Carlopoli – L’intuizione dell’Associazione Progetto Gedeone di istituire la Residenza d’artista, offrendo vitto e alloggio ad artisti di vario genere in cambio appunto di arte e conoscenza, ha dato vita alla prima vera sperimentazione di questo inconsueto ma efficace modo di produrre spettacolo e cultura.
Ieri (12 luglio 2015), nello splendido scenario dell’Abbazia di Corazzo, la compagnia teatrale “L’Harem di Fletcher” di Giuseppe Alfano e Luciano Carbone ha infatti messo in scena l’atto unico di Luigi Pirandello “L’uomo dal fiore in bocca”.
Le tante persone intervenute sono dapprima state intrattenute dall’ormai famosa figura di “Fra Guida” (alias Antonio Mangiafave: animatore straordinario e… volontario) che ha illustrato i luoghi e la storia dell’Abbazia in una visita guidata suggestiva e istruttiva al tempo stesso. Ma ha anche spiegato il senso dell’iniziativa portata avanti dall’Associazione Progetto Gedeone, affermando davanti ai tanti visitatori che “i sogni che abbiamo coltivato sono qui: sogniamo che l’Abbazia sia frequentata da persone. I monaci cistercensi sono venuti qui perché c’era un valore e non solo per la bellezza del luogo. Noi vogliamo che questo valore sia colto anche negli anni a venire”.
A questo punto, all’interno delle mura dell’Abbazia, su un piccolo palco allestito per l’occasione si è esibito “L’Harem di Fletcher”. Il duo di attori, evidentemente galvanizzato dall’atmosfera inusuale quanto perfettamente adatta a una rappresentazione teatrale, ha offerto un’interpretazione particolarmente intensa e profonda de “L’uomo dal fiore in bocca” di Pirandello, inducendo a una riflessione sul senso della vita, e sul valore delle piccole cose quando questa sta per allontanarsi da noi, quanto mai adatta al luogo che conserva molto del misticismo del passato, fino al celebre finale consolatorio in cui il protagonista paragona i giorni di vita che gli restano ai fili d’erba di un ciuffo che il suo interlocutore dovrà scegliere per lui, ma si raccomanda che sia bello folto.
Gli attori volevano però dare sfogo anche alla loro vena comica e quindi, con un sorprendente cambio di registro, dal serio al faceto, hanno reinterpretato “’A livella” di Totò, un po’ come l’avrebbe fatta il grande Massimo Troisi. Il pretesto che dà vita alla scena è quello di un aspirante attore che si sottopone a un provino e a cui viene richiesto di recitare proprio la celebre poesia in dialetto napoletano. Ma lui non la ricorda bene e, quindi, comincia a improvvisare riuscendo in qualche modo a venirne a capo, in un susseguirsi vertiginoso di divagazioni e invenzioni comiche. A grande richiesta del pubblico presente, “L’Harem di Fletcher” si è infine ripresentato sulla scena per interpretare un gradito “fuori programma”: un’esilarante gag sulla “fobia del citofono”, che suona sempre negli orari meno opportuni e che ci fa parlare con personaggi a volte improbabili e non sempre benvenuti.
Al termine della rappresentazione, tra gli applausi convinti del pubblico, Antonio Mangiafave ha preso il posto degli attori, ringraziandoli a nome di tutti i presenti, e ha invitato a salire sul palco l’assessore Maria Antonietta Sacco, in rappresentanza dell’amministrazione comunale di Carlopoli, che ha assicurato tutto il sostegno possibile alle manifestazioni che vedranno protagonista l’antica Abbazia e che si susseguiranno durante l’estate e anche oltre.
Più volte, nell’arco di una giornata densa di attività ma ugualmente distensiva, è stata rievocata la “magia” del posto, cosa che potrebbe sembrare un luogo comune, ma solo fino a quando non ci si decide a mettere piede nella valletta che accoglie l’Abbazia e tra le sua mura (fatte di “pietre che ci parlano”), ancora maestose e cariche di una storia che può essere davvero buona maestra.