Centinaia di comitati d’Italia a difesa del servizio sanitario pubblico, e contro un sistema che guarda sempre di più verso il privato, si sono riuniti a Roma “per fare fronte comune”.
L’idea è stata lanciata a livello nazionale dal calabrese Domenico Spolitu, assieme a Flavio Ceccarelli e Valerio Bobini dei comitati toscani, subito sostenuti da altri comitati promotori tra i quali il C.R.E.S.T. della Toscana, il C.O.MO.CAL., che rappresenta gli ospedali di Montagna Calabresi, presieduto da Alessandro Sirianni (ora anche membro del neo costituito Comitato Nazionale per la Sanità Pubblica) e il Comitato Pro Ospedale del Reventino, presieduto da Antonio Maida, oltre che i Comitati di Agnone, di Novafeltria, di San Severino Marche, di Fossombrone, del S. Biagio di Domodossola e di Sassocorvino.
All’incontro hanno partecipato i rappresentanti di oltre cento comitati, non solo appartenenti ad aree marginali o montane del Paese, ma anche ad aree metropolitane come Napoli, Roma e Firenze. Infatti, i problemi legati alla sanità sono ormai diventati endemici e diffusi su tutto il territorio nazionale.
Dappertutto mancano le risposte di una sanità efficiente: i cittadini si ammalano sempre di più e si curano sempre meno, a causa dei tempi lunghi delle prenotazioni e del costo dei ticket sempre più proibitivo. Ciò dimostrato da un indice di mortalità che è tornato a essere pari a quello del 1942.
Alla base di tutto c’è la chiara scelta politica di voler “regalare la fetta più grande del sistema sanitario nazionale ai privati e quindi alle assicurazioni”, com’è stato ampiamente confermato durante l’incontro, con la strategia del taglio dei servizi che attraversa da Nord a Sud tutta l’Italia.
Sono quindi stati trovati degli imprevedibili punti di contatto, per esempio tra Gemona del Friuli e Soveria Mannelli in Calabria. In entrambi i luoghi è stata creata ad arte “l’emergenza neonatologia”, non si è fatto fronte alla carenza dei medici e infine si è utilizzata la sola “matematica dei numeri” per chiudere servizi fino ad allora ineccepibili.
Rispetto a questo stato di cose, l’assemblea di Roma ha espresso un netto e unanime rifiuto, ribadendo come la sanità sia un diritto inalienabile di tutti i cittadino, sancito dalla Costituzione, che va difeso con ogni mezzo.
Nel corso dei lavori, è stato approvato per alzata di mano un documento preparato dai comitati fondatori che si richiama alla “sostenibilità del sistema sanitario per come era prima dell’avvento delle ASP che hanno sotterrato le USL”, quest’ultime, a detta dei più, capaci di “far convergere gli interessi dei territori con quelli del sistema in un approccio di pacifica convivenza.”
La proposta chiave dei comitati sembra essere quella che imporrebbe allo Stato di “tenere per sé l’ottanta per cento del servizio sanitario nazionale, attribuendo ai privati una quota al massimo del venti per cento.”
Per gli appuntamenti futuri dei comitati esiste già un’agenda, che prevede i seguenti punti: la definizione del documento costituente; la costituzione delle rappresentanze Nord-Sud; due incontri prossimi da tenersi uno al centro-nord e uno al centro-sud; una “prova muscolare” prevista per il prossimo 20 settembre, in cui i comitati inviteranno tutti i cittadini in una grande manifestazione a Roma.