La passione per la letteratura ed in particolare per i libri lo ha portato da Lamezia Terme a raggiungere Alicudi, la piccola isola delle Eolie per una missione unica, originale ma anche particolare e per certi versi romantica per un tuffo nel passato, ma che hanno un fascino d’altri tempi e forse in molti ha suscitato il desiderio di compiere la stessa esperienza.

Stiamo parlando di Antonio Pagliuso, firma anche de ilReventino.it, che animato dalla passione per la ricerca umanistico-letteraria, ha coltivato l’interesse che lo ha portato a vivere per diverse settimane sull’isola di Alicudi per accudire la biblioteca della scuola, esperienza che ci siamo fatti raccontare con un’intervista che proponiamo su queste pagine del sito www.ilReventino.it
C’è comunque da sapere che il suo percorso è contraddistinto anche da altre e varie esperienze maturate nella città di Lamezia Terme come la pubblicazione della rivista letteraria Glicine e della parallella attività dell’associazione collegata, con alle spalle un corso di editoria e stage alla Giulio Perrone Editore e numerosi anni come redattore di varie testate online, ideatore della rassegna culturale “Suicidi letterari”, si occupa di editoria, editing e comunicazione ed è formatore del “Laboratorio di editoria. Teoria e pratica del mondo dei libri”.
Come è nata questa esperienza letteraria/romantica di bibliotecario della biblioteca “Tra Cielo e Mare” di Alicudi intitolata a Franco Scaglia?
«Esperienza letteraria/romantica: non male come definizione. È nato tutto da un incontro sulle reti sociali, che talvolta riescono nell’impresa di non metterci nei guai ma di offrirci delle opportunità uniche; un incontro tra me e una persona che qualche anno fa ha dato vita a questa bellissima biblioteca all’interno della piccola scuola di Alicudi – facente parte dell’istituto comprensivo Eolie –, la più lontana e la meno abitata delle mitiche isole di Eolo. Questa persona è Mascia Musy, attrice teatrale e moglie di Franco Scaglia, giornalista e scrittore – ha vinto anche un Campiello nel 2002 col romanzo Il custode dell’acqua. Alla morte di Scaglia, Mascia ha deciso di donare tutti i libri appartenuti al marito all’isolotto tanto amato dalla coppia. Un patrimonio librario ricco, circa settemila volumi, che chiaramente vanno catalogati, messi in ordine seguendo criteri ben precisi. Perciò si cercava una persona sicuramente amante dei libri, che avesse competenze in biblioteconomia e, magari, con un animo silvano e buone capacità di adattamento dato lo stato di isolamento in cui si trova Alicudi in inverno. Insomma, Mascia, la biblioteca e la scuola cercavano me.»
Diciamo che la passione per i libri, passione che coltivi da anni, ti accompagna nel tuo percorso di vita. Cosa ti ha colpito di più nel corso di questo progetto svolto sulla piccola isola delle Eolie?
«Non nascondo che all’inizio un po’ di timore c’era, non per il lavoro in se stesso, che sapevo di essere in grado di svolgere, ma per lʼisolamento cui, inevitabilmente, sarei andato incontro – chi viaggia sa che il primo giorno in un luogo nuovo è quello più difficile e caratterizzato da paturnie d’ogni tipo. A spazzare via questi sentimenti confusi ci hanno pensato subito il personale docente, la preside, i ragazzini – quattro – del plesso scolastico, ma anche gli abitanti dell’isola – anzi, dello scoglio, come amano definire il loro coriandolo di terra in mezzo al mare – con la loro accoglienza, i loro sorrisi, la loro curiosità e i loro gesti premurosi fin dal primo giorno. Decisamente sorprendenti.»
Piccola biblioteca, piccola scuola, piccole classi (due studenti alle medie e due bambini alla primaria), per una popolazione residente di sessanta persone, te compreso. Cosa ti porti dietro dei mesi trascorsi ad Alicudi? C’è un ricordo particolare, cosa ti ha colpito nel corso di questa esperienza?
«Ripeto: indimenticabile sarà la premura disinteressata che ho ricevuto da persone sconosciute fino a qualche giorno prima. Vicinanza mai invadente e manifestata con piccoli gesti come un invito a pranzo volto a farmi conoscere altri “fuggiaschi” di soggiorno sullʼisola, il prestito di una moka non appena ho esternato il fatto che mancasse nella cucina del mio alloggio, il dono di un barattolo di marmellata. Un sentimento di solidarietà umana che avevo dimenticato; e io amo stupirmi, per quanto sia un ragazzetto facile all’imbarazzo.»
Come trascorrevi il resto della giornata oltre all’impegno in biblioteca? Hai qualche episodio da raccontare? Ti ricordi una pietanza che hai consumato e che ti è piaciuta di più?
«Alicudi è terra di mare – sono riuscito a fare anche qualche bagnetto nonostante le acque ancora fredde – ma anche di montagna, perciò mi sono concesso alcune mattinate di trekking fino alla cima dell’isolotto, cinquecento, seicento metri sul livello del mare, lì dove sono i segni dei crateri del vulcano spento che ha dato origine allʼisola. Di episodi da raccontare ce ne sarebbero molteplici, ad esempio l’arrivo della nave, una volta ogni due o tre settimane, proveniente da Milazzo coi viveri che non è possibile trovare nell’unica bottega del posto. Si apre l’enorme portellone e in due minuti, sollecitati dalla sirena e dalla voce all’altoparlante del capitano, bisogna scaricare sul molo tutti i pacchi. Davvero una scarica di adrenalina primordiale. Mi chiedi una pietanza: sarebbe troppo facile parlare degli ottimi capperi di Alicudi perciò cito il delizioso liquore ai fichidindia preparato in casa dai gentilissimi signori Paolo e Ginetta, piemontesi di nascita e d’accento, ma con anima arcudara. Ecco, se doveste ritrovarvi un giorno sullo scoglio di Alicudi chiedete di Paolo e Ginetta. Non ve ne pentirete.»
