Il binomio Carlopoli – Abbazia di Corazzo fa pensare ai monaci cistercensi che abitarono queste lande portando, oltre che la fede, cultura e forme di economia che consentivano loro di lavorare e vivere bene nel loro piccolo mondo. Sicuramente non erano degli eremiti, perché la loro regola gli imponeva di vivere in comunità, ma questo conta poco. Quel che sappiamo è che tra le loro innumerevoli attività c’era anche quella, tipica dei monasteri cistercensi, di fare infusi alle erbe. E sappiamo pure che questa cultura del lavoro, che a Corazzo ha avuto origine, ha lasciato tracce profonde nel territorio circostante e in tutta l’area del Reventino, dove infatti non mancano esempi notevoli di imprenditorialità sana, che a quel modello si è forse inconsciamente ispirata.
Uno tra questi è quello del Liquorificio Gentile di Carlopoli che dal 2000 produce liquori di vario genere, ma tutti particolari e caratterizzati da una lavorazione artigianale, tra cui spicca l’Amaro Eremita, un liquore alle erbe che si è affermato anche nella recentissima edizione del World Liqueur Awards 2022, che si è svolta in Inghilterra, aggiudicandosi la medaglia d’oro nella sezione “liquori alle erbe”.
L’imprenditore Luca Gentile non trattiene la sua gioia e non nasconde il suo giusto orgoglio per il «prestigioso riconoscimento ottenuto dal nostro Amaro Eremita a livello internazionale, un amaro alle erbe, accuratamente selezionate e trattate attraverso una cura artigianale scrupolosa, all’interno di una filiera totalmente calabrese». E si tratta di un riconoscimento che deve inorgoglire un intero territorio perché premia un impegno che ne ha inteso sempre rispettare le tradizioni e il valore identitario.
Concetti che ritroviamo pienamente in queste due affermazioni dell’azienda e che ne rappresentano in qualche modo il vero “marchio di fabbrica”: «la maggior parte dei nostri liquori viene prodotta seguendo antiche ricette cistercensi» e «nelle nostre bottiglie racchiudiamo tutta la nostra passione e il nostro amore per i liquori: “Gocce della terra in cui viviamo”».
Raffaele Cardamone