Strumenti musicali di diverso genere e musicisti capaci di suonarli alla grande, lettori più o meno professionisti ma tutti in grado di dare un’anima alle poesie lette, una bella atmosfera che fa finalmente rivivere, stimolandola positivamente, una certa propensione di Soveria Mannelli e dintorni per la cultura “alta” e, in questo caso, per la poesia in vernacolo di grande qualità.
“Cc’era ‘na vóta” è il titolo della kermesse di musica e poesia che, con una formula semplice ma estremamente coinvolgente, ha previsto la lettura di poesie in vernacolo di alcuni autori del Reventino: Moisè Asta, Nandino Leo, Umberto Pascuzzi e Raffaele Proto (per Soveria Mannelli), Michele Pane (per Adami di Decollatura), Vittorio Butera (per Conflenti), Ciccio De Marco (per Pedace) e, un po’ sorprendentemente (vedremo poi perché), Francesco Talarico (per Petronà).
Il tutto si è svolto (sabato 27 febbraio 2016) presso il Centro di Aggregazione Giovanile “Il Centro al Centro”, l’ex mercato coperto ristrutturato di recente, con il patrocinio dell’amministrazione comunale di Soveria Mannelli e a cura di tre associazioni del territorio: “I Commedianti” di Soveria Mannelli, l’Associazione Culturale “AllaBellezza” di Petronà e il Parco Letterario Storico e Paesaggistico di Adami; e con l’adesione del Progetto Gedeone di Carlopoli, dell’Associazione Culturale “Animula” di Lamezia Terme e del Centro Studi dell’UILT Calabria.
Gli interventi musicali sono stati di Mario Leotta (alla viola), Giuseppe Capocasale (alla chitarra), Maria Pia Di Salvo (al pianoforte), Giovanni Folino (alla chitarra), Rosario Folino (alle tastiere e pianoforte), Mario Migliarese (alla chitarra e voce), Raffaele Rizza (ai sassofoni) e Suor Grazia Aurora (alla cetra).
Si è iniziato con alcune poesie di Michele Pane lette in modo coinvolto e coinvolgente da suoi compaesani che ne hanno voluto perpetuare la memoria attraverso il Parco Letterario di Adami.
Poi Francesco Talarico, poeta e istrionico intrattenitore, assieme ai suoi bravissimi musicisti, ha prima di tutto motivato la sua presenza; lui, di Petronà, un comune abbastanza distante da Soveria Mannelli, ha dichiarato di aver scoperto un’identità tra il suo dialetto e quelli dell’area del Reventino. Questi comuni hanno quindi saputo di essere “gemelli” dopo qualche secolo di storia. D’altronde, ha spiegato, “dalle mie parti, quando c’è uno spiffero, si dice: chiude ‘stu Reventino, e questa parola chiave mi sembra inequivocabile per stabilire le origini di Petronà”.
Francesco Talarico ha dapprima lasciato il proscenio ai suoi compagni musicisti e in particolare al cantautore Mario Migliarese che ha cantato una sua canzone, anch’essa in pratica una poesia, e poi ha cominciato a sciorinare il suo repertorio tratto dal libro “Pampòglie” (Leonida Edizioni), con un bel connubio tra musica e poesia creato da un tappeto melodico ben studiato: in pratica una colonna sonora dal sapore cinematografico, con arie musicali che si sono sempre perfettamente sposate con le tematiche trattate dalle poesie.
La sua è una poesia a volte un po’ amara, altre volte giocosa e perfino tragicomica, con veloci raffronti tra presente e passato, che si risolvono quasi sempre con un vago sentimento di rimpianto per quest’ultimo.
Subito dopo, Gino Capolupo, attore e regista/autore teatrale, ha letto alcune poesie di Raffaele Proto e poi di Nandino Leo, coadiuvato in un caso da Carla Marasco. Ha ripreso con Umberto Pascuzzi e Vittorio Butera, la cui “A licerta e lu curzune” mi ha fatto vivere un piccolo deja vù personale, prima di ricordare in effetti di averla studiata a scuola (ringrazio il maestro o il professore che ha avuto quest’idea luminosa, chiunque esso sia…). Ancora, Ciccio De Marco, con un paio di poesie dedicate al suo celebre personaggio Rosalbinu u surdatu.
Ma non si poteva concludere che con Moisè Asta, che “ci ha lasciati da poco e che è stato un grande uomo di cultura che aveva Soveria Mannelli nel cuore”, come ha detto lo stesso Gino Capolupo. In effetti, le due poesie lette sono entrambe dedicate al suo paese: “Staiu tornando” e “Soveria vista du cielu”, “proprio come la vede lui adesso”, ha chiosato Gino Capolupo in un momento di commozione vera e collettiva.
Il sindaco di Soveria Mannelli Giuseppe Pascuzzi, in chiusura, ha voluto ringraziare le associazioni, gli animatori della serata e il pubblico presente, sottolineando come il Centro stia abbastanza rapidamente diventando un punto di riferimento e un centro di cultura per il territorio. Lanciando peraltro una sfida, con l’Officina della Creatività, che sarà presto attivata nei locali sotto Piazza Bonini, dove potrà essere realizzata una “digital library” con una serie potenzialmente infinita di contenuti digitali, per i quali si potrà anche attingere ad esperienze come quelle di questa serata, con il fine ultimo di promuovere il territorio.
All’uscita ho potuto acquistare il libro di Francesco Talarico “Pampòglie”, che in dialetto vuol dire letteralmente foglie secche. L’ho sfogliato, nel tentativo di ritrovare qualcuna delle poesie lette durante la serata, e ci ho trovato dentro, a mo’ di segnalibro, una vera foglia secca: un’idea originale e davvero… poetica.