di Achille Costanzo –
“È venuto in Uganda quand’era giovane. Ha imparato la nostra lingua, ha mangiato il nostro cibo. Ha pianto con noi, ha riso con noi. Ha aiutato tantissima gente ed è riuscito a educare e istruire tantissimi ugandesi”.
Poche parole che racchiudono lo spessore di un uomo che ha speso la sua vita nel costante aiuto del prossimo. Parole che è come se acquisissero ancor più rilevanza se si pensa che a pronunciarle sia stata l’ambasciatrice ugandese in Italia, una delle prime fedeli del missionario comboniano Padre Paolino Tomaino, presente e fortemente emozionata il giorno delle esequie nella chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo, terra natìa del sacerdote.
Perché, quando si dice che anche solo una mano tesa verso l’altro non può che far bene non si tratta di una frase fatta; o come quando si afferma che un cambiamento collettivo nasce dal singolo, non si tratta di uno stereotipo.
La figlia spirituale di padre Paolino Tomaino è l’attuale ambasciatrice dell’Uganda, allo stesso modo un’altra figlia spirituale del missionario, presente anch’essa il giorno dell’estremo saluto, fa parte della squadra dei ministri del governo ugandese. Ciò non sarebbe mai stato possibile se quelle terre, nella seconda metà del Novecento, non fossero state illuminate dalla presenza di padre Paolino e dalla trascinante forza della sua Missione.
Missione che aveva e avrà sempre un nucleo principale: voler fare del bene. Cosa vuol dire “fare del bene”? Seguire il comandamento più bello di Gesù: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Una volta entrato a far parte dei missionari, don Paolino Tomaino ha trovato la massima realizzazione di ciò nel lavoro tra i più poveri e abbandonati; e quando, nel 1962, si trova in un paese indipendente da soli 3 anni, dove sanità e istruzione sono privilegi di pochi, è proprio da qui che inizia a materializzare tutto il suo amore: attraverso la costruzione di scuole e ospedali, sotto la stella dell’evangelizzazione e della promozione umana.
Ed è proprio per questo che le parole dell’ambasciatrice è come se acquisissero più valore: non perché a pronunciarle sia stata una figura politica, bensì perché la costruzione degli istituti di istruzione ha garantito a tantissimi ragazzi e ragazze di formarsi ed eccellere negli studi. Come le scuole hanno permesso un importante livello di istruzione, così la costruzione di strutture sanitarie ha permesso cure ospedaliere a chi non poteva permettersene.
A volte ci chiediamo cosa avesse davvero senso nel corso dell’esistenza. Aiutare gli altri, spendersi per dare a chi non ha, essere felici nei sorrisi altrui, in questo c’è tanto del senso della vita; senza sentirsi mai appagati di ciò e consapevoli che in alcuni luoghi non è mai abbastanza. È per questo che padre Paolino ha avuto al suo fianco, anche se a infiniti chilometri di distanza, numerosissimi amici che hanno fatto in modo che fosse meno solo nel corso della sua “battaglia d’umanità”.
In questo la Diocesi di Lamezia Terme e la città di Lamezia Terme tutta ha giocato un ruolo di collaborazione missionaria importantissimo: numerosissimi i Gruppi Missionari nati dall’eco di padre Paolino nelle nostre terre. Diverse le opere in cui la Diocesi e politica lametina hanno aiutato nella realizzazione: il “Lamezia Hospital” e il “Comboni Hospital”, strutture attive nella zona sud ugandese, ne sono esempio vivo.
In un’epoca segnata da diversi conflitti che stanno ridisegnando i destini di occidente e oriente sapere che una figura di una così carismatica generosità abbia varcato la soglia della casa del Signore fa sentire inevitabilmente un senso di preoccupante solitudine, nel suo esempio però la speranza di un mondo nuovo: un mondo a misura di fratellanza.