A Lamezia Terme sono rimaste aperte solo 5 edicole.
Sono poste in angoli di centri storici o in strade di collegamento fra una zona e un’altra, hanno una loro storicità, ed accompagnano come un arredo prezioso l’immagine delle città, a testimoniare il tempo passato e il tempo presente, a coronare i cambiamenti che attraversano emozioni e sentimenti, abitudini quotidiane, ma soprattutto toccano da vicino l’informazione e la cultura: sono le edicole, chioschetti in via d’estinzione, che di decennio in decennio seguono il morire lento della carta stampata. Per loro vige il silenzio delle istituzioni, dei sindacati, del mondo del sociale ma pure di quello culturale che, quando attende l’uscita di un articolo che “parli di sé” subito corre dall’edicola amica per chiedere una fotografia del pezzo o del titolo invece che acquistare la copia del quotidiano e incentivare i lavoratori di un mestiere antico e sacrificato.
Già, perché da qualche anno a questa parte gli edicolanti hanno più volte messo in evidenza il dramma e il fallimento, ormai dietro l’angolo, senza mai trovare aiuto in alcun mondo. Anche Lamezia tocca da vicino il problema, tanto che nelle ultime settimane si era parlato su Gazzetta del Sud del sentimento di inquietudine che intrappola i cuori degli edicolanti e dei lettori, a seguito del quale alcuni consiglieri comunali avevano posto attenzione, con una interrogazione, anche in consiglio comunale. Ma ancora tutto tace. Si discorre di politica, malasanità, economia, arte e cultura, ma nessun cenno per gli edicolanti.
Oggi siamo passati da Corso Numistrano dove abbiamo potuto notare l’edicola storica Cerminara avvolta comunque da amici, lettori, seppur pochi, e studenti che passeggiavano felici dopo una visita a teatro. E c’era pure Giuseppe Cerminara, ultra cinquantenne, cresciuto fra gli strilloni e i primi giornali, proveniente da una famiglia di edicolanti, e che ogni mattina si sveglia ancora prima dell’alba per andare a lavoro. “Le meraviglie”. Questo il motto di Giuseppe non appena lancia un giornale a un professore in pensione, o una rivista, o un pacco di figurine con tanto di bustina a sorpresa per i bambini. Non è stanco, Giuseppe, della bellezza e della curiosità. Da questo indice dovrebbero porsi tante domande, che ci riguardano tutti in senso civico e sociale.
Triste, avvilito, e deluso dalla indifferenza che lo circonda. Ma Cerminara non è l’unico. Anche gli altri edicolanti della città, proprio come lui versano nella stessa situazione. In pratica c’è chi continua a campare solo con il piccolo guadagno derivante dalla vendita di giochi per bambini, e dacchè a Lamezia si distribuiva circa 1000 quotidiani al giorno, adesso se ne contano meno della metà. C’è chi ha già chiuso e chi a breve sarà costretto a chiudere. Il discorso è legato ai cambiamenti della comunicazione. La modernità che vive di tecnologia e digitale super innovativi, viaggiano veloci, e non hanno alcuna remora. Così morirà la carta stampata, laddove ogni notizia viene preceduta da un click sui social e sulle testate online.
Il guadaglio (che non c’è). A preoccupare maggiormente gli edicolanti, infatti, è il poco guadaglio a fine settimana e a fine mese. Sono spesso costretti ad acquistare riviste anticipando i pagamenti, con un ammucchiarsi di spese infinite. Sono arrivati incentivi in periodo covid e di emergenza sanitaria ma non possono dirsi certo sufficienti. L’appello è sul piano del risveglio delle coscienze e dell’interesse istituzionale. Se la comunicazione è cambiata e l’attezione è rivolta ad altro, motivo per cui le edicole andranno a scomparire gradualmente, lo Stato si attivi per fornire più aiuti, maggiori garanzie, incentivi per coloro i quali non hanno alcuna voglia di chiudere le porte o semplicemente non possono perchè la pensione è lontana. I giovani del domani. Cosa ne sapranno del fumetto con cui già a 4 anni i bambini iniziavano a leggere? E dell’approfondimento? Si attivino le scuole a fornire un’oretta di lettura dei quotidiani, con conseguente commento, agli adolescenti del nostro presente sempre più spaesati, si proverebbe a recuperare non solo un po’ di economia ma anche un senso identitario e di appartenenza.