Soveria Mannelli – L’occasione della presentazione del libro di Francesco Bevilacqua “Lettere meridiane. Cento libri per conoscere la Calabria” (Rubbettino Editore) è stato il pretesto per centrare l’attenzione sui luoghi e sul territorio, nella consapevolezza che l’area del Reventino è un riferimento non solo naturalistico ma anche scrigno di dinamicità sociale, imprenditoriale e culturale. Del resto un proposito non celato fin dal titolo “Reventino/Calabria – Errare, smarrirsi, ritrovarsi”, scelto per presentare l’incontro-conversazione con l’autore, che poi ricorda le nostre radici territoriali e anche la nostra testata on-line ilReventino.it che di quest’area intende essere una voce propositiva.
A spiegare l’intento bivalente dell’incontro, nell’aprire il momento di riflessione culturale, l’editore Florindo Rubbettino, mostrando alle spalle la vetta del monte Reventino, ha rilevato come l’occasione del libro di Bevilacqua ha fornito lo spunto per dischiudere l’attenzione su quest’area territoriale: il Reventino. <<Ci piace raccontare un fermento, un cantiere che in questo territorio si muove, partendo da un tema più generale, che è quello del rapporto degli uomini con i luoghi e con il paesaggio. Provando a descriverlo attraverso l’esperienza di una serie di testimoni che sono persone che quotidianamente, attivamente, dal basso animano e rianimano questo territorio e fanno di tutto perchè ci sia questo rapporto vivo con i luoghi, e lo abbiamo fatto approfittando della presenza di Francesco Bevilacqua che da anni si occupa del divorzio degli uomini dal territorio, della perdita della ricerca della bellezza, dell’appropriazione del paesaggio e dei luoghi. Siamo convinti che questo nostro Reventino sia un habitat particolare, unico per molti versi, e che possa diventare un laboratorio di esperienze, di connessioni che devono spaziare in diversi ambiti, da chi occupa di sociale, di pensiero e di cultura, di manifattura, di solidarietà, del benessere di persone disagiate. In definitiva questo territorio può essere una piattaforma di idee e riflessioni che si integrano e che vengono dal basso e ci sono tante esperienze che si muovono da questo punto di vista e che affondano tutte le radici nella storia e nella cultura di questi luoghi che devono rivivere>>.
Per raccontare e testimoniare le esperienze già attuate sono stati chiamati a presenziare tre soggetti attivi sul territorio: padre Benedetto Marani della congregazione Piccola Famiglia dell’Esodo, Antonio Mangiafave del progetto Gedeone e Aurora Mastrandrea della Fattoria del Benessere. Ognuno nell’ambito di competenza si occupa e si prende cura di questi luoghi.
Racconta il progetto di impresa sociale, Aurora Mastrandea, avviata sei anni fa grazie alla concessione di un piccolo terreno. <<Il progetto partito come Fattoria Sociale, diventando anche Fattoria Didattica, è un centro dove integriamo persone disagiate e con loro siamo riusciti, per esempio, a recuperare la coltivazione del farro – asserisce Mastrandrea -ottenendo un prodotto che è molto ricercato>> e manifesta la convinzione che possono nascere nuove economie nel settore agricolo e artigianale. Poi padre Benedetto, definito l’eremita dell’esodo, che è anche parroco di Adami, riferisce di provenire dalle Marche. In Calabria mancava un realtà contemplativa, la volontà di far nascere l’eremo in questo territorio, sono 100 monasteri in tutta l’Italia, lo ha portato a conoscere e scoprire questa terra in cui dice di aver trovato una sensibilità ed un’ospitalità non riscontrata in altre parti, e rileva <<nell’eremo svolgiamo l’attività di accoglienza vivendo il territorio in punta di piedi, però con grande ospitalità, i visitatori rimangono colpiti dal mare di verde, dalle bellezze naturali di questi luoghi, e poi da monumenti come l’Abbazia di Corazzo>>. Antonio Mangiafave, animatore del progetto Gedeone descrive l’attività, attuata presso il monastero di Corazzo di Carlopoli, come il percorso di agricoltura terapeutica attraverso l’attività di ragazzi svantaggiati, creando delle coltivazioni intorno alle antiche mura dell’abbazia (da poco è stato raccolto il profumato origano) e spiega <<tra le altre cose vorremmo raccontare il valore del luogo, scoprire e diffondere il valore del benessere, innescare degli incontri solidali, ma sogniamo di costruire tanto altro ancora intorno a Corazzo>>.
Dopo aver ascoltato le esperienze vive e intense raccontate dai protagonisti, Francesco Bevilacqua, esordisce rilevando <<sono esempi che contrastano con i continui lamenti che si elevano dalla Calabria>> e sottolinea <<l’inutilità del lamentarsi, serve invece arricchirsi di queste esperienze, di queste positive sperimentazioni e il Reventino dimostra come ci sono tante possibilità da realizzare per costruire l’identità di un luogo sui si innescano processi di accrescimento>>.
Poi in merito all’attività naturalistica, impegno perseguito da anni, precisa che intende “il camminare nei boschi come contemplare” e chiarisce a quanti richiedono di unirsi alle sue uscite che non sono da definire come sgambate tra i sentieri e soprattutto di non chiamarlo sport, giusto per far intendere che le escursioni non sono da considerare come pratica sportiva ma hanno un diverso senso, un sentire ed un approccio differente, a tal riguardo in modo esaustivo ha scritto un dissuasivo e chiarificatore pensiero che si può leggere al link che riportiamo: PER FAVORE, NON CHIAMATELO SPORT! https://www.facebook.com/fra.bevilacqua/posts/995165973837563
Infine Bevilacqua nel suo eloquio si sofferma sul valore dei luoghi, e rischiara l’idea su questo tema che riguarda i territori ed anche quello del Reventino, evidenziando <<i luoghi valgono, hanno un valore, non economico, ma nel senso di dignità e soltanto se nei luoghi riconosciamo noi stessi non li svendiamo. Il paesaggio non è il contenitore, fa parte della comunità. I territori hanno un valore, che si calcola attraverso il rapporto che determiniamo con i luoghi>>.
Un incontro, in definitiva, che ha ravvivato e fornito energia a chi crede e ama “il Reventino”.