Caro Compagno e Amico Leonardo, scrivo per aggiungere alcune considerazioni che in Chiesa non ho potuto dire. Sei andato via all’improvviso, mattina di Domenica 2 Luglio, tra le onde del tuo Ionio, in quel di Monasterace. Per un malore irreparabile. mortale Ti ha portato via ai familiari e ai parenti. Ma anche a noi. Agli amici e ai compagni di sempre, e ai conoscenti. Tutti abbiamo avuto un brivido, uno stordimento da commozione nell’apprendere la notizia. Ti sapevamo in vacanza. A trascorrere giornate allietate dalla presenza delle nipotine grandicelle. Con tua moglie e con la maggiore delle due figlie. In attesa di una giornata ancor più festosa che sarebbe stata quella del vicino matrimonio di una cara nipote.
Invece si è diffusa tra la popolazione incredula l’informazione del tragico accaduto.
– Ma non, non è possibile!
– Siete sicuri? L’ho visto l’altro giorno al bar…
– Abbiamo parlato del suo neonato nipotino, di pochi mesi!
– Ci siamo dati appuntamento a Lucca, dove mi ha invitato ad andare a trovarlo!
Intanto sono cominciate ad arrivare telefonate dai nostri compaesani, avvertiti con i cellulari.
– Ho saputo che…ma, …è vero? Madonna, che peccato, ancora tanto giovane!
Si purtroppo è vero. Sono riuscito appena appena a confermare, tra un’esclamazione e un sospiro.
I ricordi, le immagini della sequela delle esperienze comuni, gli episodi di confronto si affollavano trattenendomi emotivamente rattristato e in silenzio,
Leonardo Rotella io l’ho conosciuto quando sposandosi, da Borgia, egli diceva dalla Roccelletta, è venuto a formare famiglia a Carlopoli.
Dove dopo pochi anni siamo divenuti dirimpettai.
Ma è stato come se ci fossimo conosciuti da sempre.
Entrambi siamo stati convinti che, figli di famiglie contadine, eravamo il frutto dei sudori delle fatiche sui campi dei nostri genitori e dei rispettivi congiunti. Aveva tanti fratelli e sorelle. I nostri avevano voluto che studiassimo. Per non fare la loro stessa vita di sacrifici, di incertezze, di tante frustrazioni. Contadini lungimiranti ed energici, ma indifesi contro le “malannate” e i mancati raccolti che mandavano perdute le tante fatiche di zappa, di falce, di tridente …Di anno in anno, tra stenti e lenti progressi nelle anguste condizioni di vita….. Una vita dura che però in Te aveva affinato delle sensibilità particolari. Una modalità garbata di esistere. Ricordo quando per una circostanza occasionale andammo nelle proprietà, sui fondi della Roccelletta… Sotto gli alberi di fichi facemmo sosta per affrancarci dalla calura settembrina …Ad un tratto prendesti un ramo e scegliendo quello già mieloso staccasti il frutto con un gesto delicato, ruotandolo, senza strappo, quasi per non fare male, dandomelo integro con gambetto, non mezzo “sbucciato” come generalmente pure sono venduti…
Noi comprendemmo e realizzammo i loro desideri, le loro aspirazioni e i loro orgogli di faticatori della terra. Studenti emigrati. Tu a Roma. Io a Milano, ospitato in una famiglia di zii, da anni migranti, che ricordo sempre con gratitudine.
Lontani da casa con rari contatti scritti. Con i ritorni e le partenze con la “Freccia del Sud” o la “Conca d’Oro” per Natale e per l’Estate. A Pasqua non sempre. Ne abbiamo parlato qualche giorno prima; Seduti al fresco degli alberi sulla “Panchina rossa” del nostro Corso Bellavista.
Quante nottate di studio per recuperare le giornate durante le quali non avevamo studiato, scegliendo di partecipare ai collettivi e alle manifestazioni del Movimento studentesco e del Movimento operaio.
Ti dicevo: Li vedo ancora adesso i nostri compaesani arrivare in Piazza Duomo nei cortei dell’Alfa, della Pirelli, della Sit Siemens, della CEAT, della Schell, della Citterio, della MTM…Pietro Caligiuri, Salvatore Brutto (Turillu) ….Anni duri, di lotte, di occupazioni, di cariche della Polizia. Ma anche di passioni, di appartenenze politiche e adesioni ideali, di entusiasmi per far cambiare le sorti delle condizioni degli altri e delle nostre…Eravamo con in mano cartelli e striscioni …Nord Sud Uniti nella Lotta…Operai Contadini Uniti per un solo destino…
– Pensa Tu. … Noi abbiamo lottato per una Italia Unita e di Eguali e adesso ci vogliono regionalizzare con l’“Autonomia differenziata” imposta dai malcelati secessionisti della Lega e assecondata dai falsi patrioti dei Fratelli d’ Italia ….vogliono accrescere e istituzionalizzare le già gravi diseguaglianze territoriali e sociali esistenti, riportare l’Italia alle divisioni pre-risorgimentali, con i “regnetti”….
