Aggirandomi tra la gioiosa e trepida confusione che aleggiava nel piazzale dell’ospedale di Soveria Mannelli ieri sera (13 maggio), mentre una folla sterminata attendeva l’arrivo della statua della Madonna di Fatima, contravvenendo alle norme della buona educazione, ho origliato una conversazione durante la quale una signora rivolgendosi ad alcune amiche diceva: «E ora che c’è il santuario, aspettiamo qualche miracolo». Non ho potuto fare a meno di sorridere di fronte a un’espressione di fede così genuina e ingenua (ma era davvero ingenuità?), ma subito dopo ho pensato che in realtà il miracolo era già accaduto ed era lì davanti agli occhi di tutti. Ce n’erano stati due, per la precisione.
Il primo miracolo è senza dubbio la conclusione dei lavori della chiesa nuova. Avevamo smesso di crederci e, a dirla tutta, ai più sembrava un qualcosa di inutile, superfluo, un luogo per grandi occasioni del quale se ne sarebbe potuto fare tranquillamente a meno e verso il quale, quando non vi era alcuna ostilità, vi era comunque indifferenza. Come avrebbe potuto quel luogo algido e vuoto pensare di concorrere con le vecchie chiese di San Giovanni Battista e di San Michele, così cariche di affetti e di ricordi e dove i volti familiari delle statue dei santi, oggetto di secoli di devozione popolare, ci hanno da sempre accompagnati nella preghiera, nei momenti di gioia e di tristezza?
E, invece, ecco che don Roberto, parroco di Soveria da meno di un anno, con il coraggio e la forza della sua giovane età, ha non solo voluto che questa vicenda si avviasse rapidamente alla conclusione ma ha dato un volto bello e radioso a ciò che appariva privo di identità, decidendo di intitolare la nuova Chiesa alla Madonna di Fatima a conclusione del primo centenario della apparizioni nella Cova de Iria, in Portogallo.
Il 13 maggio è diventata così una deadline imprescindibile. È partita una corsa contro il tempo, vinta con grande successo che ha visto non solo l’apertura e la dedicazione della chiesa ma anche la sua elevazione a santuario diocesano. Il primo della Calabria a essere intitolato alla Vergine di Fatima.
Il Cielo ha fatto il resto, facendo sì che per volere del Vescovo di Fatima-Leiria, il nostro santuario venisse affiliato al santuario di Fatima.
Il secondo dei miracoli ai quali abbiamo potuto assistere ieri è stata la straordinaria partecipazione dell’intera comunità ai lavori necessari per ultimare l’edificio. Le nostre parrocchie, inutile nasconderlo, sono state spesso attraversate da discordie, divisioni, fazioni… nulla di straordinario in realtà. Chiunque abbia esperienza di vita parrocchiale sa che spesso questa è ahimè la norma. Lo stesso San Paolo nelle sue lettere lamenta le divisioni all’interno delle comunità che aveva fondato. Scrivendo ai Galati dice addirittura pressappoco così: «se proprio non riuscite a fare a meno di azzannarvi a vicenda, cercate almeno di non divorarvi del tutto!». In questo caso invece le nostre parrocchie hanno sperimentato un senso di grande unità come forse non era mai accaduto. Chiunque ha potuto ha contribuito in qualche modo: con offerte in danaro, oggetti, con il proprio lavoro… Le principali aziende di Soveria hanno dimostrato la loro consueta generosità e attaccamento alla città: Rubbettino ha offerto gli stampati; Camillo Sirianni tutti gli arredi.
Come ha evidenziato nel corso dell’omelia il vescovo di Lamezia Terme, Mons. Luigi Cantafora, ognuno si è fatto strumento della Provvidenza, non importa quanto o cosa abbia offerto: ognuno in base alla proprie possibilità ha contribuito al disegno di Dio.
La cerimonia di dedicazione della chiesa e dell’altare è stata bella, solenne e toccante. Impossibile riassumere qui la messe di simboli e riti che hanno caratterizzato la funzione così come impossibile è cercare di descrivere l’emozione e i sentimenti che affollavano gli animi dei presenti e che tuttavia si percepivano nell’aria che pareva quasi vibrare.
Quando tra il profumo di incenso che riempiva la chiesa, al termine dei riti di dedicazione, tutte le luci e le candele della chiesa sono state accese per la liturgia eucaristica, nel cuore di tutti è stato chiaro che un nuovo giorno ha avuto inizio per la nostra comunità.
E quando don Roberto Tomaino, citando il Salmo 117, durante il suo discorso di ringraziamento ha esclamato: «Ecco l’opera del Signore, una meraviglia ai nostri occhi», per poi commentare: «Dio sa fare solo meraviglie e oggi una sua meraviglia è qui davanti a noi con tutta la sua bellezza e il suo splendore», tutti i presenti (quasi duemila persone) hanno sicuramente avvertito che quelle parole del parroco davano voce ai loro pensieri.
Grande l’emozione anche per il sindaco della città, il dott. Leonardo Sirianni, il quale aveva partecipato già da sindaco, nel 2004, alla posa della prima pietra dell’edificio e oggi, nel 2018, ha potuto partecipare, di nuovo da sindaco, alla sua inaugurazione. «Che questo luogo possa diventare un rifugio di quiete e riflessione, un luogo di fede e riconciliazione», è stato il suo augurio espresso nel corso del discorso di saluto.
Un luogo che diventi «simbolo di speranza, che è l’unica rivoluzione possibile» come ha commentato il prof. Mario Caligiuri, vicesindaco di Soveria, porgendo il suo saluto ai presenti.
Una speranza davvero quanto mai necessaria in un tempo complesso come quello che stiamo vivendo.
La speranza che il messaggio di pace e di amore di Fatima risuoni forte in questo luogo e da qui si irradi per tutta la nostra amata e disperata Calabria.
di Antonio Cavallaro