Vorrei cominciare raccontando – sintetizzandola – una piccola storia edificante dello scrittore statunitense, ma di origine armena, William Saroyan.
<< C’era una volta il figlio del re dei persiani che si era innamorato della figlia di un pastore. Il giovane andò dal padre e gli chiese di poterla sposare. All’inizio il re era titubante, ma poi, quando capì che suo figlio era veramente innamorato, gli diede il suo consenso. Allora mandò un messaggero dalla ragazza con il compito di annunciarle che il figlio del re la voleva per moglie. La ragazza inaspettatamente chiese che mestiere faceva il figlio del re. Il messaggero rispose che non faceva nessun mestiere: era il figlio del re e basta. Ma la ragazza disse che lo avrebbe sposato solo se avesse imparato un mestiere. Avuta la risposta, il figlio del re decise di imparare a intrecciare tappeti e, dopo qualche giorno, diventò abbastanza bravo da poterne mandare alcuni fatti da lui alla ragazza, che così divenne sua moglie. >>
Insomma, la figlia del pastore pretendeva che il suo futuro marito avesse un mestiere vero. Non le bastava che fosse “semplicemente” figlio del re, una condizione certo privilegiata, ma che può anche andare perduta nello spazio di un mattino – o di una rivoluzione – come ci ha insegnato la Storia.
E intrecciare tappeti era, per un paese orientale, come alle nostre latitudini fare il falegname, il fabbro o lo scalpellino.
Ma vorrei aggiungere che i tappeti intrecciati dal figlio del re sono descritti come “a disegni ornamentali e a colori”, quindi non si trattava di tappeti qualsiasi, ma di prodotti a loro modo artistici.
Proprio ciò che erano capaci di fare i nostri artigiani, prima che tanti mestieri andassero perduti. E infatti, nella nostra cultura, i concetti di artigianato e di arte sono spesso, e forse giustamente, intrecciati – proprio come i tappeti del figlio del re – e quasi confusi tra loro.
E non è infrequente rintracciare in alcune opere artigianali una vena artistica che ci sorprende e ci fa capire come quei lavoratori d’altri tempi fossero capaci di dare un valore aggiunto alle loro opere, che derivava direttamente dalla loro sensibilità, dalla loro storia personale, dal loro estro, insomma dalla loro arte.
Quindi, nella foto di Antonio Renda, che ci mostra un manufatto “povero”, realizzato con i materiali del luogo, come ci rivela lo stesso autore:
<< …C’è una storia di arte perduta, di pietre del Reventino, di venature come strade che non percorriamo più. No! Non nostalgia, ma assenza di identità, perdita delle maestranze, non più artisti né artigiani. >>
Certo, ora abbiamo le stampanti 3D capaci di materializzare qualunque oggetto si sia in grado di progettare. E tutto questo va più che bene e nessuno ha la pretesa di arrestare il progresso. Ma riprendiamoci anche la possibilità di dare un’anima agli oggetti, facendoli con le nostre mani, assecondando i nostri processi mentali, compiendo un atto veramente creativo che stia magari proprio a metà tra l’artigianato e l’arte.
Raffaele Cardamone
In basso, La foto realizzata da Antonio Renda e, a seguire, la sua Biografia…
Foto di Antonio Renda (Fototeca della Calabria)
Biografia di Antonio Renda
Antonio Renda è un fotografo e un documentarista. E’ nato a Catanzaro nel 1964. Ha compiuto studi universitari di filosofia e antropologia. Professionista dal 1991. Specializzato in fotografia di architettura, arte e turismo. Il suo archivio conta oltre 100.000 immagini sulla Calabria.
Ha collaborato alla realizzazione di numerosi prodotti editoriali con le maggiori case editrici calabresi: Rubbettino, Abramo, Iiriti, e nazionali come Silvana Editoriale, Electa-Mondadori e ha pubblicato sulle riviste: Oasis, Bell’Italia, A tavola, Terre del vino, Qui Touring, Abitare, Informatore Agrario; ha inoltre curato la fotografia per le Riviste: Calabria Rurale, Calabria è, Catanzaro Arberia.
Collabora da molti anni con le maggiori istituzioni calabresi e con case editrici, e autori vari. Per l’Assessorato alla Cultura e al Turismo della Provincia di Catanzaro ha curato i cataloghi per le edizioni della mostra di arte contemporanea “Intersezioni” (ed. Electa) e per la mostre realizzate al Museo MARCA di Catanzaro fin dalla sua fondazione.
Ha inoltre realizzato le immagini per le due edizioni del catalogo del “Museo Storico Militare” di Catanzaro (ed. Rubbettino), i calendari e i cataloghi del “Parco della Biodiversità” di Catanzaro.
Per la mostra “Intersezioni” e il Museo MARCA ha realizzato inoltre i video sugli artisti e le relative mostre.
È responsabile della “Fototeca della Calabria”, associazione che si occupa della divulgazione della cultura e dell’immagine della Calabria, con una particolare attenzione agli scrittori ed artisti calabresi.
Ha inoltre realizzato, negli ultimi anni, numerosi cortometraggi su vari aspetti della cultura calabrese: il mediometraggio “Nella terra di Melusina”, ispirato ad un racconto di Corrado Alvaro, e i cortometraggi “I carbonai di Serra San Bruno”, “Bovari”, “L’ultimo Mugnaio”, “I Palmenti Di Ferruzzano”.
Un’opera fondamentale della sua produzione è il volume fotografico: “Differenze di Vedute – Il paesaggio nella provincia di Catanzaro” (ed. Rubbettino).