Tu aggiungevi: Scuola Pubblica di Tutti e Per Tutti.
Ed io; Diritto allo Studio. Come vuole la Costituzione.
Quest’ultimo slogan era più direttamente nostro. In quei giorni camminavamo con “La Lettera ad una Professoressa” di Don Milani. A volte in un’altra tasca c’era il “Libretto Rosso” di Mao. Ma non ci siamo lasciati adescare, non ci siamo lasciati affascinare dai metodi di lotta politica violenta. La nostra cultura radicata nella saggezza contadina Ci diceva che le “Rivoluzioni con la violenza” c’erano già state e che per Noi la Rivoluzione giusta era e restava l’attuazione dei Principi costituzionali, con la difesa della Repubblica. Evitando di offrire alibi ai ceti padronali e reazionari, scongiurando le decretazioni dello “Stato di assedio”, di difesa dell’ “ordine pubblico”, con le teorie del doppio estremismo e la repressione, con la cancellazione degli spazi di manifestazione e della libera diffusione dei documenti politici.
Così siamo stati contestatori. E abbiamo allo stesso tempo contestato le azioni pericolose.
Ci siamo riusciti. Conseguite le mete prefissate.
Animati dalle nostre idealità abbiamo intrapreso una delle più belle carriere ala Mondo: l’Insegnamento. Non è che “La Lettera ad una Professoressa” ce la siamo tenuta in tasca prima e riposta poi. La Pedagogia democratica, il messaggio di Don Milani ci hanno guidati. Le nostre più o meno bravure professionali sono state vissute con lo spirito di “includere”, come sociologicamente si dice oggi. Premurosi verso tutti. Severi quando lo abbiamo considerato necessario per sollecitare motivazioni e impegni. Parlandone Ci siamo detti che in fondo abbiamo scelto nel nostro modo di agire da docenti di essere “funzionari attivi” della Repubblica, con la consapevolezza di rendere praticato il comma due dell’art. 3 della Costituzione…
– È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese -.
Tante volte ci siamo trovati a discuterne, convinti che il messaggio di Don Milani, rivoluzionario per la parte in cui richiama la Scuola, (anzi i Professori) a stare attenta a perpetuare metodi classisti, rigidamente selettivi, per obbiettivi di merito scolastico nozionistico e pure antiquato e anacronistico. Per sapersi rivolgere con attenzione agli alunni provenienti da ambienti deprivati. Perché la Scuola non continui a restare nello schema dei destini per nascita, I figli dei Dottori pure Dottori, i figli dei Contadini pure Contadini, i figli dei Falegnami pure Falegnami …lo schema degli odierni Briatori,.. Con la perpetuazione del destino degli ultimi. Sapevamo però che un tale messaggio di Don Milani avrebbe necessitato di un ragionamento più radicale politicamente, per contrastare le scelte del Governanti della Repubblica a non continuare a mantenere un sistema scolastico fortemente ispirato al dualismo gentiliano dell’Istruzione umanistica per la formazione delle classi dirigenti preservata ai figli dei “papà” e quella dell’ Avviamento, quella tecnico-professionale per la formazione di “lavoratori” riservata agli studenti provenienti da strati sociali meno ambienti. La protesta denuncia di Don Milani sarebbe dovuta essere più radicale per ottenere scelte generali di politica economica rivolte all’emersione delle aree delle povertà, prima di tutto.
Sarebbe dovuto essere il Governo a fare scelte di politica economica di riscatto delle popolazioni indigenti. E lottavamo per questo. Intanto Noi, frutto anche della Legge istitutiva della Scuola Media Unica, sapevamo che la Scuola, tramite i Docenti avrebbe potuto e dovuto fare la sua parte. Per questo, senza mai sposare teorizzazioni fantasiose e nocive, assai nocive proprio per i culturalmente più indietro- per i demotivati, quali l’attribuzione del “voto unico”, del “voto politico”, abbiamo tenuto alto il senso progressivo del valore socialmente promozionale dello studio e dell’impegno didattico. Sapevamo che se non andava bene la Scuola classista dell’autoritarismo, per i “Pierini” sarebbe stata altrettanto infausta una Scuola permissiva, non formativa e non educativa.
Perché senza solida formazione non si sarebbero potuti difendere e sarebbero rimasti comunque sempre ultimi. Scartati anche per il degenerato sistema delle raccomandazioni.
