C’è anche l’ultimo libro di Sonia Serazzi tra i libri proposti al Premio Strega, quest’anno: “Una luce abbondante”, pubblicato da Rubbettino.
A presentarlo, la scrittrice Romana Petri che ha accompagnato la scelta con questa motivazione: «Per le strade di Sacravento, che parrebbero scure di miseria, fiorisce invece la bellezza. C’è l’amore ferito e imperfetto tra Silverio, che vuole fabbricare il Vangelo in terra, e Marinzaina che sogna di partorire angeli. E in questa famiglia, così sghemba agli occhi del mondo, nasce Francabbù che ha imparato a correre più veloce delle sue scarpe e a cavalcare il nero con la penna. E ancora, quello di Suor Teresa di Cristo per la piccola Sarsì che vive con una bomboletta d’aria sulle spalle, celata da uno zaino luccicante. C’è la storia amara di Marsol che accarezzava un drago perché credeva gli volesse bene. “Una luce abbondante” di Sonia Serazzi è una favola luminosa di creature sbagliate, ma che sanno comunque scegliere cose giuste. Sonia Serazzi, con una narrazione di cristallo, in cui un cielo che comincia dal basso anima i personaggi di fiducia e di speranza, racconta la forza che nasce dalla fragilità e in cui la generosità è un movimento ininterrotto che esclude solo chi serra i pugni contro l’altro. La scrittura di Serazzi non insegue trame, ma il dispiegarsi di esistenze dove la maestà del patire si staglia contro le macerie».
Il romanzo segue le vicende di alcuni bambini che vivono in situazioni che definiremmo di marginalità sociale, insieme alle loro famiglie. Questi fanciulli hanno forse avuto la sfortuna di nascere in famiglie sbagliate, ma non per questo sono stati meno amati.
Hanno incontrato in alcuni casi adulti che hanno graffiato le loro vite ma anche adulti che hanno saputo offrire loro cura e amore, adulti magari messi ai margini della vita ma capaci di individuare un sentiero nella foresta delle loro esistenze.
“Una luce abbondante” è un romanzo carico di amore e di speranza ma che a tratti sa essere crudo e urticante.
Sonia Serazzi, dopo l’esordio letterario nel lontano 2004 con “Non c’è niente a Simbari Crichi”, salutato da critica e lettori come autentico caso letterario, tornò alla scrittura dopo ben quattordici anni di silenzio con il romanzo “Il cielo comincia dal basso” (2018), accostato dalla stampa alle opere di Cormac McCarthy.
Forse è questa la peculiarità dell’opera di Serazzi all’interno del panorama letterario: la capacità di osservare le parole per lunghi periodi, trovarle nascoste, riconoscerle e trasformarle in scrittura di cristallo per poi raccontarle attraverso le pieghe di esistenze minute, storie rare dove la bellezza e la fatica di vivere conoscono il valore dell’incontro e della simbiosi.

«Intanto ringrazio Romana Petri per la generosa attenzione al mio lavoro. E ringrazio il mio editore, Florindo Rubbettino, perché ha creduto in me, fin dall’inizio. Certo, credere in me ha un alto margine di rischio, di cui egli si è fatto carico, lasciandomi libera di inseguire sulla carta le vite più piccole, quelle che fioriscono sui margini, sfondando di giallo coraggioso il nero dell’asfalto. Io so scrivere solo di vite che somigliano alla mia», ha dichiarato l’autrice.
«“Una luce abbondante” – ha proseguito – insegna le vittorie segrete di esistenze che paiono appallottolarsi stropicciate, invece si aprono lisce e tenerissime, attente agli altri. I personaggi di Sacravento sono creature che vincono perché dai fallimenti imparano nuovi inizi e altri cammini. Ho scritto “Una luce abbondante” perché volevo annientare il pensiero che le vite possono fallire. La vita, finché resiste, è sempre una vittoria da celebrare a mani aperte, proprio come fanno i bimbi che esultano».