È molto dura la presa di posizione del Comitato pro ospedale del Reventino, che ha riunito nei giorni scorsi il proprio direttivo, nei confronti della possibile attivazione, all’interno della struttura ospedaliera e in alcuni suoi spazi al momento inutilizzati, dell’ospedale di comunità, cosa che viene definita «una simbiosi pericolosa, tra l’altro non consentita nel DM 70 e che a nostro giudizio finirebbe per esautorare l’ospedale per come attualmente viene percepito lasciando spazio a un “cronicario”». In discussione anche la ventilata ipotesi dell’implementazione dei servizi di riabilitazione cardiologica e di trattamento dei disturbi alimentari, giudicati un’opportunità, ma non certamente decisiva per le sorti dell’ospedale, e inoltre strategicamente difficili da ipotizzare se non si risolvono prima i problemi di viabilità e trasporto pubblico da e verso quest’area interna al momento difficile da raggiungere.
Per il Comitato serve un ospedale generale o “di montagna” che risolva i problemi sanitari di un bacino di circa 30mila residenti a cavallo tra le province di Catanzaro e Cosenza. Un ospedale «con servizi diagnostici quali il laboratorio analisi (non a mezzo servizio) con almeno 50 prelievi giornalieri per esterni, la radiologia con presenza del radiologo due volte a settimana e ambulatori quali: ortopedia, oncologia, pediatria, diabetologia, oculistica, otorino, fisioterapia, endocrinologia, chirurgia» e altri ancora. In cui è necessario riattivare al più presto il day surgery, la chirurgia di giorno per piccoli interventi, che tra l’altro contribuirebbe a decongestionare i grandi ospedali dei centri più vicini, e lasciare inalterato il Pronto soccorso con OBI (Osservazione Breve Intensiva), che tante vite ha salvato anche grazie alla presenza da qualche tempo di un nutrito gruppo di medici cubani, e che correrebbe invece il rischio di essere declassato a punto di primo intervento se inserito in un contesto di ospedale di comunità.
Infine, si mette il dito nella piaga dei conti economici, che non potranno mai essere in linea con i numeri stabiliti, in modo deterministico e poco attento alle reali esigenze dei cittadini, per la sostenibilità di una struttura ospedaliera, se questa viene costantemente privata dei suoi servizi essenziali: «Non riesce difficile comprendere come se a un supermercato ogni giorno manca un prodotto alla fine non ci andrà più nessuno», conclude il Comitato, auspicando come primi segnali positivi la nomina di un direttore sanitario e la rinuncia a confondere le acque con l’istituzione dell’ospedale di comunità.
Raffaele Cardamone