Con queste consapevolezze siamo entrati ed usciti dalle Aule. Qualche volta pure avvicendandoci. Riconoscendo agli alunni meriti e demeriti. Spronando sempre tutti. Soprattutto coloro che avevano più bisogno di trovare motivazioni per affrontare le fatiche dello studio. Perché sapevamo che lo studio è importante e pure faticoso. Con il proposito di chi vuole attendere al proprio ufficio con dignità professionale e spirito umanitario., Con gli occhi a cosa succedeva intorno e a dare indicazioni di netto impegno per poter realizzare le proprie aspirazioni di lavoro e di inserimento sociale.
Da Docenti e da Presidi-Dirigenti
Queste consapevolezze frutto di studio impegnativo sono maturate in un contesto di chiari convincimenti politici e ideali che hanno spinto entrambi a partecipare alla vita politico-amministrativa istituzionale delle nostre comunità.
Abbiamo scritto insieme volantini, fatto comizi, affisso manifesti, diffuso l’Unità,.. Ti accompagna una foto di Te con “l’Unità” in braccio…. Abbiamo partecipato a Convegni, testimoniato impegni di lotta sociale, per i diritti civili, contro gli stragisti e le criminalità, onorato compagni uccisi, partecipato a manifestazioni per il Diritto al Lavoro, allo Studio. Ascoltato grandi Dirigenti politici. Partecipato al cordoglio di quello che è stato l’ultimo grande Segretario del PCI, Enrico Berlinguer.
Sempre con gli intenti di essere presenti nei movimenti di lotta per migliorare la Società e aprire orizzonti di riscatto generale entro cui vivere anche le proprie condizioni. Niente carrierismi. Niente ansia di appropriazioni. Nelle ultime parole che Ci siamo scambiate abbiamo condiviso il comune rammarico, le preoccupazioni per il futuro, l’indicazione dei pericoli e delle troppe diseguaglianze. Il Paese non è e non sarà ancora a lungo come avremmo voluto. Non sarà chissà per quanto tempo ancora migliore di quello che abbiamo trovato. Anzi…abbiamo considerato, preoccupati, il crescendo delle vicende di guerra dappertutto. Soprattutto in Ucraina dove giorno dopo giorno aumentano distruzioni e massacri con l’utilizzo di armi sempre più sofisticate e devastanti per i civili, come le “bombe a grappolo”, mentre all’orizzonte si ripete la minaccia di uso di atomiche territoriali. Ci siamo guardati rabbuiati. Sappiamo che nella Storia restare appiattiti al ritornello “C’è un Aggressore e un Aggredito” senza affrontare le cause degli accadimenti non risolve i conflitti. Lasciare inascoltati gli appelli alla Pace del Papa e di tante Associazioni non migliora le tensioni, non scongiura gli scontri armati… Ci siamo lasciati con il turbamento dei nostri convincimenti e delle nostre parole, rinviando la continuazione ad un altro dialogo che non ci sarà più…
Il gruppo dei compagni e degli amici che hanno potuto e dei colleghi con cui insieme abbiamo vissuto esperienze politiche e o professionali, caro Leonardo, è stato presente in Chiesa, scosso per l’accaduto, pronto ad accompagnare la Tua dipartita.
Altri hanno telefonato.
Tutti insieme abbiamo cercato di onorare con la nostra vicinanza ai Tuoi familiari il nostro affetto, con i bei ricordi di Te, della Bella Persona che sei stato e che manterremo viva nei ricordi.
Ai Familiari, ai Parenti tutti, pur venendo a mancare all’improvviso, hai lasciato in eredità non un testamento con cifre,ma un grande patrimonio del quale possono andare orgogliosi: l’intensità degli affetti, la lealtà dei comportamenti, il rispetto degli altri, la pacatezza del confronto, la determinazione coerente degli impegni, la generosità, la signorilità.
In quanto a me, ho perso al contempo un Compagno e un Amico, del quale conserverò tanti comuni significativi momenti di vita professionale e di impegno politico, civico. Ciao Leonardo.
PS: Nel mentre avevo completato il presente scritto, a sette giorni giusti nel Paese è venuto a mancare un altro Collega, il Prof. Pietro Gentile. Un’altra grave improvvisa perdita, anche per la Comunità. Con Lui ho vissuto poche esperienze comuni. So che anch’Egli ha percorso la strada faticosa degli studi per un riscatto sociale al quale i Genitori hanno indirizzato tutti i loro sforzi. E per tutti i quattro figli. Il Papà anche attraverso le dure esperienze dell’emigrazione nei cantieri della cintura milanese, dove l’ho incontrato… vivendo lontananza, privazioni e umiliazioni, come accadeva a centinaia di migliaia di meridionali emigrati degli anni 60. Sofferenze vissute con l’orgoglio di un Padre che sa cosa fare per i figli. Sacrifici che hai saputo mettere orgogliosamente a frutto con apprezzata dedizione professionale, Nel mentre le difficoltà della vita Ti hanno richiesto, da primogenito, la guida della famiglia, dimostrando una esemplare devozione filiale e fraterna, Ciao Pietro.
Angelo Falbo