Pubblicato da Città del sole edizioni, Ragù di capra è il riedito romanzo di Gianfrancesco Turano. Un’opera basata su aspetti realistici e contemporanei che, in vari punti, balla sul confine tra romanzo e saggio grazie alla cura che l’autore riserva al rapporto tra società, ambiente, economia e politica nella Calabria e nel Sud di oggi.
Il protagonista della intricata vicenda è Stefano Airaghi, giovane faccendiere di origini milanesi che si trova in condizione di latitanza nella Locride. Impulsivo, risoluto, ardito e soprattutto senza scrupoli, Airaghi decide di evitare il baratro del fallimento ingegnando una truffa alla compagnia d’assicurazioni.
Il piano è semplice: affondare il suo yacht nel Mar Ionio, darsi per defunto in seguito all’affondamento e permettere l’incasso del risarcimento al socio Sammy Morabito. Particolare non da poco, il Morabito è il rampollo di una famiglia di ‘ndrangheta calabrese.
La spiaggia era chiarissima, infinita. Subito dietro, le case erano gettate in grumi vicino a una strada che doveva essere la statale 106 Reggio-Taranto. Risalendo, la costa si gonfiava in una collina che impennava per gradi. Un paese vero e proprio non si vedeva. Appena sotto la statale passò un treno con pochi vagoni. Fumava come nei film sul West.
Il protagonista del noir di Gianfrancesco Turano non attenderà l’arrivo del grosso indennizzo in tranquillità, ma, dopo aver rinfrescato la sua identità col nome di Sergio Damiani, comincerà a raccattare giovani locali per creare un clan parallelo a quello dei Morabito.
Ragù di capra è un romanzo da leggere con la medesima passione contenuta nella penna di Turano che, arguto e a tratti cinico, fa riflettere sulle bellezze e le bruttezze della nostra società del Mezzogiorno d’Italia.
La trama
La vicenda del giovane faccendiere milanese Stefano Airaghi, che dopo alcune speculazioni “eccessivamente disinvolte” è costretto a chiedere aiuto, rifugio e anche un po’ di clandestinità a suoi “colleghi faccendieri”, che però operano prevalentemente nel profondo Sud dello stivale, è infatti solo un pretesto per scatenare in forma scritta i sentimenti nutriti e i valori evidentemente riconosciuti dall’autore alla sua terra di origine. Il piano di Airaghi è semplice: truffare la compagnia di assicurazione, fingendo di annegare per l’affondamento del suo yacht nelle acque del mar Jonio e aspettare di riscuotere il consistente premio, nascosto in un defilato paesino della Locride. Il piano è supportato da Sammy Morabito, nipote del capobastone locale, suo socio d’affari a Milano. Ma Airaghi non riesce a gestire la fase di “morte presunta” con la discrezione necessaria, comincia a frequentare un gruppo di giovani sgarristi e addirittura decide di fondare una ‘ndrina tutta sua. L’impresa si rivela ovviamente velleitaria, Airaghi proviene dalla scuola della “Milano da bere” ma le regole ferree della malavita sono tutta un’altra cosa.
Antonio Pagliuso