La Storia è una materia in continuo divenire. Succede che la ricerca e la scoperta di un nuovo documento, e poi la lettura, l’analisi e la comparazione aggiungano nuovi elementi, e a volte mettano addirittura in discussione certezze storiografiche acquisite. Ciò è accaduto anche a proposito di San Mango d’Aquino, quando un documento reperito presso l’Archivio diocesano di Tropea ha spinto a riflettere sul toponimo che ha identificato il centro abitato all’epoca della sua fondazione.
È opinione diffusa che quel nome sia stato Muricello, tant’è vero che nel 2007 l’Amministrazione Comunale (sindaco Vincenzo Buoncore, assessore Antonio Chieffallo) ha titolato proprio “Muricello” una Rassegna Culturale che oggi è diventata “Premio Muricello”.
G. Fiore da Cropani (Della Calabria illustrata, Napoli 1691) scrive: «Villaggio detto prima Muricello, mà oggidi Santo Mango». T. Aceti in Barrio (1737): «Esiste anche Mango, una volta Muricello, comunemente S. Mango, villaggio costruito nel 1640». Da allora questo termine ha accompagnato l’attuale denominazione di San Mango e i cultori di storia locale hanno sempre fatto riferimento a Muricello come primo nome del paese.
La “Bolla, ed istrumento della fondazione, e dotazione della Chiesa Parrocchiale di S. Mango” –recuperata a Tropea e dalla locale associazione “Amici della Musica” (presidente Alfredo Chieffallo) consegnata in copia al sacerdote pro-tempore don Ignazio Nicosia – mette in discussione questa versione e spiana la strada a nuove ipotesi.
In essa, infatti, si legge più volte la dizione: «Casalis Sancti Manghi, seu Moricelli», con altrettante specificazioni che certificano l’edificazione, da parte della famiglia d’Aquino, di un «Casale, oggi San Mango, in territorio della Terra di Savuto». (Si ricorda che nella geografia storica dell’insediamento meridionale il termine Terra era usato per designare un centro abitato rurale, un villaggio; Casale era, invece, un più piccolo agglomerato di poche case; quindi San Mango nasce come pertinenza di Savuto).
E non solo. In un breve vaticano del 1668 si fa riferimento alla «ecclesia casalis S. Manghi seu Moricelli, Tropiensis Dioecesis […] iurepatronatus familiae de Aquino» (A. Cario, I d’Aquino in Calabria, Ma.Per. Editrice, 2016). Inoltre, la situazione dei pagamenti fiscali redatta per l’anno 1669, assegnando al paese 90 fuochi, riporta la denominazione «Morricello, alias Casalnuovo, seu S. Mango» (Napoli, Regia Stampa di Egidio Longo, 1670). «Morricello» scrive pure Gustavo Valente nel suo Dizionario dei luoghi della Calabria (Frama Sud, 1973).
Sulla base di questi dati, non è azzardato suggerire il termine “Moricelli” (o “Moricello”) come prima denominazione del paese, facendo derivare Moricello da Morus, nome latino delle piante di gelso, all’epoca disseminate nelle campagne circostanti. Piante di gelso bianco, le cui foglie erano utilizzate per alimentare il baco da seta, in un territorio dove la bachicoltura rappresentava da secoli una fonte primaria di sussistenza per le famiglie calabresi.
Nella sola diocesi di Martirano, per esempio, la diffusione del gelso occupava il terzo posto, preceduta da querce e castagno, e anche il fondo Finochiara, confinante con San Mango in prossimità del fiume Savuto, risultava parzialmente ricoperto di querce e gelsi, oltre alle superfici destinate alla coltura del grano (M. Gallo, Storia del paesaggio agrario e forestale della Calabria, Edizioni Due Emme, 1991).
D’altra parte, il Cabreo del Baliaggio di Sant’Eufemia del Sovrano Militare Ordine di Malta, redatto nel 1624 (trascrizione G. Valente), nelle pagine dedicate a Nocera parla di «uno territorio seu ghiandaggio in diverse partite, in Valle di Cavalle, justa lo fiume dello Moricello, la via pubblica, le terre della mensa piscopale».
Ad ogni modo, l’evoluzione del nome col quale è identificato di volta in volta il nuovo centro abitato si deduce chiaramente dalle fonti ecclesiastiche. Nelle relazioni dei vescovi di Tropea, conservate presso l’Archivio Segreto Vaticano, troviamo nel 1652 il territorio classificato come villaggio alle dipendenze dell’oppidum (città con mura o fortificata) di Savuto («Habet pagum dictum Santo Mango»), mentre nel 1669 il paese è identificato col nome di “Casale” («Casale Santo Mango»).
Altre notizie si rintracciano nei Registri Parrocchiali. Nel 1656 troviamo il primo parroco del paese – don Matteo Capilupo – «cappellano del Casale novo». Nel 1659 leggiamo «rettore di Casale novo» e poi, nel 1660, «curato di Casal nuovo». Nel 1668 appare per la prima volta la denominazione attuale: «Casale novo alias Santo Mango», e poi «Casale di Santo Mango». Nel 1670 don Giuseppe Perri è chiamato «curato del Casale di Santo Mango»; nel 1672 egli è ancora «parroco del Casale di Santo Mango». Nel 1679 è la volta di don Giovanni Castagnaro «parroco della Terra di Santo Mango».
Diverso è il discorso riguardante i documenti civili e militari. In una mappa cartografica della Calabria, realizzata da Cassiano de Silva nel 1691, il paese è identificato con il termine “Savuto”, mentre l’attuale centro storico di Savuto è identificato con il termine “Pietra piana”. Sulle carte geografiche, l’identificazione di San Mango con il nome di “Savuto” è destinata a durare per tutto il Settecento. La denominazione corretta appare sotto i Francesi ed è riportata nell’Atlante Geografico del Regno di Napoli del 1812: per la prima volta si legge “Casale Novo di Sammango”. Nel 1816, in virtù della nuova divisione amministrativa operata dai Borbone, il paese è trasferito dalla provincia di Cosenza a quella di Catanzaro, e nella carta della Calabria Ultra Seconda il nome diventa “Sammango”; la denominazione “Savuto” viene giustamente attribuita all’antico centro storico alla destra idrografica del fiume, i cui abitanti fin dalla seconda metà del Cinquecento hanno contribuito a popolare i luoghi dove poi sorgerà San Mango.
Nelle carte civili e militari, il paese sorto sulla sponda sinistra del fiume – staccato definitivamente dalla Baronia di Savuto nel 1718 e rimasto ai d’Aquino fino al 1799 – non è mai indicato come Muricello oppure Moricelli. Ciò significa che entrambi i termini sono stati “volgarizzati”, e per questo mai usati come denominazione ufficiale. Quindi, per una corretta definizione, sarebbe opportuno richiamarsi alle fonti ufficiali e agli istrumenti del tempo, dove si scrisse che prima il padre Tommaso d’Aquino e poi il figlio Luigi intendevano fondare – come in effetti fondarono – «un nuovo Casale nominato S. Mango, in territorio di Savuto».
di Armando Orlando