettivo, tanto da investire sui figli che crescono, per il risanamento morale delle stesse esperienze familiari.
Altro che ammonimenti, daspo e carcere. Che solitamente incrudeliscono i malesseri.
C’è da ribellarsi ogni volta che si fa riferimento alla Scuola caricata di “responsabilità”, e “salvatrice” in ogni occasione di cronaca crudele, per poi tagliarne i fondi, indebolirne l’organizzazione e l’assetto.
Ci sono incidenti stradali mortali? Ci vuole:
Educazione stradale: Dobbiamo ricominciare dalla Scuola
Ci sono morti per incidenti sui posti di lavoro?
Educazione alla Sicurezza: Dobbiamo ricominciare dalla Scuola
Ci sono gli stupri?
Educazione sessuale: Dobbiamo ricominciare dalla Scuola
Ci sono i femminicidi?
Educazione sessuale e agli affetti/ai sentimenti: Dobbiamo ricominciare dalla Scuola
E…di seguito
Sono convinto che davvero bisogna ricominciare dalla Scuola.
Però mettendola subito sistemicamente in grado di affrontare tutte le questioni valoriali stravolte da un sistema sociale che, in accelerata trasformazione, (involutiva) sta consumando prodotti materiali e coscienze.
Però implementando i tempi – scuola, la formazione dei percorsi di tutto il Personale.
Però implementando a regime il Diritto allo studio dall’Infanzia alla Laurea.
Non possiamo continuare a sentirci un Paese industrializzato e competitivo continuando ad avere il più basso numero di Giovani Diplomati e Laureati tra i sette Paesi più industrializzati.
Però accompagnando alle azioni della Scuola programmi educativi della comunicazione, oggi votata alla ricerca delle voluttà anche le più disparate e fuorvianti.
Però imprimendo allo Stato una direzione di rispetto, tutela e fruizione dei diritti costituzionali, per far prevalere un concetto di civiltà aperta e non chiusa, fino ad escludere dai suoi componenti anche chi in Italia è nato e / vive da qualche decennio.
Però con uno Stato che realizzi speranze e futuro fattuale per i giovani diplomati e laureati. Non possiamo competere con meno giovani diplomati e laureati e, per paradosso, avere il più alto numero di giovani, diplomati e laureati, disoccupati o sottopagati.
Però con uno Stato che induca a sentirsi uniti, non differenziati! Con il rischio che il sistema scolastico nazionale già gravato di troppe carenze, come indicate nel mio scritto precedente, sia frantumato in 19-20 sistemi scolastici degli staterelli voluti dalla Lega e dai Soci di Governo. Staterelli fatti nascere nati per egoismi socio- economico-politico- territoriali, e non potranno avranno futuro. Provocheranno solo lo sfascio dello Stato unito, contenziosi e forme di ribellismi localistici,. Nascenti.
A voi, queste possono sembrare considerazioni di accezione retorica o moralista.
No, ricordiamoci che gli Esempi, le Testimonianze e i Valori si respirano.
Le generazioni di oggi, in troppi luoghi, sono esposte a respirare miasmi sociali.
Dai quali solo in pochissimi sono destinati a scampare.
Se si continuerà così. O, peggio ancora con soli rastrellamenti.
Non ci sono Oratori o Centri sportivi o Scuole che tengano. Con tutti gli esempi eroici di Parroci e di Maestri di strada..
Ci vuole l’attuazione piena dell’art. 3 della Costituzione, del primo comma e particolarmente del secondo. (Leggetelo, prima che vengano istituzionalizzate le diseguaglianze differenziate!.)
Mentre concludo il Presidente della Repubblica, entra nell’Aula della Camera, per la ricorrenza dei 75 anni della Carta Costituzionale
Che entrata in vigore il 1Gennaio del 1948 e non del 47, come erroneamente avevo scritto,
Applausi e dicorsi vanno benissimo. Bisogna colmare presto il divario tra i Principi scritti negli articoli, quanto viene detto celebrandoli per poi lasciarli inattuati.
Angelo Falbo