Nel suo inserto “Buone Notizie”, il «Corriere della Sera» del 7 gennaio (2025) ha dedicato una pagina – quasi – intera al fotografo Antonio Renda con un articolo intitolato Io, restauratore di foto antiche, svelo la Calabria. Un ulteriore riconoscimento che arriva dopo la puntata dal titolo Obiettivo filosofico con lui protagonista, andata in onda sulla rete televisiva calabrese LaC, per la serie “Storie” ideata e curata da Saverio Caracciolo.

Tutta strameritata questa improvvisa ribalta, ora anche a livello nazionale! Anzi, certamente arrivata con troppo ritardo, se si considera che Renda fotografa da circa quarant’anni e non si limita a questo. Infatti è costantemente impegnato in una ricerca iconografica di antiche fotografie impresse su pellicola, stampate su carta fotografica o tipograficamente su vecchie riviste, restaurandole, ingrandendole per le mostre o i libri che cura e rendendole di nuovo fruibili.
Una cosa che sa d’altri tempi – stampare foto – visto che oggi si prediligono gli schermi degli smartphone e dei computer, senza pensare abbastanza a quanto siano effimere le immagini digitali a confronto con quelle stampate che ci vengono tramandate fin dalla prima metà dell’Ottocento, da quando cioè è stata inventata la fotografia, ormai due secoli fa.
Tutto materiale di un inestimabile valore culturale, da un punto di vista storico, antropologico, sociologico, artistico e paesaggistico: oltre centomila immagini di una Calabria e di un Meridione che non ci sono più, che Renda ha salvato e aggiunto alla sua immensa fototeca personale che conta ormai circa un milione di scatti, frutto del suo instancabile itinerare e soprattutto della sua capacità di inquadrare sempre qualcosa di interessante, significativo, inatteso o semplicemente bello, oppure qualcosa che solo lui riesce a vedere e che poi, una volta racchiuso tra i margini dell’inquadratura, diventa magicamente patrimonio di tutti.
L’articolo-intervista, firmato dalla brava Lorenza Cerbini, mette in rilievo la personalità di Renda, che alla passione per la fotografia ha sacrificato perfino la sua laurea in Filosofia, che non ha fatto in tempo a conseguire presso l’Unical a causa di un ultimo esame mai sostenuto, quando era ormai interamente preso dall’organizzare le sue prime mostre fotografiche e a girare la Calabria con lo sguardo attento e la macchina fotografica sempre pronta.

(Antonio Renda è il primo a destra)
La giornalista prende le mosse dall’ultima mostra fotografica curata da Renda in collaborazione con la Cineteca della Calabria e con il suo presidente Eugenio Attanasio. Una mostra su Tony Gaudio, un calabrese che ha fatto fortuna come direttore della fotografia nella Hollywood del grande cinema, partendo da Cosenza dove nacque nel 1883 e arrivando fino all’Oscar vinto nel 1937.
Tanti e pregevoli sono anche i volumi pubblicati come autore o collaboratore, sempre per la Cineteca della Calabria, tra i quali anche uno sullo stesso Tony Gaudio, con case editrici prestigiose come Touring Club e Rubbettino o per la Regione Calabria, a conferma della sua poliedricità, creatività e volontà di lasciare una traccia indelebile: non solo pixel ma carta stampata, che resiste ai secoli e alle mode tecnologiche che hanno il torto di essere troppo spesso superficiali e prive di un vero spessore culturale.
Non è così per Renda che, dalla sua Tiriolo, dal suo piccolo studio in cui si può trovare da un vecchio rullino di pellicola fotografica al più aggiornato software grafico, continua il suo lavoro con la passione del primo giorno… quella stessa che gli ha negato una laurea, ma non gli ha impedito di attingere a piene mani agli insegnamenti di maestri del calibro di Luigi Lombardi Satriani e Vito Teti.
Raffaele Cardamone